Maurizio Molinari La Stampa, 30/04/2002, 30 aprile 2002
Adesso Saddam crede di essere Churchill, La Stampa, martedì 30 aprile 2002 In tv guarda Il Padrino, fra gli autori divora Hemingway, ha commissionato un film sulla sua vita al regista di ”James Bond” e un tatuaggio sulla mano destra cela il segreto della violenza con cui annienta gli avversari e opprime la sua gente
Adesso Saddam crede di essere Churchill, La Stampa, martedì 30 aprile 2002 In tv guarda Il Padrino, fra gli autori divora Hemingway, ha commissionato un film sulla sua vita al regista di ”James Bond” e un tatuaggio sulla mano destra cela il segreto della violenza con cui annienta gli avversari e opprime la sua gente. questo il ritratto privato di Saddam Hussein, raíss di Baghdad e ”Grande Zio” di tutti gli iracheni, che l’autore di Black Hawk Down, Mark Bowden, ha consegnato alle pagine dell’ultimo numero di ”Atlantic Monthly” mettendo assieme come tanti tasselli di un mosaico le testimonianze di chi negli ultimi trent’anni ha vissuto fianco a fianco dello spietato dittatore che l’America di George Bush vuole a tutti i costi spodestare. La passione per tv, libri e film è quella di un raíss che ha assunto a mito - ufficioso perché poco arabo - nientemeno che l’ultimo premier dell’Impero britannico, Winston Churchill. Se Rudolph Giuliani dopo l’11 settembre invitava i newyorkesi a prendere esempio dalla tenacia di Churchill nel resistere a Hitler, Saddam gli invidia la capacità di essere stato al contempo grande guerriero e letterato, riuscendo a trasmettere con i suoi scritti le proprie gesta alle nuove generazioni. L’imperativo di Saddam è sopravvivere, oggi ai nemici e nei prossimi secoli alla morte. Affascinato dalla violenza del clan dei Corleone e dalla tenacia del protagonista de Il vecchio e il mare, Saddam ha affidato le sue gesta a una biografia in 19 volumi e due libri anonimi. Ma il risultato ottenuto non lo soddisfa e sta lavorado ad un terzo libro - che forse firmerà - e a un film d’azione sulla sua vita, lungo sei ore, intitolato I lunghi giorni ed affidato a Terence Young, noto per aver diretto tre film di James Bond. Per quanto riguarda l’attualità Saddam è vorace di notizie. Cnn, Sky News, Bbc e Al Jazira sono il piatto quotidiano tanto quanto il pesce - che preferisce alla carne - soprattutto quando si tratta di aragoste o calamari giganti. L’acqua nel deserto è ricchezza e il raíss dimostra il proprio potere nuotando ogni mattina in gigantesche piscine - ce n’è una in ognuno dei venti Palazzi presidenziali -, disseminando stanze e atrii di fontane nonchè cibandosi di pesce che, al di là del Bosforo, significa essere baciati dalla fortuna. Il tutto annaffiato da Mateus rosè, il vino preferito consumato solo assieme ai familiari più fidati e ai collaboratori più stretti affinchè non trapeli la violazione del Corano. In ogni palazzo ogni giorno vengono preparati tre pranzi ed è il raíss a scegliere all’ultimo momento dove mangiare. La sicurezza è un incubo, il timore di cadere vittima di un complotto lo assedia soprattutto quando dorme. Il risultato è l’insonnia e il cedimento a improvvisati sonnellini che obbligano a lunghe pause summit politici e militari. La scrivania è un esempio di ordine e pulizia ma i rapporti che gli consegnano raramente raccontano la verità sull’Iraq. Negli incontri di lavoro, finita l’agenda Saddam ama raccontare storie che riguardano sempre se stesso e le sue gesta, vere o presunte. Fra le più inflazionate c’è questa: durante la guerra Iran-Iraq, mentre visitava le prime linee venne «scavalcato» da un’offensiva nemica e rimase nascosto «pistola in mano» nella postazione fino a quando gli iracheni non la riconquistarono. Sopravvissuto a golpe e guerre da quando nel 1969 arrivò al potere, Saddam ritiene che il segreto del suo destino scorra nelle vene e si sta facendo analizzare il sangue per avere la prova scientifica della discendenza diretta da Fatima, figlia del profeta Maometto. Chi gli è stato vicino ritiene invece che è sopravvissuto grazie a un uso sistematico e massiccio delle forme di violenza più feroci ed esasperate contro chiunque egli ha di volta in volta identificato come il nemico. L’assenza di scrupoli nei confronti del prossimo è tradita da tre puntini neroblu tatuati sulla mano destra, segno di riconoscimento del clan degli Al Khatab, noto per essere composto da ”violenti e intelligenti” nel villaggio natìo di Al Awja, vicino a Tikrit. Durante i primi anni di potere Saddam nascondeva il tatuaggio per celare le umili origini contadine, ma poi decise di mostrarlo senza remore, per incutere terrore. Autoesaltazione, passione per la guerra e romanzi in eccesso lo hanno però portato a commettere gravi errori di valutazione, come quello di invadere il Kuwait nel 1990. Neanche l’inizio dell’offensiva alleata lo convinse della sconfitta perché riteneva di avere un piano vincente in serbo: rapire migliaia di soldati americani e disseminarli in tutto il Paese per bloccare gli attacchi aerei e poi attaccare l’Arabia Saudita per obbligare le truppe di terra americane a rinunciare a liberare il Kuwait. Strategia affascinante, come un racconto delle Mille e una Notte, ma che poco aveva a che vedere con la realtà. L’incapacità di distinguere fra verità e illusione è il vero punto debole dei raíss. Maurizio Molinari