?, 14 marzo 2006
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DI GANGI Salvatore. Nato a Canicattì nel 1946. Imprenditore. Noto soprattutto per il coinvolgimeno nel cosidetto Laziogate (marzo 2006)
DI GANGI Salvatore. Nato a Canicattì nel 1946. Imprenditore. Noto soprattutto per il coinvolgimeno nel cosidetto Laziogate (marzo 2006). «[...] è un uomo della P2: la loggia massonica segreta che tra gli anni Settanta e Ottanta aveva deciso di prendere in mano la vita del paese, e che aveva tra i suoi ranghi i vertici dei servizi segreti e della Guardia di finanza. [...] L’azienda di Di Gangi si chiama Sipro, e nasce nel segno della P2. A fondarla, infatti, è Antonino Li Causi, tessera 526 della loggia guidata da Licio Gelli, un siciliano trapiantato a Roma. Nel 1994 la Sipro viene rilevata da un altro isolano di stanza nella capitale: è lui, Di Gangi, nato nel 1946 a Canicattì. Quando rileva la Sipro, Di Gangi a Roma si è gia ben ambientato, ha amici politici e rapporti d’affari. E anche frequentazioni oscure: suo fratello Vittorio detto Er Nasca bazzica gli ambienti della Banda della Magliana, l’altro fratello Aldo detto Buscetta inanella denunce. Ma ciò non impedisce alla Sipro, sotto la guida dell’energico siciliano, di crescere, espandersi, conquistare appalti privati e pubblici: questi ultimi soprattutto nelle Poste nella Difesa, da anni feudo della destra. Per allargarsi, Di Gangi non disdegna metodi sbrigativi, come truccare gli appalti mettendosi d’accordo con i concorrenti. [...] L’inchiesta-madre è quella sull’Ivri, il più grosso istituto di vigilanza privata italiano, accusato di comprare appalti a suon di tangenti. Di Gangi finisce inquisito per avere addomesticato in combutta con Ivri una gara per la vigilanza sulle caserme dell´esercito. Il suo telefono viene messo sotto controllo. Il 2 febbraio 2004, alle 10,50, parlando con un amico, Di Gangi commenta le intercettazioni telefoniche che hanno incastrato i vertici dell’Ivri e fa un´affermazione pesante: ”In effetti se li hanno inc... perché hanno il 348, non c’hanno il 335... se c’hanno il 335 ’sto figlio de [...] di Tavaroli se li avvertiva subito”. ”348” è il prefisso dei cellulari Vodafone, ”335” di quelli Telecom. E Tavaroli è Giuliano Tavaroli, capo della sicurezza di Telecom, che a causa di quella telefonata finisce nel registro degli indagati con l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio. Di Gangi si è fatto scappare la frase? O, sospettando di essere intercettato, ha voluto mandare un segnale? Sta di fatto che l’indagine su Tavaroli - e sull´ipotesi di un circuito che ruota intorno al manager di Telecom e ai suoi rapporti negli ambienti dei servizi segreti - parte da lì. E dalla stessa inchiesta spunta per la prima volta, a forza di passaggi, anche il nome di Pierpaolo Pasqua, l’investigatore privato romano [...] protagonista del Laziogate, lo spionaggio a favore di Francesco Storace durante le elezioni del 2005. Ma nel frattempo le nuvole si addensano anche sulla testa di Di Gangi. Del businessman siciliano iniziano ad occuparsi i magistrati che scavano sullo scandalo dei falsi depuratori in Calabria, che a casa di Enrico Papello - socio di Di Gangi in varie attività - trovano le trascrizioni di un po’ di intercettazioni abusive, tra cui una a carico di Piero Fassino, segretario dei Ds. Non ci sono elementi concreti che leghino Di Gangi a quelle spiate. Ma di certo l’imprenditore della Sipro ha amicizie che portano dritto nel cuore del mondo delle intercettazioni: è lui stesso a vantarsi di avere un ”contatto” ai vertici di Telecom, i suoi rapporti con alcuni alti ufficiali della Guardia di finanza sono notori. Meno notorie, e ormai ingiallite dal tempo, sono le tracce che lo legavano, anche se meno direttamente del fratello Vittorio, ad ambienti criminali dell’estrema destra romana: in via Magliano Sabina 22, dove hanno sede le società di Di Gangi, risultava anche la Immobiliare Generale Sarda, una società controllata da Enrico Nicoletti, che della Banda della Magliana era accusato di essere il cassiere. [...]» (Luca Fazzo, ”la Repubblica” 13/3/2006).