Gianna Milano Panorama, 25/04/2002, 25 aprile 2002
Un tema di interesse universale: la cacca, Panorama, 25 aprile 2002 Il cibo è essenziale per sopravvivere
Un tema di interesse universale: la cacca, Panorama, 25 aprile 2002 Il cibo è essenziale per sopravvivere. Sminuzzato e digerito, il suo peregrinare nel corpo si conclude con la sua assimilazione e con l’eliminazione delle scorie. Prendere, insomma, significa deporre: così è scandito l’esistere. Liberarsene è un sollievo e non farlo provoca sofferenze: è la prima condizione di salute. Lo dimostra l’interesse che per secoli hanno avuto sia guaritori sia medici in camice bianco per le ceneri dell’organismo, come le ha definite poeticamente qualcuno. Escrementi e civiltà, superata la prima reazione istintiva di ripulsa, si incrociano in modi diversi e imprevedibili nella storia dell’umanità. A questo atto dovuto, di cui si sono occupati con assiduità antropologi, sociologi, psicologi, artisti, scrittori, Stefano Cagliano dedica ora un saggio, L’impronunciabile bisogno (Cortina), in questi giorni in libreria. Con lei, con quella che i bambini chiamano onomatopeicamente ”cacca”, deve fare i conti ogni insediamento umano. «Le vicende fecali hanno segnato le vicende della macrostoria, con il determinare epidemie» scrive l’autore. «Nel Cinquecento, età di grandi capolavori artistici, il naso era bersaglio di un puzzo indescrivibile e in città le condizioni igieniche erano poco meno che pietose, perfino nei palazzi nobiliari». L’allontanamento dei rifiuti dagli occhi, come dal naso, è avvenuto per gradi. Non erano certo gli odori pestilenziali, racconta Carlo Cipolla in Miasmi e umori, a seminare contagio, quanto escrementi e rifiuti in decomposizione all’aperto. Nei momenti più bui della storia il contenuto dei vasi da notte e di seggette di ogni foggia era riversato direttamente in strada. Tra la fine del Seicento e l’inizio del secolo successivo presero avvio i primi abbozzi di un’organizzazione igienico-sanitaria: nelle città era previsto il prelievo mattutino dei vasi da notte, casa per casa. Le grandi innovazioni sono state le fogne coperte, i collettori, il wc e il sifone. L’esigenza della privacy, di un pubblico decoro per questo atto personale nacque, per lo meno in Occidente, verso la seconda metà dell’Ottocento. Ma sino agli anni della Prima guerra mondiale il wc non era ancora«diventato un compagno fisso nelle case». Pare tuttavia che questa sediola, come la chiama Cagliano, nata dal connubio tra ingegneria e medicina, indichi desideri molto antichi. La prima struttura paragonabile all’attuale water con sciacquone sembra risalire al 2000 a.C. e si trova nel palazzo di Cnosso a Creta. Un primo sistema di raccolta strutturata degli escrementi, con una rete di tubazioni, si direbbe ancora più antico. Nelle isole Orkeney, al largo della Scozia, riferiscono gli storici, le acque sporche delle abitazioni erano convogliate in canali di scolo e da lì andavano nei corsi d’acqua. Tra il III e il II secolo a.C., i Romani scoprirono l’utilità della ”matula”, il vaso da notte, che «resterà per ventidue secoli un attrezzo domestico di base». Il primo wc sarebbe stato installato nell’abitazione della regina Elisabetta I, nel 1596: a idearlo fu il figlioccio, John Harrington. Era formato da una latrina, una torre-serbatoio dell’acqua, un rubinetto che faceva affluire l’acqua in un serbatoio più piccolo, e una botola a valvola sul lato che faceva arrivare le acque di scolo in un pozzo; ma le esalazioni erano separate male dall’ambiente soprastante: l’attrezzo non ebbe fortuna. Ci volle oltre un secolo e mezzo perché nel 1775 Alexander Cummings creasse un modello di gabinetto con un dettaglio decisivo, il sifone. Il tubo di scarico deviava subito sotto la tazza, come in quelli moderni, ed era sempre pieno d’acqua, isolando gli odori provenienti dal basso. Il dispositivo fu presentato alla Esposizione universale di Parigi nel 1889. A dotarsene furono prima le case dei ricchi e diventò uno status symbol. Cui si aggiunsero due accessori, la lunetta di legno ribaltabile dei francesi e lo sciacquone dell’inglese Thomas Crapper: un serbatoio di acqua che si svuotava tirando una catena collegata a un sistema di leve. Le varianti non mancano, oggi il design si sbizzarrisce nell’inventare versioni sempre più eleganti e asettiche, i collezionisti esibiscono antichi esemplari. C’è chi ha dedicato all’oggetto persino un museo, come quello in India del dottor Bindes Pathack (i curiosi possono cliccare su: www.sulabhtoiletmuseum.org; www.ticino.com/usr/cessologia/index.htlm). Anche se la parola merda, che il generale Cambronne negò di aver mai pronunciato, viene usata soprattutto in senso spregevole, si registra oggi un grande revival della medicina che la utilizza a scopo curativo. Racconta Cagliano che il medico tedesco Christian Franz Paullini era un appassionato di questa pratica e nel 1696 scrisse un volume di farmacopea sterco-escrementale di 720 pagine: Dreck Apotheke. Pare, comunque, che prima del Seicento la medicina ufficiale inserisse escrementi umani e animali nei suoi rimedi. L’acqua di mille fiori era fabbricata a partire dallo sterco di vacca raccolto nel mese di maggio, distillato nell’acqua, con poteri curativi per infiammazioni, reumatismi, idropisia ed emcrania. Anche Plinio riconosceva, si deduce dai suoi scritti, poteri curativi a sterco di cammello, capra, volpe, gallina, asino, coccodrillo, cavallo, avvoltoio, cicogna, toro, colombo, elefante. Fino all’Ottocento la medicina popolare europea usava escrementi: si racconta che sulla guancia gonfia per il mal di denti si applicasse in Gran Bretagna un impacco «fresco e fumante» di sterco di vacca e di esseri umani. La cacca di tigre, riferisce il volume Cacas, pare sia un antidoto contro l’alcolismo: basta sciogliere una piccola dose di escrementi in polvere e farla bere a chi è alcolizzato. Oggi è di gran moda la idrocolonterapia, memore di enteroclismi e lavaggi intestinali cui Molière dedica nel Malato immaginario la sua ironica attenzione. Rilanciato da qualche fanatico new age, il lavaggio del colon si ispira all’ ”Innenbad” di inizio Novecento del dottor Brosch e si basa sul principio che molti disturbi siano da collegare al cattivo funzionamento dell’intestino. La ”terapia” prevede un ciclo di lavaggi del colon meno traumatizzanti di un tempo. L’idea è che pulendo il colon, in cui si depositano le scorie, si interrompano i meccanismi responsabili della intossicazione e si ripristini una flora batterica eubiotica. Un nuovo business, da aggiungere a quello dei famosi lassativi: nel 2000 gli italiani ne hanno acquistate 28 milioni di confezioni per oltre 115 milioni di euro. Per il disagio lo stitico ricorre a tutto e «non esiste menù terapeutico più rifornito» ironizza Cagliano. Un’ossessione, quella per il funzionamento dell’intestino, con radici antiche. Già ai tempi di Erodoto, storico greco del IV secolo a.C., i rimedi antistipsi erano numerosi: piante, erbe, cibi particolari, ma anche digiuni ed enteroclismi. In realtà, causa di questo disturbo sarebbe, secondo le teorie moderne, una specie di nevrosi collettiva. Edward Shorter in Psicosomatica ricorda che spesso i problemi intestinali sono di natura mentale. Gianna Milano