Corriere della Sera, 26/04/2002, 26 aprile 2002
Lettera, Corriere della Sera, venerdì 26 aprile 2002 Dopo quel che è successo alle elezioni Francia, a me sembra che, in occasione della ricorrenza del 25 aprile (giornata che, come lei ha giustamente scritto, deve essere interamente dedicata alla memoria dell’antifascismo), si dovrebbe lanciare un pubblico appello contro l’eventualità che l’Italia possa conoscere nuovamente un regime
Lettera, Corriere della Sera, venerdì 26 aprile 2002 Dopo quel che è successo alle elezioni Francia, a me sembra che, in occasione della ricorrenza del 25 aprile (giornata che, come lei ha giustamente scritto, deve essere interamente dedicata alla memoria dell’antifascismo), si dovrebbe lanciare un pubblico appello contro l’eventualità che l’Italia possa conoscere nuovamente un regime. Non voglio fare insinuazioni, sia chiaro, nei confronti dell’attuale governo anche se sempre più spesso accadono cose molto poco rassicuranti. Questo appello antiregime lo dovrebbero firmare tutti, persone di destra e di sinistra. E sarei contento se in calce ci fossero anche le firme di Silvio Berlusconi e di Gianfranco Fini. Perché di questi tempi... Gino Aldi, Milano Caro signor Aldi, se lei allude alla minacciosa strattonata che il presidente del Consiglio ha dato a Enzo Biagi e Michele Santoro, quella sortita io la considero gravissima. Gravissima perché segnala una preoccupante disposizione di Silvio Berlusconi alla prepotenza e all’abuso. Ma ho l’impressione che attorno a quella parola, regime, e all’evocazione del fascismo si stia facendo una grande confusione. Voglio presentarle qui un parzialissimo fior da fiore del caotico dibattito sull’incipiente dispotismo italiano. Il 17 marzo, sul ”manifesto”, Federico De Melis scrive: «Fa una certa impressione la riapertura della pagina più lucida e civica della pittura italiana antica - cioè la Cappella degli Scrovegni a Padova - nei giorni più corruschi del regime (sì) che si è impadronito del nostro Paese». Che c’entra Giotto con il ”regime berlusconiano”? «C’entra - risponde De Melis - solo chi ha una nozione estetica ed esornativa del fatto figurativo, non storica cioè, può dubitarne». Gli crediamo sulla parola. Ma Raffaele La Capria dice: «Sono nato nell’ottobre del ’22 e posso dire che oggi in Italia non c’è alcun fascismo; è un’ossessione, Mussolini non poteva essere criticato com’è criticato oggi Berlusconi». Alberto Arbasino, sferzante domanda: « il nostro un regime paragonabile a quelli di Pétain o Pinochet?». «Allora - risponde – bisognerà decidersi a denunciare come ”collaborazionisti” tutti coloro che collaborano alle proprietà governative, tipo Mediaset e Mondadori e ”Panorama” ed Einaudi. Oppure lanciare qualche appello in Francia e in Italia per liberarli dalle catene delle loro prigioni». Michele Prospero contrattacca sull’”Unità”: «Spesso un regime si nota anche per piccoli dettagli. Il direttore del ”Foglio” che invita a lanciare uova contro Benigni è uno di quei piccoli segnali che rivelano un’enorme volontà di potenza. Un altro piccolo segnale è la stima che la polizia ha fatto della presenza alla manifestazione dell’Ulivo». Piera Detassis, docente universitaria di Storia del cinema ed Estetica, collaboratrice abituale dell’”Unità” e del ”manifesto”, è costretta a rinunciare alla direzione della Mostra del cinema di Venezia. Perché? Perché, in quanto direttore della rivista ”Ciak”, è accusata dal regista Citto Maselli di essere una «dipendente berlusconiana». Se avesse accettato l’incarico, saremmo al regime... Massimo Rendina, l’ottantatreenne presidente romano dell’Associazione dei partigiani, protesta per il fatto che Michele Santoro ha intonato all’inizio della sua trasmissione ”Bella ciao”. «Trovo inopportuna l’uscita di Silvio Berlusconi contro Biagi, Santoro e Luttazzi -ha detto - ma non sono d’accordo a parlare di nuova resistenza, non ha alcun senso. Se bussano alla mia porta di notte - aggiunge - penso che qualcuno abbia dimenticato le chiavi, non certo che è la polizia che viene a prendermi. E questa è una differenza sostanziale tra i tempi di oggi e quelli del regime fascista”. L’Anpi, invece, approva ”Sciuscià”. Lo storico Bruno Bongiovanni, pur senza evocare Hitler, sostiene invece che «nel governo Berlusconi - eventi recenti lo confermano - s’incarna un’inedita Fuehrerdemokratie». Sull’”Unità” del 28 marzo Nicola Tranfaglia si allarma perché, senza una dura lotta, «la costruzione del regime populistico plebiscitario diventerà, almeno fino al 2006 (cioè fino alle prossime elezioni politiche, ndr), irreversibile». Curioso inciso quell’«almeno fino al 2006», no? Paolo Mieli