Vittorio Zucconi la Repubblica, 26/04/2002, 26 aprile 2002
Simba e i Perry Mason delle banane, la Repubblica, venerdì 26 aprile 2002 Washington. Il querelante ha gli occhi tristi e una gran voglia di banane, mentre ascolta l’avvocato nella sua gabbia appeso per i piedi, intendo dire il querelante, non l’avvocato
Simba e i Perry Mason delle banane, la Repubblica, venerdì 26 aprile 2002 Washington. Il querelante ha gli occhi tristi e una gran voglia di banane, mentre ascolta l’avvocato nella sua gabbia appeso per i piedi, intendo dire il querelante, non l’avvocato. Nessun giudice nella storia della giurisprudenza ha mai avuto davanti un caso simile, nessun cancelliere hai mai dovuto provvedere a una scorta di banane in aula e a un cd di Pavarotti che canta ”O Sole Mio” a tutta gola, le uniche due cose che riescano a calmare i nervi del querelante. Ma questa, nell’aula del tribunale di Phoenix, è il nuovo mondo della giustizia ”inter specie”, è il primo caso di uno scimpanzè che fa causa allo Stato per non diventare cavia da laboratorio. Perry Mason sul pianeta delle scimmie. Forse a Simba, lo scimpanzè querelante, non è chiarissimo il principio legale e costituzionale sul quale gli avvocati della ”Chimpanze Collaboratory”, la network dei difensori dei diritti dei nostri irsuti cugini, hanno fondato il caso del vecchio scimmiottino destinato alle siringhe e ai bisturi dei laboratori di ricerca. Simba è soltanto uno dei 1.500 scimpanzè che vivono negli Stati Uniti l’esistenza precaria dell’animale da circo in attesa di quella, assai più sgradevole, della cavia sforacchiata per sperimentare farmaci, vaccini e protocolli. Da giovane, aveva fatto una comparsata in tv, nel ”Donny and Marie Osmond Show” e poi era stato addestrato come ”scimmia su ghiaccio” e lo facevano esibire, con braghine di lamè e bolerino da zorro, accanto alle pattinatrici di ”Holiday on Ice”. Una star, il nostro Simba, fino a quando divenne geloso delle femmine, non della sua ma della nostra specie e cominciò a mordere le gambotte delle pattinatrici. Simba fu licenziato in tronco e parcheggiato nel ”Pianeta delle scimmie” a Phoenix, l’ultima stazione dei primati da scarto, finanziata da Rob Glaser, miliardario di Internet con la sua society Real Network. In quel campo per profughi pelosi, altre stelle cadute, o scimmie che non hanno il talento, il sex appeal o le raccomandazioni necessarie per sfondare nello show business, stanno, aspettando che una multinazionale farmaceutica li mandi a prendere. E quando venne il turno di Simba, che a 31 anni di età (molti per uno scimpanzè) si considerava un vegliardo ormai fuori pericolo, i Perry Mason delle banane sono entrati in azione. «Non è soltanto perché gli scimpanzè sono la specie animale geneticamente più vicina a noi umani e il loro Dna è identico al nostro per il 98,7 per cento - spiega il teorico della inedita giurisprudenza animalista, il professor Laurence Tribe di Harvard - è perché la legge che punisce la crudeltà contro gli animali è soltanto un pezzo di carta, se non interveniamo noi umani a farla rispettare». La legge in effetti esiste e fu approvata dal Congresso degli Stati Uniti specificatamente per proteggere i ”chimp”, come li chiamano qui, gli scimpanzè dopo l’atroce e pubblica agonia di un collega di Simba, la scimma Jerom, che morì lentamente consumato dai virus Hiv. La legge, battezzata ”Chimpanzee Health Improvement and Maintenace Protection”, titolo faticoso ma studiato perché le iniziali facessero, appunto ”Chimp”, proibisce ogni atto che «deliberatamente infligga sofferenze e mutilazioni» alle scimmie, ma in quell’avverbio «deliberatamente» sta l’ambiguità nella quale si muovono domatori, addestratori di Hollywood, saltimbanchi con pianola e scimpanzè e, soprattutto, ricercatori. «Noi non vogliamo uccidere scimmie, vogliamo curare uomini e dunque anche primati» si difendono alla lobby delle case farmaceutiche che lotta contro i Perry Mason delle banane. Se poi pompare cariche di virus Hiv nelle vene di Jerom o di Simba li ammazza, l’esito fatale non era «deliberato». Ambiguità, nell’America che detiene il record mondiale di querele di parte per abitante, significa contenzioso legale, e contenzioso significa avvocati. Ecco allora le aquile legali delle facoltà americane volare sulla nuova preda. Da Harvard, il costituzionalista Tribe osserva che «nulla vieta di estendere agli animali non umani - la formula è sua - la protezione di legge accordata agli animali umani», cosa che provocherebbe qualche serio problema ai macellai, ai salumieri e ai ristoranti non vegetariani. Sempre dalle cattedre di Harvard, un altro professore, Steven Wise, fa notare che la scienza riconosce ai ”chimp” l’intelligenza, le capacità affettive e di relazioni sociali tipiche di un bambino di 4 anni e nessuno si sognerebbe di negare a un cucciolo di uomo la protezione della legge. E dall’altrettanto autorevole Law School di Chicago, un altro costituzionalista, Cass Sunstein, avverte che la legge è terribilmente arretrata rispetto alla sensibilità collettiva per i diritti degli animali, come dimostrano i sondaggi, tutti dalla parte delle scimmie. E Simba, che essendo una scimmia moderna deve avere letto anche lui i sondaggi, fa causa, dalla sua gabbia in Arizona dove passa le giornate a dondolarsi a testa in giù secondo il ritmo di valzer che gli fu trapanato in testa dagli addestratori di ”Holiday on Ice”, calmandosi soltanto quando Jo Fritz, ”la mamma” degli scimpanzé, la donna che cura il campo profughi per primati, gli porta la cesta con lattuga, spinaci, melone e banane, e fa partire il cd di Pavarotti. «Mi commuove sapere che il mio vecchietto, Simba, uno che qui non aveva altri amici che una scimmia cieca dalla nascita, Jayme, adesso ha addirittura avvocati famosi che peroreranno la sua causa in tribunale. Ormai questi animali sono la mia famiglia e nessuno vorrebbe vedere il proprio figlio diventare una cavia». Per tenerlo allegro, Jo Fritz fece venire nel campo profughi anche un’orchestra vera, 24 elementi con archi e fiati della Filarmonica di Phoenix, ma Simba preferisce Pavarotti in cd. Quando Luciano spara il suo «...fronte a teeee», lui si addormenta, sognando forse le cosciotte delle pattinatrici che gli facevano tanta gola (abbiamo lo stesso Dna al 99 per cento, ricordate?) e un mondo nel quale i grandi avvocati di Harvard si mobilitino per difendere, gratis, animali umani e non umani, pelosi e glabri, bianchi, bruni e neri, strapazzati dalla giustizia delle scimmie ricche e potenti. Vittorio Zucconi