Gian Antonio Stella Corriere della Sera, 22/05/2002, 22 maggio 2002
Il rabdomante di Racalmuto, Corriere della Sera, mercoledì 22 maggio 2002 Racalmuto (Agrigento). Dopo 13 giorni di sete, sia lodata la Bedda Madri, nel paese di Leonardo Sciascia oggi arriva l’acqua
Il rabdomante di Racalmuto, Corriere della Sera, mercoledì 22 maggio 2002 Racalmuto (Agrigento). Dopo 13 giorni di sete, sia lodata la Bedda Madri, nel paese di Leonardo Sciascia oggi arriva l’acqua. L’ultima volta era capitato il 9 maggio, San Pacomio. Da allora, zero. Manco una goccia. Senza che la gente potesse nemmeno più consolarsi col buonumore che scatenava Vincenzo Lo Giudice detto ”Mangialasagna”. Che quando era commissario all’emergenza idrica, qualche anno e qualche emergenza fa, piombava nei paesi promettendo ironico: «Vi dugno l’acqua!». Dopo di che, la panza che gli ballonzolava per lo spasso, estraeva uno strano bastone che gli aveva regalato un indio da qualche parte delle Americhe e declamava: «Acqua, acqua! Dove sei?». E il bastone, giura chi l’ha visto, «suonava davvero come il gorgoglio di un ruscello». Anche le fontane di Racalmuto, a dire il vero, gorgogliano buttando acqua e acqua e acqua. Anche in questi giorni di siccità biblica. E ogni fonte, ogni pozzo abusivo, ogni auto-botte che resta attaccata per ore alle bocche delle pubbliche risorgive per ciucciare la «potabile» da vendere in giro per i borghi a 6 euro mille litri, ogni albero stracarico di nespole dicono che qui la terra è generosa d’acqua. Come a Favara, dove i rubinetti sono avari quanto nel Mali ma il nome arabo del paese recita: «città sull’acqua». A farla corta: l’acqua abbonda, solo che nessuna la cerca sotto e quella che scende dalle montagne non arriva nelle case per colpa degli uomini. Dicono le statistiche che l’acqua perduta lungo le tubazioni disastrate, in Italia, è tra il 29 e il 31 per cento di quella immessa. Qui va ancora peggio. Va da sé che, davanti a un tale disastro, ti aspetteresti una campagna elettorale incandescente. Centrata tutta sulla sciatteria amministrativa e sugli scaricabarile e sul delirio dei 400 enti addetti al rifornimento idrico nell’isola e sulla catastrofe dell’Eas, il carrozzone regionale degli acquedotti che, sciolto per legge ma ancora boccheggiante, meriterebbe la battuta che Gaetano Salvemini dedicò all’Acquedotto Pugliese: «Ha dato più da mangiare che da bere». Macché: niente. Spiega Vincenzo Milioto, un cardiologo deputato coi socialisti di Gianni De Michelis e oggi in corsa solitaria [...] per fare il sindaco contro la sinistra ma anche contro il Polo, che «l’acqua è un tema che dopo tanti anni di crisi non è poi determinante». Insomma: non sposta voti. E non si indigna la sinistra e non si rivolta la destra e non starnazza invelenito il centro. Dice Diego Sberna, il forzista uguale a Groucho Marx che corre forte delle amicizie coltivate come responsabile dell’Ufficio Collocamento (in un paese dove i disoccupati o sottoccupati sono 2.700 sui 7.000 della popolazione attiva) che «la gente si è attrezzata». Guido, il padrone del bar ”Oasi”, ieri mattina si è alzato alle quattro meno un quarto, si è messo al volante del furgone sul quale ha caricato un enorme recipiente da 5000 litri ed è andato alla fontana della contrada Cometa: «La notte puoi attaccarti due ore senza che nessuno dica niente. Poi torno e travaso l’acqua nella cisterna del bar. Lo faccio cinque o sei volte al mese. Sennò dovrei chiudere». Non c’è villino, cascina, appartamento che non abbia una cisterna e una pompa. Il guaio, sospira Stefano Infantino, un lavoratore socialmente utile che passa le giornate nel polveroso ufficio dell’Eas a spiegare a chi chiama e ai passanti quali sono i turni dei rifornimenti, «è che quando finalmente i rubinetti sono aperti la gente resta su la notte per riempire tutti i contenitori che ha in casa. Col risultato che l’accaparramento svuota immediatamente l’acquedotto e siamo punto a capo». Totò Petrotto, il sindaco dipietrista che lascia dopo otto anni, alcuni viavai nella sinistra e gesti spettacolari come la decisione provocatoria di far buttare vino («la sera tutto il paese era ubriaco») da una fontana secca, dice di aver fatto i conti: «Dalla sola Racalmuto l’Eas ha ricevuto in media un miliardo e trecento milioni di lire l’anno. Tolti 120 milioni per gli stipendi, 60 per lavori che proprio non potevano esser evitati e qualche spesa, il suo guadagno netto è stato di un miliardo. Una cifra che pesa enormemente su un piccolo comune come il nostro, il cui bilancio se ne va in larga parte per stipendiare 105 dipendenti fissi, 143 precari e una trentina di Lsu. E tutto senza che l’Eas rispettasse il contratto. Cioè senza darci l’acqua». A Canicattì c’è chi si è ribellato, ha smesso di pagare e ha trovato un magistrato che gli ha dato ragione scatenando un diluvio di migliaia di ricorsi: se il servizio fa schifo non è un reato rifiutarsi di pagare. Ma da qui a scendere in piazza... ’Gino” Restivo, il candidato della sinistra, per una volta compatta (compresa una lista tamariana: ”Va dove ti porta il cuore”) è uno ”Sciascia boy”, cresciuto nel mito dello scrittore [...] scuote la testa: «Siamo senza acqua da 13 giorni: le pare possibile che alla manifestazione di Agrigento non ce ne fosse uno, dico uno, di qui?». Spiega che sì, c’è qualcosa che non va in questa apatia così poco sciasciana e nel contemporaneo levarsi di tante voci per fare di Racalmuto, che oltre alla omonima fondazione ha voluto una statua dello scrittore che passeggia a grandezza naturale su un marciapiede, ”il paese di Sciascia”. Ma che no, non vede il rischio di «cristallizzare Sciascia facendone un’icona buona per i turisti ma svuotata della sua carica di impegno civile e di resistenza alla mafia». Mafia, mafia... Diego Sberna non è poi così angosciato all’idea di averci a che fare come sindaco: «Mi pare che sia un elemento che va scomparendo...». Di più, spiega Ignazio Scimè, che in caso di vittoria del Polo farà l’assessore: «Qui a Racalmuto non c’è una cultura mafiosa. Piuttosto la gente comincia ad essere preoccupata da altre cose... Per dire: hanno preso un marocchino, che girava per le case...». Gian Antonio Stella