Emanuele Nuccitelli, Onda n. 12 2006, 14 marzo 2006
Ha cantato 1.100 canzoni, ne ha scritte 1.300 e ha inciso 30 dischi. Questi i numeri della quarantennale carriera di Franco Califano, conosciuto ai più come «il Califfo», che insieme ad altri undici cantanti prenderà parte alla terza edizione di Music Farm, il reality show condotto da Simona Ventura: «Se me lo permetteranno, darò lezioni d’amore - promette a due settimane dall’inizio del programma - ai miei compagni d’avventura
Ha cantato 1.100 canzoni, ne ha scritte 1.300 e ha inciso 30 dischi. Questi i numeri della quarantennale carriera di Franco Califano, conosciuto ai più come «il Califfo», che insieme ad altri undici cantanti prenderà parte alla terza edizione di Music Farm, il reality show condotto da Simona Ventura: «Se me lo permetteranno, darò lezioni d’amore - promette a due settimane dall’inizio del programma - ai miei compagni d’avventura. Ho in mente certe cose... Ma non so se me le faranno fare, dovrebbero spostare la trasmissione in seconda serata». Perché hai deciso di partecipare a Music Farm? «Innanzitutto perché si tratta di un’esperienza diversa. E poi perché mi voglio riposare un po’: lì dentro non si fanno sacrifici, non si fanno pulizie, non bisogna preoccuparsi di cucinare. Insomma, mi vado a rilassare per un paio di mesi». Vuoi vincere? «Non sono un tipo che partecipa per vincere. A Sanremo, del resto, sono arrivato sempre tra gli ultimi. Certo, tutti quei soldi non mi dispiacciono (in palio ci sono 150mila euro, ndr)». Che ne pensi degli altri concorrenti? Tra questi, c’è qualcuna che ti piace? «Per carità, ho detto che mi vado a riposare. E poi, anche volendo, che me ne faccio di un bacio rubato sotto una coperta? Comunque pochi giorni fa abbiamo fatto le prove e ci siamo iniziati a conoscere: tutti simpatici e graditi». Parliamo della tua carriera. Ti consideri più un grande cantante o un grande compositore? «Sono il più grande esecutore di me stesso. Diciamo che sono un interprete molto bravo delle canzoni che scrivo e meno bravo quando eseguo brani scritti da altri». Qual è la canzone a cui ti senti più legato e che esegui con maggior piacere? «Sicuramente ”Tutto il resto è noia”: mi somiglia più di ogni altra. Dentro quella canzone c’è la mia filosofia di vita». Te la ricordi la tua prima esibizione? «E come posso? Fino a poco tempo prima c’erano le bombe e si scappava nei rifiugi». Il momento più bello della tua carriera? «Quando ho ricevuto la laurea ad honorem in filosofia dalla New York University. Questo titolo mi è stato conferito perché alcuni professori americani hanno trovato le mie canzoni filosofiche». E quello più brutto? «Non rimpiango nulla di quello che ho fatto. Ma sicuramente ho sofferto molto quando ho perso mio padre». C’è un traguardo in particolare che vuoi raggiungere? «Vorrei un grosso premio, un riconoscimento alla mia carriera tipo una medaglia o un’onorificenza dello Stato». Non ti basterebbe vincere Sanremo? «No, per carità. Ho già partecipato, ma è un tipo di concorso che non mi piace perché non permette agli artisti di esprimere quello che sono. Per come la vedo io, ogni cantante dovrebbe avere quindici minuti di tempo per spiegarsi, per raccontarsi». Tra i cantanti di oggi, chi potrebbe raccogliere la tua eredità? «I Tiromancino, i Negramaro e Povia, anche se viviamo in due mondi diversi». Da dove nasce il soprannome «Califfo»? «In parte da Califano. In parte perché quando ero più giovane fuori dal bar ero un capetto. Tutti mi rispettavano perché con le donne avevo un gran successo». A proposito, ti dispiace avere cucito addosso lo stereotipo del seduttore? «Non mi dispiace, ma a questo punto della mia carriera mi piacerebbe mettere la freccia a sinistra e svoltare: il personaggio Califano è stanco, ma l’artista è vivo». Aspetti ancora il vero amore? «L’amore somiglia a Dio, è un sentimento pieno di misteri. In molti credono di averlo raggiunto, ma alla fine chi ce lo dice che si tratta di amore? Per me la cosa fondamentale è la passione, senza questa non c’è niente». Hai mai voluto un figlio? «Non ne ho mai sentito il bisogno. Ho avuto donne che avevano figli, con cui sono andato d’accordo. Il bisogno di paternità è soddisfatto dai giovani che mi seguono. Loro sono i miei figli». é vero che stai scrivendo un libro, ”Calisutra”? «L’editore Alberto Castelvecchi, che s’è fissato con il sesso, mi ha commissionato una riedizione del ”Kamasutra”. Ovviamente le immagini delle posizioni amorose non possono essere fatte con le mie foto, quindi gli ho chiesto un grande disegnatore. Appena me lo metterà a disposizione, scriverò i testi del libro». Esiste una via con il tuo nome? «Sì, a Borbona, in provincia di Rieti, c’è piazza Franco Califano. L’ha fatta realizzare un costruttore pazzo di me vent’anni fa. una cosa illegale perché sono ancora vivo, i magistrati hanno provato più volte a rimuoverla, ma i cittadini si sono sempre opposti».