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 2002  aprile 24 Mercoledì calendario

Le fissazioni della sinistra, Il Sole 24 Ore, martedì 24 aprile 2002 «La Francia che ha votato è feroce» ha scritto Barbara Spinelli ieri su ”la Stampa” a commento del voto presidenziale di domenica

Le fissazioni della sinistra, Il Sole 24 Ore, martedì 24 aprile 2002 «La Francia che ha votato è feroce» ha scritto Barbara Spinelli ieri su ”la Stampa” a commento del voto presidenziale di domenica. Si tratta - ha aggiunto - «della disfatta di una classe dirigente al completo, oltre che di due leader privi di parole forti, e di passioni». Più che un’analisi sembra, con tutto il rispetto per una giornalista fra le migliori, una reazione emotiva a uno shock non previsto. Altrettanto impulsivo è il commento di Romano Prodi per il quale «questo è quello che succede quando si lavora più sui problemi personali che sui programmi», con l’aggravante di una mancanza di senso della misura istituzionale e politica che il Presidente di un organismo come la Commissione europea non dovrebbe mai perdere.  sbagliato, oltre che ingeneroso, attribuire oggi alla personalità di Chirac e di Jospin un risultato che è invece frutto di una serie di problemi politici aperti da tempo in tutti i Paesi europei. Su questi problemi la sinistra, soprattutto, si è mostrata incapace o forse si è rifiutata di riflettere adeguatamente. Il successo dell’estrema destra francese nasce in primo luogo dal problema dell’immigrazione e dalla connessa percezione di insicurezza che si diffonde nelle società europee. Come si è visto da dieci anni a questa parte in Italia, dove pure il problema è quantitativamente più limitato, la sinistra non capisce la rilevanza di questa questione. Essa ragiona sulla base di un principio di solidarietà internazionale nei confronti dei paesi più poveri che si scontra con la condizione effettiva delle città industriali d’Europa nelle quali l’immigrazione va a incidere sulle categorie economicamente e socialmente più deboli che tradizionalmente votavano per la sinistra. Oltre alla crescente insicurezza delle periferie urbane a causa dell’immigrazione, pesano sugli stati d’animo degli elettori altri problemi pressanti: da un lato i livelli della disoccupazione che restano da troppi anni vicini al 10 per cento, dall’altro la progressiva difficoltà di finanziare i sistemi di sicurezza sociale. L’Unione monetaria europea ha aggravato questi problemi costringendo per anni a politiche di risanamento e di contenimento dei costi della sicurezza sociale che appaiono dettate dall’esterno più che dall’interno. Per questo vasti e crescenti strati popolari preferiscono manifestare con il voto il loro disagio che offrire un mandato di governo a forze politiche che non mostrano di volersi impegnare su questi temi. In fondo l’idea di Europa ha finito per essere associata, negli anni di formazione dell’Unione monetaria, con la restrizione e la perdita delle reti di restrizione sociale ed i partiti che, come in Italia il centrosinistra, hanno fatto le loro campagne elettorali autocelebrando la propria capacità di rispettare i parametri europei hanno perso rovinosamente le elezioni. Non è un caso che il solo partito socialista che sia riuscito finora ad evitare la disfatta sia il partito laburista inglese che si è impegnato con chiarezza sui temi della sicurezza e dell’ordine sociale ma, nello stesso tempo, si è tenuto lontano da un’Europa che si presenta con il volto della restrizione sociale insieme dell’interventismo negli affari interni di ciascun Paese. Per questo motivo anche il rimedio che Barbara Spinelli propone alla sinistra francese è sbagliato. Essa scrive che se Chirac e Jospin avessero capito che si preparava il successo di Le Pen, essi «avrebbero indicato i pericoli enormi che corre la loro patria, se non comincia a pensare l’Europa e non si mette all’avanguardia di un’unione politica». Questa è la strada che ha tentato il centrosinistra in Italia, senza rendersi conto che l’unione politica dell’Europa può essere un fine per una minoranza intellettuale ma non è un fine per le larghe masse di elettori per i quali l’Europa o lo Stato non possono che essere un mezzo per ottenere condizioni di vita più adeguate. Anzi, continuando così, l’Europa sarà sempre più un tema sul quale i governi perderanno sempre più terreno rispetto alle opposizioni. Negli anni nei quali ci si avviava verso l’euro, qualcuno ha fatto osservare che la casa europea doveva essere costruita dalle fondamenta e cioè dall’unione politica – se ve ne erano le condizioni – e che la strada opposta, quella di unire la moneta senza una politica comune, avrebbe creato una condizione difficilissima per i governi dei Paesi membri. Essi infatti restano i referenti dei bisogni e delle insoddisfazioni dei loro cittadini, ma hanno perso ogni possibilità di affrontare quelle insoddisfazioni e di rispondere a quei bisogni. Era chiaro che contro di essi si sarebbe rivolta l’ostilità di tutti coloro i quali sentivano il peso di una condizione difficile: i giovani per la violenza della concorrenza, gli anziani per il venir meno della sicurezza sociale e della stessa loro sicurezza personale. Ed è chiaro che sarà sempre più così se si pretende che l’unione dell’Europa segni il trionfo di un liberismo dottrinario e privo di concretezza politica. In questo senso il successo di Le Pen potrebbe e dovrebbe suonare una sveglia. Ma la sveglia presuppone una consapevolezza della natura non ideologica dei problemi, una capacità di riflettere politicamente in modo maturo della quale la sinistra in Italia, come in Francia, non sembra, fino a oggi, assolutamente capace. Giorgio La Malfa