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 2006  marzo 15 Mercoledì calendario

Quando lesse i resoconti di Everhard Im Thurn e Harry Perkins, i primi botanici a mettere piede sulla cima del misterioso monte Roraima, dove scoprirono piante e animali unici al mondo, Sir Arthur Conan Doyle si inventò il romanzo Il mondo perduto (1912)

Quando lesse i resoconti di Everhard Im Thurn e Harry Perkins, i primi botanici a mettere piede sulla cima del misterioso monte Roraima, dove scoprirono piante e animali unici al mondo, Sir Arthur Conan Doyle si inventò il romanzo Il mondo perduto (1912). Immaginò che su quell’inespugnabile altopiano vivessero dinosauri antidiluviani e due tribù di ominidi pre Homo sapiens. A distanza di un secolo, i tepui del Venezuela non hanno perso un grammo del loro fascino ancestrale: conservano paesaggi da vertigine e si sono rivelati un preziosissimo laboratorio naturale per gli scienziati. Niente pterodattili, in realtà, ma la ricchezza di specie, frutto di un’evoluzione separata dal mondo per milioni di anni, è stupefacente. La porta del mondo perduto. I tepui (parola che nella lingua degli indigeni locali, i Pemón, significa ”montagna”) sono circa un centinaio, metà dei quali ancora inesplorati: le impressionanti pareti verticali, che sembrano tagliate da una lama nella pietra, li rendono quasi inaccessibili. Si trovano all’interno del Parco Nazionale di Canaima, nel sud est del Venezuela, tre milioni di ettari di savane, corsi d’acqua, foreste e colossi in arenaria e quarzo: i tepui, appunto. Le rare tracce dell’uomo si limitano ai minuscoli villaggi Pemón, a un paio di sconnesse piste d’atterraggio e a pochissimo altro. La porta d’accesso privilegiata è la laguna di Canaima, raggiungibile soltanto su aerei bielica che volano da Caracas, da Puerto Ordaz o da Ciudad Bolívar. Il panorama della laguna mozza il fiato: nel lago si gettano ampie cascate che disegnano una scenografia da sogno. L’acqua ha una peculiare tonalità rossa, dovuta ai tannini disciolti: sembra di nuotare nel tè, e la spiaggia rosa pallido crea l’illusione fortissima di trovarsi di fronte a una baia tropicale. Sulla linea dell’orizzonte si innalzano le sagome del Kurúm-Tepui, del Venado Plateau e del Kuravaina-Tepui. Canaima è attrezzata anche per accogliere un turismo esclusivo, grazie a eleganti e discrete strutture come Hoturvensa e Waku Lodge, adagiate direttamente sulla riva. Dalla laguna parte l’avventura: si risale prima il fiume Carrao e poi il Churún sulle barche degli indigeni, fino a raggiungere la base dell’Auyán-Tepui nel punto in cui atterra il Salto Angel, la cascata più alta del mondo, quasi un chilometro di salto nel vuoto. L’origine dei tepui, monti del mito L’Auyán-Tepui (2.500 metri d’altezza) svetta come una ciclopica roccaforte, spesso avvolta dalle nuvole. il tepui più vasto di tutto il parco (700 chilometri quadrati) e il più celebre assieme al Roraima (2.800 metri, il più alto), nel settore orientale del parco. I tepui, che s’appoggiano sul granito dello Scudo della Guayana, sono tra le formazioni geologiche più antiche del mondo: le loro rocce hanno tra i 1.500 e i 2.100 milioni di anni. Quando poi, 180 milioni di anni fa, il supercontinente Gondwana si fratturò, dividendosi nel Sud America e nell’Africa, le forze della terra scolpirono questi monumenti di pietra. L’erosione fece il resto. Ma non è solo la morfologia dei tepui a spiegarne l’isolamento. Per i Pemón sono luoghi sacri e immutabili, residenza di dei e spiriti malvagi, i mawariton. L’Auyán-Tepui, ad esempio, è ”la montagna dell’inferno”, abitata da Tramén-Chité, suprema entità del male. Ecco perché per secoli, fino all’arrivo di esploratori e scienziati (e poi di turisti disposti a giorni e giorni di trekking), nessuno ha osato mettervi piede. Come le Galapagos L’isolamento assoluto e l’ambiente ostile hanno posto le condizioni per un ecosistema dalle caratteristiche particolarissime. Sui tepui l’evoluzione ha fatto una corsa propria rispetto al resto del mondo, generando una grande quantità di specie, soprattutto vegetali, che non si sono mai diffuse oltre i precipizi degli altipiani: ben il 33% della flora (a sua volta composta solo da specie native) è endemico. Il più variegato patrimonio botanico cresce sulla superficie marziana del Roraima, un paesaggio di cristalli di quarzo che affiorano a mazzi, pinnacoli di pietra e rocce dalle forme bizzarre. Oltre alle orchidee e alle basse foreste attorno ai corsi d’acqua, si contano l’Orectanthe sceptrum simile all’ananas, la Maguierethamnus rubiacae, la rosa del Roraima, la Bonetia roraimae... Un trucco vincente per adattarsi al terreno acido e poco nutriente è la dieta mista delle piante carnivore, che qui abbondano: l’Heliamphora nutans, l’Utricularia quelchii e la humboldti, la Drosera roraimae, varie Stegolepis e le uniche due bromelie del pianeta che si nutrono di insetti. Un solo mammifero può vantare il titolo di endemico: il piccolo roditore Podoxymys roraimae, mentre le specie di uccelli censite ammontano a oltre quaranta. Ma l’animale più curioso è la Oreophrynella quelchii, una rana nera grande come un’unghia che si mimetizza nelle rocce, incapace di saltare e di nuotare. più antica dei dinosauri fantasticati da Doyle.