14 marzo 2006
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DellaPergola Massimo
• Nato a Trieste l’11 luglio 1912, morto a Milano il 12 marzo 2006. Giornalista. Noto come l’inventore del Totocalcio. «Giulio Onesti, il presidente del Coni e ideatore del modello sportivo italiano, riconobbe che [...] ”avrebbe meritato una statua in ogni piazza d’Italia”. E non solo perché l’invenzione del Totocalcio aveva sostenuto e foraggiato lo sport italiano dal dopoguerra in poi, ma perché il rito della compilazione della schedina era diventata un’abitudine nazionale, un esercizio di speranza nel quale si accaniva al sabato nelle ricevitorie un popolo uscito povero dalla guerra e che avrebbe atteso un decennio prima del boom economico. E a Massimo Della Pergola si devono nomi ed espressioni familiari per l’italiano della seconda metà del secolo scorso, come la X per indicare il pareggio, o il famoso ”ho fatto 13” per indicare un colpo di fortuna e il ribaltamento del proprio destino sociale ed economico. [...] aveva iniziato la sua carriera di giornalista prima di essere fermato nel ’38, in quanto ebreo, dalle leggi razziali. Ma fu nel campo profughi svizzero di Ponte de la Morge, negli ultimi mesi del conflitto, che ebbe l’idea di un concorso pronostici legato al calcio, prendendo lo spunto da analoghi concorsi in Svezia e nella stessa Svizzera. Dopo la guerra, nel ’45 fondò la Sisal (con i soci Molo e Jegher) e propose in giro la sua idea, con una schedina inizialmente di 12 partite, e i vincitori con 12 e 11 punti. Qui le strade di Della Pergola e del Coni si incrociarono, perché Onesti, che aveva chiare le necessità di un finanziamento attraverso i pronostici, trovò disponibile la struttura nascente della Sisal. La prima schedina andò nei riluttanti, all’inizio, bar, il 5 maggio 1946, costava 30 lire (il prezzo di un bicchiere di vermouth, questo fu il parametro di Della Pergola) e portò un montepremi di 1.032.000 lire. Il primo vincitore fu Emilio Blasetti, che incassò 463.846 lire, grazie a una successione di sei X di fila. Il Vigevano aveva pareggiato a Padova e la Sestrese a Genova con la Sampierdarenese. Il successo fu straordinario, nel febbraio seguente furono già giocate 13 milioni di colonne, una ogni tre abitanti. L’italiano era affamato di passione per il calcio e di soldi e Della Pergola, che inizialmente aveva pensato soprattutto al supporto per lo sport italiano, si ritrovò in mano una bomba. Ma sua fu anche la capacità organizzativa, dalla penetrazione del gioco tra gli esercenti a tutto il meccanismo dello spoglio, in un’epoca nella quale l’informatica era ancora lontana. Ma il successo della schedina era eccessivo per poterlo lasciare in mano al suo inventore e così presto Della Pergola fu espropriato della sua creatura. Alla scadenza dei primi due anni di contratto, nel 1948, il governo decise di nazionalizzare per decreto la schedina, da allora gestita direttamente dal Coni. Della Pergola farà causa al Ministero dell’Interno, una vertenza che finirà solo sette anni dopo senza che ai tre soci del gioco venga riconosciuto nessun merito per la loro invenzione. Fu loro negato anche che la ”X” fosse una loro idea. Privato del Totocalcio, Della Pergola si dedicherà ai cavalli, introducendo allora il Totip, per poi lasciare il mondo delle scommesse a metà degli anni ’50. Ma ormai ogni domenica in Italia era scandita dalla religiosa attesa dei risultati delle partite e della proclamazione della colonna vincente, invocando la vincita che avrebbe permesso di mandare a quel paese il capufficio, licenziarsi e vivere per sempre nell’ozio. Il destino di Della Pergola sarebbe stato doppiamente amaro: perché dopo avere assistito alla sottrazione della sua creatura, avrebbe assistito anche alla sua agonia, uccisa dai calendari spezzati, da altri giochi, dall’evoluzione del costume italiano» (Corrado Sannucci, ”la Repubblica” 14/3/2006). «Due cose importammo dalla Svizzera in quei primi anni del secondo dopoguerra: il catenaccio e il totocalcio. Il destino volle che entrambi gli importatori fossero non solo triestini ma anche coetanei: Nereo Rocco, 20 maggio 1912, e Massimo Della Pergola, 11 luglio. Con questa prima differenza. Che si discusse a lungo, all’epoca, se a tradurre per prima in catenaccio il verrou elvetico fosse davvero stata la Triestina del paròn o non piuttosto la Salernitana di Gipo Viani. Mentre nessuno potè mai mettere in dubbio la primogenitura del giornalista. E con quest’altra. Che se il catenaccio rappresentò, per qualche decennio, il marchio di fabbrica del calcio italiano ma anche il suo limite, il Totocalcio finì per diventare il volano dell’intero movimento sportivo nazionale. Non era mancato il tempo, a Della Pergola - di cui ieri è stata annunciata la morte - per la messa a punto del meccanismo nelle lunghe notti di prigionia. Le guardie di confine elvetiche lo avevano intercettato e catturato la notte di Natale del ’43 quando, con la moglie e il figlio di un anno, stava tentando di attraversare il confine per sfuggire alle persecuzioni razziali. Internato nel campo di lavoro di Pont de la Morge, nel cantone del Vallese, numero di matricola 21915, Della Pergola di giorno lavorava alla bonifica del Rodano, otto metri cubi di terriccio quotidiani da rimuovere perché si sa che gli svizzeri son precisi. Salvo scoprire, nelle letture notturne, che altrettanto precisi erano stati, gli svizzeri, nella messa a punto di un concorso pronostici legato ai risultati del campionato. Arrivò, come dio volle, anche la bonifica dal nazifascismo. E gli ebrei poterono rientrare. Di quell’idea meravigliosa che si era messa in testa in prigionia Della Pergola parlò, per primo, a Bruno Roghi, direttore della Gazzetta dello Sport nei cui ranghi era tornato. ”Faccia il giornalista” fu il consiglio del direttore. Per sua e nostra fortuna, Massimo era andato ormai troppo oltre per fermarsi. Il dilemma che lo tormentava era legato ai segni, ai simboli con cui identificare i tre possibili risultati. A-B-C lo convinceva poco. Uno-due-tre nemmeno. Uno-due-ics finì per essere la soluzione: proprio quella, avrebbe raccontato tanti anni più tardi, che lo aveva svegliato di soprassalto in una notte da tuoni e fulmini a Pont de la Morge. Con due soci svizzeri, Fabio Jegher e Geo Molo, fondò la Sisal, con un capitale di 300 mila lire. Il 4 gennaio ’46, dopo una lunga e complessa trafila burocratica, la Sisal ottenne dal ministero degli Interni l’autorizzazione ad avviare il concorso. E il 5 maggio gli italiani giocarono la prima schedina della storia, che cominciava con Internazionale-Juventus e finiva con la seconda delle partite di riserva, Seregno-Biellese. Una colonna, trenta lire. Emilio Biasotti, romano di nascita e milanese d’adozione, fu l’unico ad azzeccare la combinazione vincente. Le 462.846 lire che incassò resero del tutto superflua ogni e qualsiasi campagna promozionale. Per due stagioni la Sisal gestì il concorso per conto del Coni. Poi, dal campionato 1948-49, fu il Coni ad assumere direttamente la gestione attraverso il proprio servizio Totocalcio. Massimo Della Pergola tornò a fare esclusivamente il giornalista, mestiere a cui peraltro non aveva mai rinunciato, portandosi in dote la riconoscenza imperitura di Giulio Onesti e dell’intero sport italiano. Grand’ufficiale della Repubblica, Della Pergola è stato sino al 1988 il presidente dell’associazione internazionale della stampa sportiva. Un signore d’altri tempi. Tempi in cui capitava di importare il totocalcio: non i format dei reality» (Gigi Garanzini, ”La Stampa” 14/3/2006). «[...] di stirpe ebraica, divenne redattore del Popolo d’Italia nella sua città, e, cinque anni dopo la proclamazione delle leggi razziali, nel 1943, seppe di essere stato cacciato dal giornale, che spietato gli dedicò un paio di righe: ”Ora al giornale si respira un’aria migliore”. Non aveva possibilità di difesa, aveva famiglia, la straordinaria signora Adelina [...] Privato del suo lavoro, sopravvisse collaborando a vari giornali, fra cui la Gazzetta, e nascondendosi sotto uno pseudonimo. Si trasferì a Firenze, ma era una vita ormai insopportabile, decise di espatriare. A Natale 1943 riuscì a varcare di notte la frontiera svizzera sulle montagne del Verbano e venne internato a fare il manovale in un campo che lui definì ”disumano”, poi in un altro campo nel quale faceva il centralinista notturno. E lì avevatempo a disposizione per pensare. Poliglotta e intelligente, ebbe l’intuizione giusta ed anche le informazioni che gli servivano per mettere a fuoco il progetto: concorsi pronostici che già esistevano in Inghilterra e Svezia. Mise a fuoco la sua invenzione: una schedina con 1X2, indovinare il vincitore di dodici partite, proventi da dividere fra lo sport (Coni e Federcalcio), il Ministero delle Finanze e l’inventore di tutto questo. La guerra fini, Della Pergola fu assunto alla Gazzetta dello Sport, prima firma del calcio. Scriveva e parlava del suo progetto di concorso, lo illustrò al direttore Bruno Roghi e lui gli disse: ”Fai il giornalista, che è meglio”. Lui riuscì ad arrivare a Spataro, ministro delle Finanze, via Onesti, presidente Coni, e Barassi, presidente Figc; la sua proposta fu incoraggiata. Fondò la Sisal, mise su un’organizzazione di 12 uffici e 100 impiegati, sistemò le ricevitorie nei bar di tutta Italia, il 5 maggio 1946 cominciò il concorso. Stampate 5 milioni di schedine, ma soltanto 34 mila vennero giocate. Un fallimento? Il primo vincitore ebbe 463 mila lire, nel 1947 vi furono vincite superiori al milione, il concorso era lanciato. Se ne accorsero al Ministero e incorporarono tutto, a Della Pergola non diedero una lira, lui intentò una causa che vinse soltanto nel 1956. Intanto, spaventato, aveva ceduto a prezzo di liquidazione anche il figlio minore Totip, che invece non venne mai statalizzato. La Sisal divenne Totocalcio, le partite aumentarono a 13, per decenni lo sport italiano ha campato, e bene, su quell’intuizione di Massimo Della Pergola. Il quale fu costretto a tornare al giornalismo. [...]» (Aronne Anghileri, ”La Gazzetta dello Sport” 14/3/2006).