MACCHINA DEL TEMPO APRILE 2006, 15 marzo 2006
Vagine di roccia Austria, 1908. A Willendorf un gruppo di archeologi si imbatte in una statuetta che raffigura una donna dai caratteri sessuali estremamente accentuati
Vagine di roccia Austria, 1908. A Willendorf un gruppo di archeologi si imbatte in una statuetta che raffigura una donna dai caratteri sessuali estremamente accentuati. La vagina è chiaramente segnata, seno, glutei e ventre prominente fanno pensare a una rappresentazione di maternità. La statua diventa rapidamente celebre come la ”Venere della Preistoria”. Si tratta di un oggetto antichissimo, di ben 28.000 anni fa, che indica probabilmente l’esistenza già nella preistoria di un culto della sessualità femminile. In epoche in cui la mortalità infantile era altissima ogni nuova nascita costituiva un evento fondamentale per il futuro dell’intera comunità. Alla donna, magica signora del parto, era quindi riconosciuto un potere straordinario. Di statuette simili ne sono ormai state scoperte centinaia. Nei siti preistorici della Moravia alcune sono state ritrovate conficcate vicino ai focolari: è probabile che avessero una funzione magica di protezione del gruppo. In grotte preistoriche come quelle di Chauvet o La Magdaleine, sono state individuate rappresentazioni incise o scolpite di vagine. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che gli artisti primitivi sfruttassero le protuberanze delle rocce per dare rilievo a queste sculture e che in un caso abbiano addirittura usato una stalattite per rappresentare la clitoride. Quando le comunità umane passarono dalla caccia all’agricoltura, questa immagine magica della sessualità femminile non venne dimenticata, anzi... Le gambe aperte della pizia Il santuario di Apollo a Delfi era forse il più importante dei centri religiosi della Grecia antica. I fedeli lo raggiungevano per interrogarne la Pizia, la sacerdotessa che, in stato di trance, comunicava la volontà del dio. Secondo alcune fonti, la Pizia vaticinava seduta a gambe aperte sopra un calderone. Un’immagine dal significato preciso. La Pizia è in grado di partorire la parola del dio, perché la riceve attraverso il suo organo sessuale. La vagina continua a ricoprire un ruolo simbolico importante. Tuttavia la donna (e quindi anche la vagina) non ha un potere autonomo; è uno strumento passivo, soggetto alla volontà del dio o dell’uomo, che, grazie al suo seme, si ritiene il vero detentore del segreto della riproduzione. Uomini che partoriscono La volontà di negare alla donna un ruolo attivo nella riproduzione ispirò alcuni miti, in cui sono gli uomini a partorire. Zeus, il re degli dei, riuscì a partorire Atena dalla sua testa e Dioniso dalla sua coscia. Non solo. Nell’isola di Cipro sembra che fosse praticato quel rituale che gli antropologi chiamano couvade: quando le donne stanno per partorire, gli uomini mimano i dolori del parto o il parto stesso; quando poi il bambino è nato, giacciono distesi e sono accuditi e curati per il travaglio, mentre le donne vengono quasi del tutto ignorate. Il rito esiste ancora oggi presso popolazioni a organizzazione tribale (ad esempio tra i Dinka dell’Africa). La risata di demetra La Grecia antica basava la propria ricchezza sull’agricoltura. La fertilità dei campi era quindi un bene primario da ottenere con ogni mezzo. Ecco allora che, nonostante il maschilismo della società patriarcale, i simboli della sessualità femminile tornano a svolgere un ruolo importante: la capacità riproduttiva della vagina viene associata alla forza magica che assicura la fertilità agricola. Conosciamo molti culti di carattere agricolo e propiziatorio connessi alla sessualità femminile. Nel mondo greco e romano il più celebre di questi culti è senza dubbio quello di Demetra, dea del grano. Secondo il mito, quando Demetra vagava affranta di villaggio in villaggio alla ricerca della figlia rapita, un’anziana popolana (di nome Baubo o Iambe) la accolse nella sua umile dimora. La dea però, nel suo dolore, non riusciva ad apprezzare l’ospitalità: allora l’anziana sollevò all’improvviso la sua veste, ostentando i genitali. La dea finalmente sorrise. Biscotti di sesamo Questo episodio della storia di Demetra era celebrato e ritualizzato. Gli Ateniesi infatti, quando nella loro processione annuale ad Eleusi giungevano al luogo dell’incontro tra Demetra e l’anziana donna, si lanciavano frasi a forte connotazione sessuale. Nei riti segreti in onore della dea, sembra inoltre che i fedeli manipolassero un oggetto misterioso che secondo alcuni riproduceva gli organi sessuali maschili e femminili. Un gesto simbolico che forse mimava un atto sessuale volto ad assicurare la fertilità dei campi e delle donne. Con la stessa logica in molte feste dedicate a Demetra, in Grecia e in Sicilia, venivano preparati dolci di sesamo che avrebbero avuto la forma di vagina. In questo caso il fedele addirittura ingoiava il simbolo della sessualità femminile, per appropriarsi così, ancorché simbolicamente, della sua forza magica. Ma il culto religioso della vagina raggiunge senza dubbio il suo apice con le curiosissime statue votive di donne-vagina ritrovate in un santuario di Demetra nella città greca di Priene, nell’odierna Turchia. Si tratta di piccole statuette che raffigurano una testa femminile appoggiata su delle gambe o, se vogliamo, un corpo dimezzato che rappresenta delle gambe attaccate a un ventre su cui però compaiono occhi, naso e bocca di donna. Al centro della statuetta è sempre raffigurata una vagina, talvolta incisa con una certa evidenza. Sono figure divertenti, che inducono al riso: la storia sacra della dea che ride davanti alla vagina della vecchia si perpetua così nel corso dei secoli. La Porta del male Con la diffusione della cultura cristiana, si assiste a una demonizzazione della donna e dei suoi organi sessuali. La vagina diventa un segno del male foriero di pericoli. Ne sono prova le ricorrenti raffigurazioni di donne che ostentano il loro sesso che compaiono in rilievi e sculture di età medievale. Nella maggior parte dei casi si tratta di sirene, donne-pesce con due code divaricate per mostrare la vagina. Il segno dell’identità femminile diventa la porta di ingresso al mostruoso mondo del peccato, simboleggiato appunto da quelle lussuriose fugure. Queste statue hanno forse una funzione apotropaica: devono cioè tenere lontani gli spiriti maligni e proteggere gli edifici che le espongono. Di solito chiese (ad esempio, Sant’Antimo), ma anche le porte della città (come accade a Milano per il rilievo di Porta Tosa). La vagina è intesa come una porta magica, doppio della porta della Chiesa o della città, in grado di introitare il male. di Marxiano Melotti*antropologo, docente di Metodologia della ricerca archeologica e di Civiltà greca all’Università di Milano La Bicocca.