Paolo Di Stefano Corriere della Sera, 21/05/2002, 21 maggio 2002
Un appalto nasconde il mare di Mondello, Corriere della Sera, martedì 21 maggio 2002 Mondello (Palermo)
Un appalto nasconde il mare di Mondello, Corriere della Sera, martedì 21 maggio 2002 Mondello (Palermo). Un pasticcio che si può anche nobilitare con il richiamo a ”The Truman Show”, come fa l’ingegner Angelo Agnello. La rete metallica che chiude la spiaggia di Mondello per circa due chilometri gli ricorda ”l’involucro-gabbia” di Jim Carrey. Quella gabbia verde alta un metro e mezzo (che qui tutti chiamano ”la cancellata”), innalzata all’inizio degli anni ’60, è diventata un casus belli che agita Palermo dal giorno in cui Agnello, per la prima volta, ha potuto vedere l’azzurro libero del mare grazie a un pannello arrugginito venuto meno. Agnello, quel giorno, si è posto una domanda semplicissima: ma perché siamo condannati a non vedere il mare? Per una assurda questione di appalti, che dura da molti molti anni. La spiaggia di Mondello, che d’estate viene occupata da un muro di «capanne» (una «baraccopoli», dicono i mondellani), gestite da una famiglia di impresari palermitani, è inaccessibile anche d’inverno se non attraverso due o tre varchi. Il tutto, per una secolare concessione capestro rinnovata senza asta pubblica nel 1992 per altri vent’anni. In virtù della quale la Mondello S. A. (ex Italo-Belga), assicura la manutenzione dei ventimila metri quadrati concessi, oltre ai quasi cinquemila di «specchio acqueo», con facoltà di sfruttare a piacimento l’intera superficie. In cambio, la stessa società versa all’Amministrazione marittima una cifra che non raggiunge i diecimila euro annui (venti milioni di lire circa). Se si pensa che l’affitto stagionale di ogni ”capanna” si aggira attorno ai 1.000-1.500 euro e che le ”capanne” sono oltre 1.500, si potrà facilmente calcolare il guadagno per i gestori. Si capiscono dunque le resistenze di chi si oppone all’abbattimento della recinzione ormai più famosa d’Italia. Già, si dirà, ma ciò non impedirebbe di asportarla almeno durante l’inverno. Qui però entrano in gioco questioni di psicologia del possesso che hanno a che fare con qualcosa di atavico. «Quella concessione», dice il fratello maggiore di Angelo, Riccardo Agnello, commerciante cinquantenne e presidente dell’associazione ”Salvare Palermo”, «sembra una cosa fatta in famiglia». Solo i vecchi, a Mondello, hanno avuto la fortuna di vedere il loro mare e la loro spiaggia senza lo schermo del reticolato. « come se quella rete facesse parte ormai del nostro immaginario», dice Angelo. Per capire il pasticcio della ”cancellata” bisogna risalire alla fine dell’Ottocento, quando fu deciso di «infrenare la malsania di Mondello», da sempre pantano abbandonato, destinato a diventare, secondo le gazzette del tempo,«meraviglioso lembo di paradiso». Dopo varie vicissitudini, il Comune di Palermo nel dicembre 1910 concesse a una società belga, Les Tramways de Palerme, la possibilità di utilizzare liberamente i beni demaniali con piena libertà di lottizzazione. Lo racconta Riccardo Agnello, nel libro Album Mondello. Ne venne fuori una cittadella tra il liberty e il moresco, con un elegante stabilimento balneare e una serie di sobri villini affacciati sul viale alberato. Inoltre, una linea tranviaria, una centrale elettrica, un canale a ferro di cavallo utile anche per la navigazione. Negli anni Venti, un campo da golf, i festival, i caffè, le gimkane avrebbero richiamato la ricca mondanità internazionale. Un sogno remoto, se confrontato con la squallida realtà di oggi. Solo la gestione non è cambiata: la vecchia società di Bruxelles si chiama Italo-Belga (o S. A. Mondello), avendo acquisito negli anni soci italiani (la famiglia Castellucci), ormai rimasti gli unici proprietari. L’appalto sembra diventato eterno e a Mondello non si muove foglia che Castellucci non voglia. Così, la ”cancellata” rimane dov’è. La pressione dell’opinione pubblica ha ottenuto, finora, un solo grottesco risultato: l’eliminazione degli spuntoni dalla cima della rete. «Ma noi», dice Angelo Agnello, «vorremmo che la questione della cancellata fosse il grimaldello per eliminare anche le capanne, che ormai per le famiglie di Palermo sono diventate una specie di seconda casa». In realtà Angelo ha un progetto «globale» per pedonalizzare la zona del lungomare e per restituire dignità a quel «paradiso naturale». Per il momento, però, si limita a sottoporre al sindaco di Palermo, Diego Cammarata, le oltre 1.700 firme di chi chiede di abbattere «questo limite che è anche una barriera mentale». La consegna avviene una domenica sera, durante una festa in un antico palazzo di Palermo, La Calesa, di fronte al mare. C’è tutta la Palermo che conta, politici del governo comunale e dell’opposizione vagolanti, saltellanti, scatenati. Dal caos di musiche, di corpi, di luci, di fumo, emerge il sindaco, blue jeans e pullover azzurro, sorridente. Angelo gli sottopone la lista, il sindaco assicura urlando: «Quella cancellata è uno scandalo, la rimuoveremo dopo la stagione balneare». Elenca i «danni» di Orlando, sorride e sparisce nella folla. Questo è un pasticcio in cui hanno le mani la Capitaneria di Porto, la Sovrintendenza regionale, il Genio Civile, l’Intendenza di Finanza, l’Azienda Autonoma provinciale per il Turismo, la Circoscrizione Doganale, l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente, oltre al Comune. Dal «mucchio selvaggio» della dancing music esce l’assessore alla Cultura, al Turismo e allo Sport, il trentenne vicesindaco Bartolo Sammartino, vestito scuro, camicia bianca. Urla che c’è un «progetto pilota a gestione privatistica per le spiagge», parla di «sponsor e pubblicità», dice che «quella cancellata è un obbrobrio, da abolire e basta, o forse da sostituire con un vetro trasparente antigraffio, illuminato in modo creativo». E l’ingegner Castellucci, che pare non voglia saperne? «Si è allarmato ma ha dato la sua disponibilità a soluzioni alternative, è un interlocutore amico e non possiamo distruggerlo dall’oggi al domani». Inutile chiedere un appuntamento con l’ingegnere: il suo ufficio risponderà con gentilezza tre, quattro, cinque volte che «al momento non c’è, la farò richiamare». Il giorno dopo, la Giunta comunale si trova a Villa Niscemi, nel cuore della Favorita, tra arazzi, cassettoni dipinti con fregi floreali, finti marmi, fattorini in livrea nera. In nero stavolta è anche il sindaco con i suoi assessori, ma non ha perso il sorriso, la voglia di fare battute e di dare pacche sulle spalle. Seduti sui divani eleganti di una saletta laterale, gli assessori Ceraulo e Terranova, il vicesindaco e il sindaco tengono a ribadire, all’unisono, che la cancellata «scomparirà per sempre con la fine della stagione estiva», che «arriveremo a una forma di delimitazione compatibile con la funzione del mare e con l’impatto ambientale». E baraccopoli? «Non è di nostra competenza intervenire sulle capanne». E le palme sulla piazza, che portano sul tronco le targhe con la scritta ”Proprietà Privata Mondello S. A.”? «Ah, sì?», si stupisce il sindaco, «questo non è ammissibile...». Totò, muratore in pensione di 73 anni, cammina sul lungomare reggendo la sua vecchia bicicletta. Ricorda quando non c’era nessun muro di ”capanne” che impedisse di respirare l’aria del mare: «Hanno tolto le barriere in Europa, ma questa cancellata rimane. Qui chi ci ha i soldi è padrone, conta solo il bisnìs, i governanti chiudono un occhio e tutto va bene». Paolo Di Stefano