varie, 14 marzo 2006
BRAMBILLA
BRAMBILLA Michele Monza 1 novembre 1958. Giornalista. Dal 2009 scrive sulla Stampa. Professionista dal 1984, ha lavorato al ”Corriere della Sera”, a Milano, dal 1985 al 2002. Al ”Corriere” è stato cronista, poi vice capo cronista di Milano, quindi vice caporedattore della Cultura e del magazine ”Sette”. Ha diretto la Provincia, poi vicedirettore di Libero e del Giornale. Cattolico, ha scritto diversi testi dedicati alla fede. Grande critico degli anni della contestazione a cui ha dedicato un lungo saggio, Dieci anni di illusioni. Storia del Sessantotto (Rizzoli, 1994). A questo è seguito un altro saggio sul periodo del terrorsmo, L’Eskimo in redazione (Ares 1991, ristampato poi da Bompiani del 1993 e negli Oscar Mondadori nel 1998). Con Vittorio Messori ha scritto Qualche ragione per credere (Mondadori 1996) il curatore dell’ultimo libro di Indro Montanelli, Le nuove Stanze (Rizzoli 2001) • «[...] L’eskimo in redazione (Rizzoli). Un libro che sollevò il coperchio su fatti e misfatti di un giornalismo italiano controllato dalla sinistra, o quantomeno conformisticamente appiattito a sinistra. In via Solferino e altrove. E sollevò pure polemiche. ”[...] il Corriere della Sera [...] di Piero Ottone [...] era di inaudita faziosità e per di più si presentava con somma ipocrisia come un giornale british e imparziale. [...] negli anni 70 c’è stata una vera ubriacatura, la pressione politica all’esterno e all’interno delle redazioni era così forte che si produsse un conformismo plumbeo, a tratti anche grottesco, come ho raccontato nel mio libro. Anche chi non era di sinistra si prestava al gioco, fino al punto di censurare i fatti, di chiamare ’fascista’ l’omicidio di Ramelli”. Ai giornalisti di sinistra di quegli anni, Brambilla riconosce una superiore capacità di interpretare la professione come missione. ”Per loro non contava solo informare, ma anche ’formare’ la gente. Arrivare al ’Corriere’ era un’occasione politica in più. Da questo punto di vista la sinistra ha fatto bene il suo lavoro; nella cultura, nell’editoria, nella scuola. Così si è trovata anche sociologicamente in posizione dominante in una professione come la nostra. fuorviante, quando si fanno le famose ’mappe’ del potere editoriale, andare solo a guardare gli assetti proprietari, quando poi pesa molto di più la cultura, l’indirizzo politico di direttori e giornalisti [...]” [...]» (’Il Foglio” 10/3/2006).