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 2006  marzo 15 Mercoledì calendario

I riti di ostentazione della vagina, tanto diffusi nel mondo antico, non sono mai scomparsi del tutto

I riti di ostentazione della vagina, tanto diffusi nel mondo antico, non sono mai scomparsi del tutto. In Giappone, ad esempio, un rito scintoista che celebra il ritorno della luce prevede una danza in cui la sacerdotessa mostra al pubblico il suo sesso. Questo rito, inglobato nel moderno processo di commercializzazione del corpo, ha trovato nuova linfa quale spettacolo erotico: il pubblico segue l’esibizione con piccole torce che si ispirano maliziosamente all’antica festa della luce. La cultura occidentale dello strip-tease non è molto diversa: l’apparizione della vagina viene concepita come momento culminante di un evento collettivo. Paradossalmente la vagina-merce si è riappropriata del suo preistorico ruolo sacrale di icona collettiva. Un celebre film del regista spagnolo Almodovar riassume le due opposte prospettive simboliche che legano l’uomo alla donna e al suo sesso: angoscia e desiderio, paura e disperato bisogno di comunicazione. In ”Parla con lei” descrive infatti un ironico viaggio nella vagina da parte di un uomo che, davanti alla sua amante, diventa sempre più piccolo e decide infine di suicidarsi tuffandosi nell’oggetto dei suoi desideri. La vagina, come al tempo degli antichi, torna a essere un canale di comunicazione e un trionfante simbolo del potere femminile. Questo potere lo ritroviamo in tante scene del cinema attuale, in particolare ricordiamo la scena di Basic Instinct in cui una bellissima Sharon Stone accavalla e soprattutto scavalla le gambe davanti all’occhio di Michael Douglas, imbarazzatissimo ma ben attento nel decifrare l’esistenza o meno dell’eventuale mutandina. Fu all’epoca che un Manuel Vázquez Montalbán in deliquio scrisse una lettera aperta all’attrice: «Mi innamorai di lei a partire dal momento in cui accavallava le gambe davanti ai poliziotti, uomini strozzati da quel tumore del desiderio provocato di solito dalle donne che allargano le gambe per insinuare di essere in possesso della porta stretta che conduce alla città dolente, metafora dantesca, vittima il povero Dante del terrore cattolico per il sesso femminile, unico possibile paradiso reale in grado di competere con tutti i paradisi virtuali controllati dalle religioni, quella telematica per ultima. Non è lascivia, mrs Stone, quel che comunica il suo gesto di tagliare il rapporto spazio tempo con le pale di mulino delle sue gambe, mentre oltre l’incisione si insinua la patria più propizia. Non è lascivia ma profonda tenerezza per lo scoramento dell’uomo di fine millennio, stanco maratoneta che davanti al fallimento del sentimento e della ragione scopre come la sola possibilità di pienezza sia il ritorno alla placenta materna, ma non a quella della madre vestita, vale a dire, delle nostre mamme sante, ma di una splendida madre nuda come lei è, come voi siete, dive cinematografiche che ci regalate l’evidenza del rincontro tra peccato e virtù oltre la porta stretta che conduce alla città dolente...».