Alessandra Retico la Repubblica, 25/04/2002, 25 aprile 2002
In crociera per evadere il fisco, la Repubblica, giovedì 25 aprile 2002 Fluttuano, scivolano, rimangono sempre a galla
In crociera per evadere il fisco, la Repubblica, giovedì 25 aprile 2002 Fluttuano, scivolano, rimangono sempre a galla. I nuovi paradisi fiscali non cercateli a Monaco, né nel Liechtenstein o in Liberia. L’ultima black list dell’Ocse li ha dati quasi per spacciati, contandone appena 7 sui 35 che figuravano appena un anno e mezzo fa. Eppure i paradisi esentasse resistono: il problema è rintracciarli e capirli, perché hanno cambiato indirizzo e volto. Per sfuggire al pressing internazionale sulla trasparenza bancaria, rinvigorito dopo l’11 settembre dalla lotta ai finanziatori del terrorismo, il paradiso senza imposte ne ha inventata una più del diavolo: ha lasciato la terra, per trasferirsi in alto mare. A bordo di una nave. Di quelle tipo crociera extralusso, intrattenimento anestetizzante modello Las Vegas, emorragie di ricchezza e cattivo gusto. Ma ciò che seduce i miliardari in cerca di ”evasioni” è poter trasferire a bordo residenza, anagrafe, affari, ufficio, casa e famiglia con onori e senza oneri. Colonie oceaniche dove il viaggio, spesso di un anno ma ci sono anche progetti per una vita intera, si trasforma in una vacanza permanente dal fisco. Una lettura non così maliziosa a giudicare dai nomi di battesimo di questi paradisi fiscali galleggianti: ”The World” e, soprattutto, ”The Freedom Ship”. La prima: salpata il 7 marzo da Oslo sotto bandiera delle Bahamas, farà il giro del mondo in un anno (molti gli scali in Italia da Venezia a Taormina passando per Portofino). Di una società norvegese, la ResidenSea dell’armatore miliardario Knut Closter, ha una struttura simile a quella di un condominio popolare coi suoi 110 appartamenti per 250 persone. Popolare tranne che per i costi di acquisto delle ”case”, salatissimi, dai 3,5 ai 9,3 milioni di euro. Nella struttura transatlantica, tutto quello che si può trovare a terra: dal ristorante alla chiesa, dalla palestra al teatro e il cinema, dal casinò alla biblioteca, tanti negozi e una pista d’atterraggio per elicotteri. Un gigantismo superato dal titanismo di ”The Freedom Ship”: dirlo transatlantico è ignorare le proporzioni del fenomeno perché la ”nave della libertà” (ancora sulla carta millimetrata, pronta forse per il 2004-6) è infatti una vera e propria città galleggiante, la prima al mondo. Lo è per dimensioni corporee: lunga un chilometro e mezzo per 3 milioni di tonnellate di peso, è come sei tra le più grandi navi al mondo (compreso il Titanic e la Queen Mary) messe insieme, 50 mila i cittadini residenti, 15 mila i dipendenti, 20 mila i turisti che può ospitare al giorno, shopping mall, casinò, centri sportivi e dell’entertainment in stile hollywoodiano. Il costo, 9 miliardi di dollari. Compirebbe il suo viaggio intorno al mondo in due anni, ma chi ci abita in teoria potrà finirci anche i suoi giorni. Ma Freedom Ship è una città soprattutto perché ha sue regole e leggi, polizia (Fbi) e governo che è presieduto da un premier-monarca con diritto di veto - anche se il modello federale è avanzatissimo, i 25 ponti hanno governi autonomi - sue carceri, scuole e ospedali, un sistema di trasporti con tanto di bus, ferrovie e aeroporti. Manca solo l’Ufficio delle imposte eppure, come si augura il suo inventore, un ingegnere dell’Arkansas, Norman Nixon, «qui la gente potrà crescere ed educare i propri figli». L’ambizione non è l’Utopia, «la missione non mistica» e se Freedom Ship stupisce è semplicemente perché, come suggerisce il vicepresidente del marketing Roger Coach, «niente di simile è mai stato realizzato». Una comunità atlantica ispirata alla correctness ecologica (materiali di costruzione e d’uso riciclabili) e sociale: non una società elitaria ma un luogo dove nazionalità e culture diverse convergono negli stili architettonici diversi, nelle biblioteche e scuole multiculturali. Difficile credere al melting pot patrimoniale perché comprare una delle 20 mila case di Freedom Ship costa dagli 80 mila dollari base ai 40 milioni delle suite vista oceano. Capitali investiti bene se la promessa è un’esistenza duty free. Alessandra Retico