Claudio Castellani D-la Repubblica, 26/03/2002, 26 marzo 2002
La Barilla filma e studia le casalinghe mentre preparano la pasta, D-la Repubblica, 26 marzo 2002 Il nome, in gergo, è protocol analysis, ma non aiuta a capire
La Barilla filma e studia le casalinghe mentre preparano la pasta, D-la Repubblica, 26 marzo 2002 Il nome, in gergo, è protocol analysis, ma non aiuta a capire. Per uno slogan che riassuma efficacemente le cose, il «Veni, vidi, vici» di Giulio Cesare funzionerebbe meglio. Il punto comunque è questo: il mondo pullula di tecnici e di agenzie specializzate, per le quali è terribilmente importante vedere come noi consumatori contemporanei ci muoviamo all’interno della giungla delle merci. E analizzare, in modo millimetrico, i gesti che compiamo gironzolando per un supermercato, o mentre apriamo una scatola di pelati. Che qualcuno abbia interesse a imbottire gli scaffali di un punto vendita con i microchip, fotocellule e telecamere può essere facilmente comprensibile. I responsabili marketing potranno disporre di dati che li informeranno sulle confezioni da cui siamo più attratti, sui colori che ci seducono più facilmente o sul tempo che impieghiamo a superare la diffidenza nei confronti di un prodotto appena lanciato sul mercato. Ma che importanza può avere piazzare una telecamera di fronte a una casalinga che prepara un sugo al pomodoro? Osservare che tipo di padella usa, o quanto tempo ci impiega? Se versa prima la cipolla e poi l’olio o viceversa? Può essere - come dire? - un fatto di democrazia? Lamberto Prati, che si occupa delle relazioni esterne della Barilla, usa un’altra espressione: «Significa portare il consumatore dentro il meccanismo che fa nascere o migliorare i prodotti creati da un’industria». Così, nel 1996, l’azienda alimentare di Parma ha comperato a Pedrignano, vicino alla sede centrale, una grande casa di campagna, che si chiama Villa Rosa. E a Villa Rosa ha creato sette cucine. Cucine normali, proprio come quella in cui l’italiano medio prepara il suo sugo al pomodoro. Con lo stesso tipo di pentole e di attrezzi. Poi ha stretto accordi con un gran numero di associazioni, in genere di volontariato, comunque legate all’universo del no profit. I membri delle associazioni (circa 20 mila ogni anno) vengono invitati a Villa Rosa a cucinare la pastasciutta e l’arrosto sotto gli occhi di attenti osservatori e di numerose telecamere. Quello che conta è poter documentare ogni singolo gesto, ogni singola scansione temporale, ogni singolo attrezzo impiegato. Scusi, ma poi l’azienda che cosa ricava da una indagine così minuta? Prati spiega, con molta pazienza. Avete presente le lasagne? Be’, stavano uscendo dal mercato. Un po’ perché la gente si era fatta venire la strana idea che la pasta all’uovo è un alimento vecchio, «poco legato alla modernità». Ma soprattutto perché le lasagne portano via un sacco di tempo. Prima bisogna farle bollire, poi scolarle, poi condirle e, infine, metterle in forno. Troppo tempo, per i tempi moderni. Soluzione: inventare lasagne che si mettono direttamente in forno. E si è anche scoperto che, da qualche anno a questa parte, gli spaghetti piacciono di più se il colore vira più sul giallo paglierino che sul bianco. Accanto a Villa Rosa c’è un Laboratorio di valutazione sensoriale. Qui la gente osserva e apre le confezioni. Scartoccia, assaggia e dichiara. Che un biscotto è troppo secco, un cracker ha un sapore troppo banale o sul pacco della pasta non è riportato il tempo di cottura. «Tutti questi elementi», spiega ancora Prati, «diventano fatti oggettivi, un know how che possono utilizzare tutti i manager e tutti i tecnici dell’azienda. Ed è proprio l’elemento che le consente di restare sempre a contatto con una società che evolve». «Questo tipo di indagine è nata e si è sviluppata nel mondo anglosassone, ma adesso sta prendendo piede anche da noi», conferma Sandro Castaldo, che insegna Marketing alla Sda (Scuola di direzione aziendale) dell’Università Bocconi di Milano, e che al tema ha dedicato un libro Retailing & innovazione (Egea). Ne è una prova il fatto che la multinazionale Procter & Gamble ha fatto partire, l’anno scorso, un progetto che si chiama ”Everyday Lives” (Vite quotidiane), e che ha come obiettivo proprio filmare casalinghe al lavoro in centinaia di Paesi di ogni continente. Non è tutto: presso la sede di Cincinnati, l’azienda ha creato, oltre a supermercati, anche case. Hanno circa sei stanze, sono arredate come un appartamento medio americano e attrezzate con tutte le tecnologie futuribili, ma già disponibili: lavatrici e frigoriferi intelligenti; pannelli elettronici centralizzati che consentono, stando in cucina, di attivare lo stereo o la televisione satellitare in soggiorno; computer in ogni stanza, è ovvio, alcuni dei quali collegati a strumenti scientifici, tra cui un microscopio. Ma che cosa se ne fa, un americano medio, di un microscopio collegato a un computer? Per esempio mette sotto le lenti un capello, e ne invia l’immagine, tramite Internet, alla multinazionale dello shampoo. Che in questo modo gli può indicare qual è il prodotto più adatto a lui. [...] Ancora il docente della Bocconi ci racconta di un’altra indagine, stavolta condotta in Italia, dalla Omnitel. Oggetto: il rapporto degli adolescenti con il cellulare. Alcuni osservatori hanno trascorso intere giornate in compagnia di un solo teenager oppure di un gruppo, nei luoghi di aggregazione. I risultati sono stati per certi versi sorprendenti. Si è scoperto che i ragazzi hanno un rapporto affettivo molto profondo con il loro telefonino: se lo portano anche in bagno o lo tengono sotto il cuscino, mentre dormono. Sperimentano la peggiore disperazione quando restano ”sconnessi”, anche solo per pochi minuti. Per questo motivo, molti di loro evitano di usare la metropolitana o di frequentare negozi e ristoranti che non hanno copertura. Quando vi sono costretti (può essere il caso di una discoteca), protestano vivacemente con la direzione affinché risolva il problema. L’azienda ne ha preso atto, e ha cominciato ad aprire in tutta Italia, in città grandi e piccole, locali (bar, discoteche e così via), dove la copertura è assicurata. L’indagine ha consentito di fare altre due scoperte sorprendenti. La prima: il cellulare, in mano ai giovanissimi, sta trasformando l’approccio nei confronti della vita e del consumo. Fino a una decina di anni fa, per esempio, un ragazzo frequentava uno o due locali. Adesso, i luoghi d’incontro sono aumentati a quota sei o sette. Questo perché il cellulare consente di chiamarsi e di rincorrersi. «Dove sei? D’accordo, rimani lì che ti raggiungo». La seconda scoperta, invece, non ha messo di buon umore i manager della società telefonica. è stato infatti rilevato quanto, tra gli adolescenti, stia dilagando la moda di comunicare a squilli. Cinque vogliono dire: «Ti amo». Uno: «Sto arrivando». Tre: «Sto pensando a te». Le suonerie, che consentono di moltiplicare all’infinito melodie e tonalità, aiutano i ragazzi a elaborare un dizionario sempre più ampio e complesso. A scontentare i manager è stata quindi la scoperta che ogni adolescente invia tra i 50 e i 100 squilli al giorno. Sommati e moltiplicati per il numero dei giovanissimi italiani, corrispondono a milioni di conversazioni telefoniche evitate, con evidenti ripercussioni sugli incassi. Le sorprese non finiscono qui. La storia è lunga e appassionante. Torniamo ai supermercati. Le osservazioni etnografiche, il lavoro dei microchip e delle telecamere, hanno consentito di radiografare il nostro modo di agire nella giungla delle merci. Per esempio, è emerso un dato bizzarro: le zone più frequentate sono quelle del perimetro. I corridoi centrali sono percepiti come luoghi meno gradevoli, al punto che il traffico, qui, può calare anche del 50 per cento. Se prendiamo una confezione da riporre nel carrello, poi, è molto facile che lo facciamo prendendola da uno scaffale che sta alla nostra destra. Ora, la domanda è sempre la stessa: che cosa ci si guadagna nell’avere simili informazioni? «Anzitutto, con questo sistema un supermercato sa in quali zone si vende di più: gli scaffali all’ingresso o quelli del perimetro; i ripiani all’altezza degli occhi di un adulto o di un bambino», spiega Castaldo. «Ma c’è di più. Le grandi catene di distribuzione, oggi, sanno che sono i loro punti vendita i veri mass media: qui la merce è visibile proprio nel momento caldo dell’acquisto. I supermercati sono, dunque, luoghi preziosi e rari. All’interno dei quali vi sono punti ancora più preziosi e più rari. E questi luoghi non vengono ceduti in cambio di nulla. Le aziende devono pagare, e molto, per accedere allo scaffale giusto. E dunque: mettiamoci nei panni di un’azienda che vuole entrare nel marcato con un prodotto nuovo. Sa, in partenza, che il costo d’ingresso è molto elevato. Quindi, deve prima di tutto capire se il gioco vale la candela». [...] Claudio Castellani