14 marzo 2006
Tags : Anna. Moffo
Moffo Anna
• Nata a Wayne (Stati Uniti) il 27 giugno 1934, morta a New York (Stati Uniti) il 10 marzo 2006. Soprano. «[...] ebbe un grande successo in Italia dove debuttò con Norina nel Don Pasquale di Donizetti a Spoleto nel 1955. Nel 1956 registrò una versione tv della Madama Butterfly con la regia di Mario Lanfranchi che sposò l’anno dopo. L’ascesa fu rapida: il San Carlo, la Scala, Salisburgo, Vienna. La sua carriera si concentrò in un breve arco di anni durante i quali, grazie alla sua bellezza e al timbro vellutato della sua voce, fu Violetta nella Traviata, Mimì nella Boheme, Lucia nella Lucia di Lammermoor, spesso in competizione con le grandi come Maria Callas e Renata Tebaldi. Si lamentò spesso del lavoro: ”Ero sempre via e sempre sola... ”. L’ultima apparizione al Met come Violetta nel 1976» (’la Repubblica” 12/3/2006). «Soprano protagonista nelle opere di Verdi e Puccini, attrice cinematografica e presentatrice televisiva, donna di spettacolo [...] La carriera è stata precoce, ma non lunga, interrotta, verso la metà dei Settanta, da una piuttosto repentina perdita della voce. Dubbi sulla vocazione a cantare, e sulla sua determinazione a trasformarla in professione, non era possibile averne: a vent’anni vince la Young Artists Audition e va a Roma con una borsa di studio Fullbright, per perfezionarsi poi al Curtis Institute di Philadelphia. Siamo agli albori della storia televisiva, quando le opere liriche si registrano in studio in produzioni nate appositamente per quel nuovo mezzo. La bellezza della Moffo, i capelli neri, lo sguardo deciso, la proporzione della figura, ne fanno presto una diva: è Cio-cio-san in una Madama Butterfly diretta per la Rai da Mario Lanfranchi, che diventa il suo primo marito. Canta al Festival sperimentale di Spoleto nel 1955, a Aix-en-Provence, alla neonata Lyric Opera di Chicago. Nel 1959 debutta al Metropolitan di New York - teatro al quale resterà sempre legata [...] ”Ha il fascino di una star”, scrivono i critici statunitensi, e i costumisti fanno a gara nel vestirla di abiti eleganti e provocanti. Rimane memorabile, per fascino scenico, la sua Manon di Massenet. Sono gli anni della Callas e della Tebaldi, della Scotto e della Caballè, della Sutherland e della de Los Angeles, ma lei riesce a crearsi un cono di visibilità grazie alla credibiltà di interprete, a una vocalità più elegante che potente, più morbida che aggressiva, più intima che esibita, capace anche di affrontare le grandi agilità e le colorature, sempre nel controllo dello stile. Piace in scena, ma l’estensione e la potenza contenute la rendono una cantante capace di esprimersi al meglio anche in disco. Lavora e incide con eccellenti direttori: è Gilda nel Rigoletto di Georg Solti, Violetta con Fernando Previtali, Mimì e Butterfly con Erich Leinsdorf. Dalla scena allo schermo tv, in un crescendo di popolarità grazie anche all’’Anna Moffo Show”, che negli Stati Uniti dura ininterrottamente per tredici anni, dal 1960 al 1973, periodo nel quale viene votata tra ”le dieci donne più belle d’Italia”. Debutta nel cinema con Napoleone ad Austerlitz, kolossal di Abel Gance e annuncio di una carriera che culmina nella stagione 1969-70 quando interpreta, grazie alla sua versatilità, quattro pellicole di produzione italiana e di generi diversi: il drammatico Una storia d’amore di Michele Lupo, Concerto per pistola solista, un giallo-rosa ancora di Lupo, Il divorzio, commedia di Romolo Guerrieri (accanto a Anita Ekberg e Vittorio Gassman) e Una ragazza di nome Giulio di Tonino Valeri con Silvia Dionisio e Esmeralda Ruspoli, film ambientato a Venezia che racconta, tra i primissimi, un’aspra vicenda di omosessualità femminile. Anni intensi, segnati ancora da molte registrazioni discografiche e da numerosi film-opera, prima di una lenta uscita di scena. Nel 1983 partecipa al gala per il centenario del Met, viene spesso intervistata, affonta coraggiosamnete il cancro e appare al Lincoln Center di New York in una serata di gala, appena due mesi fa. Prima di salire sul palco sembrava stremata, incapace di reggere quella fatica, ma quando si trovò lì sopra, davanti al pubblico che l’accolse con grande affetto, seppe mostrarsi piena di charme, divertente, perfettamente professionale e ancora bella» (Sandro Cappelletto, ”La Stampa” 12/3/2006). «Non è stata cantante di quelle che cambino il corso della storia dell’interpretazione. Ma il suo angolino nell’Olimpo musicale [...] che tipo di cantante Anna Moffo sia stata, è difficile dire. Del resto, ha vissuto in un’epoca in cui gli interpreti non erano propensi, né granché suggeriti, a delimitare il rispettivo ”campo di battaglia”. Cosicché anche lei ha cantato un po’ di tutto, comprese parti sbagliate come quella eponima di Carmen. Riascoltandone le incisioni [...] si può dire che è stata un soprano lirico leggero che ha dato il meglio di sé nei ruoli che richiedono piuttosto lirismo che arguzia civettuola. In altre parole, per dire di due parti che l’hanno resa celebre e che ha inciso con Carlo Maria Giulini, è stata preferibile come Susanna nel Figaro che come Zerlina nel Don Giovanni Nondimeno, ha affrontato parti di elevata drammaticità- Lucia, o anche Violetta - a lei precluse da una vocalità squisita per intonazione emusicalità ma non esemplare nelle colorature né nella declamazione ”di forza”. Amina e Gilda sono state, in definitiva, le parti a lei più congeniali. Sulla sua testa pendevano i capi d’accusa di non aver ampia estensione, o meglio, di non aver omogeneità d’emissione lungo talegamma e soprattutto di non essersi saputa gestire bene, tanto da dover terminare relativamente presto la carriera. Ma si ricorderanno sempre il bel timbro, le qualità d’attrice e la notevole bellezza, che non guastava» (Enrico Girardi, ”Corriere della Sera” 12/3/2006). «Furoreggiò intorno agli anni della Dolce Vita, sul palcoscenico e nelle cronache rosa, perché aveva una voce gradevole ed era bellissima: sorriso affascinante, alta, fisico statuario. Non per niente fece l’attrice di cinema oltre che il soprano. Ma la voce era anche ”piccola”, e questo fu il suo limite, anche se cantò con molti grandi direttori e per istituzioni prestigiose come la Scala e il Festival di Salisburgo. Una carriera, ad ogni modo, prestigiosa e interessante [...] per la varietà del repertorio, per la magnifica presenza scenica e perché la cantante americana è stato uno dei primi personaggi mediatici del mondo della lirica. Figlia di un calzolaio italiano, nata a Wayne in Pennsylvania, grande passione per lo sport, la Moffo studiò pianoforte e violoncello al prestigioso Curtis Institute di Filadelfia, poi si dedicò al canto. Per perfezionarsi si trasferì in Europa e debuttò in Italia, al Teatro Sperimentale di Spoleto, nel 1955 ( Don Pasquale di Donizetti). Nello stesso anno conobbe il regista Mario Lanfranchi, che divenne suo marito e pigmalione: la diresse in un’edizione televisiva della Madama Butterfly (una delle prime opere allestite in Italia per il piccolo schermo) che le diede subito una certa popolarità. Poi, il Festival di Aix-en-Provence, la Scala, il successo negli Stati Uniti: sarebbe apparsa al Metropolitan di New York in ben 18 stagioni. Il suo momento migliore nei primi anni 60 quando cantò in Bohème (Musetta) a fianco della Callas e sostituì, alla Scala, Mirella Freni nella Traviata diretta da Karajan, con cui fece anche il Falstaff . Deliziosa nel repertorio mozartiano, si fece apprezzare in Rigoletto e nella Rondine, in Debussy, Offenbach e Montemezzi; lavorò con Giulini, Prêtre, e, in studio d’incisione, col grande Franco Ferrara: la sua voce esile, che in opere come Lucia, Sonnambula, Puritani, non poteva competere coi soprani drammatici di agilità, era ritenuta più adatta al disco che al palcoscenico. Nel frattempo si era lasciata sedurre dal cinema: fece valere la sua avvenenza in film come Una ragazza di nome Giulio, Una storia d’amore e Ménage all’italiana, talvolta interpretando ruoli audaci. Ma il dirigente della casa discografica ”Rca” Robert Sarnoff, che incontrò nel 1974 e sposò in seconde nozze, volle che dimenticasse il suo passato cinematografico e fece ritirare le pellicole dal mercato. Negli anni 70 si allontanò via via dall’Europa e lavorò soprattutto negli Stati Uniti, dedicandosi in particolare al repertorio francese: e nonostante il declino (causato anche da una malattia), il pubblico americano volle continuare ad applaudirla, sia pure in piccole parti, fino al 1984, quando si ritirò dalle scene. Per lui, al di là della voce, la Moffo restava legata all’immagine di un’America giovane, simpatica e determinata nella ricerca del successo» (Alfredo Gasponi, ”Il Messaggero” 12/3/2006).