Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  marzo 15 Mercoledì calendario

Proprio la scoperta e la catalogazione dei corpi celesti minacciosi è il primo passo verso una strategia di difesa

Proprio la scoperta e la catalogazione dei corpi celesti minacciosi è il primo passo verso una strategia di difesa. «Ma non basta solo scoprirli», spiega l’astrofisico, «bisogna anche osservarli a lungo in modo da calcolare le loro orbite e stabilire se costituiscano un pericolo per il futuro. Sono operazioni che richiederanno telescopi molto grandi e computer 10 volte più potenti di quelli dei nostri giorni. Diciamo che, allo stato attuale, l’operazione appare molto difficile». L’Italia ha un posto di primo piano nelle iniziative di scoperta, con il sistema di calcolo NEODyS dell’Università di Pisa creato da Andrea Milani. Un sistema informativo completo su tutti gli oggetti potenzialmente pericolosi. uno degli unici due sistemi del genere esistenti (l’altro è del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena). Ma, come sempre per la ricerca scientifica, i sostegni economici sono insufficienti. Eppure il pericolo è concreto. «Indubbiamente», dice ancora Carusi, «si sta sottovalutando il rischio. In rapporto ad altre possibili catastrofi, peraltro, il monitoraggio dei Neo non rappresenta una spesa enorme. Il fatto è che, a memoria d’uomo, non si è mai verificato un evento del genere. Tunguska fu un impatto minore, e comunque nessuno è stato ucciso. Così è molto difficile far capire, soprattutto a livello politico, la necessità di agire». La caccia deve quindi continuare. Anche perché un asteroide pericoloso deve essere scoperto con largo anticipo perché si possa tentare di fare qualcosa. «Con un preavviso di due o tre mesi», afferma il presidente della Spaceguard Foundation, «si potrebbe fare ben poco. L’ideale è avere almeno 20 o 30 anni di tempo. Ricordiamoci una cosa: se non li troviamo, non li possiamo neanche deviare». E che cosa si farebbe per deviarli? Le opzioni sul tappeto sono molte, e le discussioni tra gli scienziati vanno avanti da anni. L’ipotesi ”alla dottor Stranamore”, l’uso di bombe nucleari, è ormai sempre meno credibile. Anche se si riuscisse a frammentare l’asteroide, i suoi pezzi potrebbero comunque cadere sulla Terra, causando anche una pioggia di radioattività. Quindi molti si sono spostati su tecniche più ”dolci”. Una di queste prevede semplicemente di giocare a biliardo: dare una ”botta” all’asteroide quando si trova nel punto più favorevole dell’orbita. Se si interviene con largo anticipo, anche una piccolissima deviazione iniziale si trasformerà con gli anni in uno spostamento di centinaia di migliaia di chilometri, sufficiente a far evitare il nostro pianeta. Una missione sperimentale di questa tecnica è allo studio da parte dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa): la ”Don Chisciotte”, ideata da Andrea Milani, che scelse anche il nome. La Deimos Space, un’azienda spaziale spagnola, forse anche per via del nome, l’ha studiata in dettaglio. Sarebbe composta da due sonde, ”Hidalgo” e ”Sancho”. La prima sarà particolarmente pesante e, proprio come Don Chisciotte contro i mulini a vento, si andrà a schiantare ad altissima velocità contro l’asteroide. La seconda rimarrà prudentemente indietro a misurare la deviazione. Ovviamente il corpo celeste scelto per l’esperimento sarà uno di quelli che non costituiscono minacce per la Terra, anche in seguito alla deviazione. Ma c’è spazio per tecniche molto più sofisticate, a livello di fantascienza, per ora. Ad esempio piazzare sull’asteroide un motore capace di spingerlo pian piano fino a modificarne la traiettoria. O, ancora più fantasiosa, dipingerlo di bianco. La luce del Sole, infatti, esercita una spinta, anche se infinitesimale. Un asteroide chiaro, riflettendone di più, riceverebbe una spinta maggiore, anche se ci vorrà un tempo lunghissimo perché il cambio di rotta diventi significativo.