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 2006  marzo 13 Lunedì calendario

Il chierichetto a cui piacciono i bambini. APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 13 MARZO 2006. Secondo quello che hanno raccontato il padre Paolo Onofri, la madre Paola Pellinghelli e il fratellino maggiore Sebastiano di 8 anni, il sequestro di Tommaso Onofri, bambino di 17 mesi, è avvenuto così: giovedì 2 marzo, verso le otto di sera, in un cascinale di Casalbaronco, provincia di Parma, Bassa emiliana, manca a un tratto la luce

Il chierichetto a cui piacciono i bambini. APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 13 MARZO 2006. Secondo quello che hanno raccontato il padre Paolo Onofri, la madre Paola Pellinghelli e il fratellino maggiore Sebastiano di 8 anni, il sequestro di Tommaso Onofri, bambino di 17 mesi, è avvenuto così: giovedì 2 marzo, verso le otto di sera, in un cascinale di Casalbaronco, provincia di Parma, Bassa emiliana, manca a un tratto la luce. Il padre va fuori a vedere, due banditi mascherati (uno col casco, l’altro col cappuccio) lo bloccano, lo fanno rientrare in casa, accettano l’offerta di 150 euro, ma non si accontenanto. Legano col nastro adesivo Paolo, Paola e Sebastiano, poi uno dei due grida all’altro: «Prendi il bambino, prendi il bambino». L’altro, quello col casco, forse una donna (secondo quanto dice la madre), prende il bambino. I due se ne vanno. Non hanno tagliato i fili del telefono, non hanno sequestrato i cellulari. Una grave imprudenza, perché intorno al casolare è un dedalo di stradine e sarebbe abbastanza semplice bloccarli. Ma il padre, quando si libera del nastro adesivo, non telefona a nessuno, esce di casa e va a cercare Tommaso per le campagne intorno. Tornerà alle 3 di notte. Mentre sta fuori, parla di continuo al cellulare. Qualcuno sostiene che in auto con lui c’era una donna bionda. Tommaso è un bambino epilettico che ha bisogno di prendere regolarmente un medicinale che si chiama Tegretol. Su questo particolare si concentra per molti giorni l’attenzione dell’opinione pubblica. Sebastiano Onofri, di anni 8, figlio maggiore di Paolo Onofri e di sua moglie Paola, che ha sùbito raccontato per filo e per segno agli investigatori il sequestro di Tommaso, è stato interrogato altre tre volte, e ogni volta per molte ore, tra il 6 e il 9 marzo [2]. Il Ris ha preteso di esaminare i suoi abiti, che sono stati consegnati dagli zii [4]. «Ancora ieri Paolo Onofri portava al collo una piccola croce di legno, il Tau francescano che indica la salvezza e l’amore di Dio per gli uomini», tirata fuori per l’occasione, messa al collo nella speranza che Dio gli dia la forza [4]. A partire dall’estate del 1978, Paolo Onofri divenne chierichetto nella chiesa di Massa Tiscaglia. A quel tempo aveva 18 anni [4]. A Massa Tiscaglia (tremila abitanti, a 30 chilometri da Ferrara) dicono che Paolo Onofri ha il carattere di suo padre Dario, 88 anni, vedovo. Gente religiosa e riservata [...]. «Dario e la moglie Nemea lavoravano alle Poste, Paolo è diventato figlio d’arte cominciando dal basso, sia la sua ex moglie Francesca che Paola lavorano alle Poste»[4]. «Paolo qualcosa ha fatto. Paolo non ha detto tutto. Se Tommaso è stato rapito, la chiave è Paolo, non ci può essere nessun altro. Non so che cosa, non immagino nulla, eppure qualcosa ci deve essere» (Franco Pellinghelli, cognato di Paolo, fratello di sua moglie Paola) [8]. «Tutto sembra ruotare intorno al passato di quest’uomo» [7] «Il piccolo non può essere trovato se non si farà luce sul passato, ma sarà vero ciò che non è vero, non sarà falso quello che sarà falso» (frase sibillina giunta al sito e al blog che raccoglie adesioni per la liberazione di Tommaso) [10]. Dario Onofri, padre di Paolo, 88 anni, pensionato: «Della sua vita privata non so nulla anche perché da 26 anni vive in un’altra città. è rimasto in paese fino ai 20 anni ed è sempre stato un bravo ragazzo, obbediente e religioso. Alla messa faceva le letture. Tutti in famiglia siamo di chiesa» [14]. Carriera di Paolo Onofri: «Prima dirige un piccolo ufficio a Santa Maria del Piano; nel 1998 diventa addetto commerciale. Una parentesi sindacale come segretario Cisl, poi il gran balzo verso la direzione di via Pastrengo: 28 dipendenti e meno di duemila euro al mese» [5]. La moglie Paola «nel suo diario parla di solitudine, di estrema difficoltà nei rapporti, di conflitti tra loro due, di una serie di problemi familiari all’apparenza non risolti» [11]. «Paola, sua moglie. è tutta nera, la faccia, i capelli, il cappotto, gli occhiali. La descrivono come una donna succube del marito, forse vittima di violenze domestiche come la prima moglie di Onofri, che se ne andò dopo pochi anni di matrimonio lasciando alle cure del marito il figlioletto adottato insieme, lasciandosi alle spalle molte chiacchiere di paese su presunti maltrattamenti. Ora Francesca, l’ex signora Onofri, vive a 60 chilometri di distanza, in un appartamento senza nomi sul campanello, e si sente ancora parte della famiglia, dice proprio così se la si va a cercare ”faccio parte della famiglia” e al citofono grida la sua rabbia: ”Lasciatemi stare, non dico nulla, smettetela di cercarmi”» [13]. La Procura ha assunto come psicologo Nicola Piccinini, che si occupò a suo tempo del caso Carretta (Ferdinando Carretta, 17 anni fa, sempre a Parma, massacrò i genitori e il fratellino). Piccinini sta vicino sia al bambino Sebastiano che a suo padre Paolo [2]. La Procura ha sequestrato nell’ufficio di Paolo Onofri in via Montebello a Parma il volume La fisica dell’anima di Fabio Marchesi, nel quale si spiega «come raffreddare le menti inutilmente calde e scongelare i cuori grossolonamente freddi» [1]. Gli inquirenti hanno ordinato alla famiglia di non parlare per nessun motivo con i giornalisti. Il nastro adesivo con cui gli Onofri sarebbero stati immobilizzati è del tipo normale per imballaggi, 50 millimetri di larghezza, rotoli da 60 metri. è quello che si trova nell’ufficio postale di via Montebello. Paolo Onofri ce l’aveva in casa. Risulta tagliato con i denti. Risulta anche che Paolo Onofri sarebbe stato legato con le mani davanti invece che dietro. Le uniche impronte finora leggibili appartengono a Paolo Onofri. I sequestratori avrebbero potuto indossare i guanti, però la parte di nastro, quella che si incolla, dovrebbe riportare i caratteristici segni di alterazione, striature o strappi. Responso definitivo mercoledì 13 marzo, dopo l’esame del Ris [3]. Mercoledì 8 marzo i magistrati hanno improvvisamente mostrato a Paolo Onofri, alla presenza di sua moglie, certi file trovati nel suo pc. Paolo Onofri sarebbe rimasto impassibile [2]. «Ieri notte quasi un colpo di scena: la polizia ha scoperto un garage, in via Jacchia, nella periferia di Parma, affittato da Onofri in tempi recenti e scoperto solo in questi giorni. Gli inquirenti hanno circondato la zona, aperto le serrande e l’hanno svuotato. All’interno c’era molto materiale: documenti, computer, altro ancora. Tutto sotto sequestro. Il garage è stato sigillato» [6]. «Il giardino segreto di Paolo Onofri è un magazzino lungo e stretto, ai piedi di un palazzo a tre piani dalle facciate color senape. Lo aveva acquistato nel 2002, un saldo della Cisl che chiudeva la sua sede. Non lo sapeva nessuno, neppure sua moglie Paola. Via Jacchia, quartiere Montanara, settima circoscrizione di Parma, periferia più che decorosa e meno di un chilometro dall’ufficio postale diretto dal papà di Tommaso» [9]. «Lo sgabuzzino era diventato un salotto senza finestre, appena due fessure che si affacciano sulla rampa del garage. Appeso alla parete c’è il diploma dell’Herbalite world team, accanto il gagliardetto della finale di Coppa delle Coppe vinta dal Parma a Wembley. Sopra ad un bancone di legno sono appoggiati dei raccoglitori, sul muro di fronte c’è una libreria con l’enciclopedia del Personal computer, un paio di vocabolari, testi new age. Le poltrone sono vecchie ma eleganti, c’è anche un tappeto, la luce arriva da una lampada di vetro soffiato. C’era anche un computer seminuovo nel mezzo della stanzetta. Lo hanno preso tre giorni fa i poliziotti. Dentro c’erano 391 fotografie, 92 file e decine di filmati scaricati da Internet. Roba pesante, da vomito. Pedofilia spinta, con bimbi violentati, giovanissime orientali incitate ad accarezzarsi tra loro, infanzia costretta a pose oscene da pornostar» [9]. Dopo la scoperta del computer contenente materiale pedo-pornografico, Paolo Onofri è stato iscritto nel registro degli indagati «Paolo Onofri, dunque, gli occhi sempre più stretti, l’espressione sempre più stanca, le tasche del cappotto gonfie di pacchetti di Camel, e una serie di comportamenti strani che adesso vengono davvero paragonati a quelli che terrebbe un uomo comune nella sua situazione. La sera dopo il sequestro, con la moglie e i figli stravolti dall’angoscia, l’uomo comune tornerebbe a casa alle tre di notte, dopo aver girovagato per la campagne guidando e parlando al cellulare per ore, ripetendo il copione la sera seguente? Adesso, dopo questa scoperta è difficile non ripensare a quella frase pronunciata sabato mattina nell’aia della casa di Casalbaroncolo. ”Perché hanno rapito mio figlio? Ma l’avete visto? così bello. biondo, riccio, non può passare inosservato. L’hanno preso perché è il bambino più bello”» [9]. «Gli articoli 600 ter e quater del Codice di Procedura Penale dicono che chi scarica dal computer immagini o filmati è punibile da 1 a 3 anni, mentre se li invia a qualcuno, sempre attraverso il computer, la pena sale fino a 5 anni» [11]. «Veniva sempre da solo. L’auto la parcheggiava fuori. Non salutava nemmeno, entrava e si chiudeva a chiave dentro. ”In genere verso le 17 o le 18”, racconta un pensionato. Silenzioso, quasi scostante, ”sempre vestito di scuro”. Ma, come in tutti questi anni, neanche una parola? ”Mai”» [12]. «I carabinieri stanno cercando qualcosa di specifico nei dintorni della casa. Un oggetto di piccole dimensioni, che potrebbe essere stato nascosto nella legnaia o in un cumulo di detriti» [6]. I carabinieri hanno cercato qualcosa di preciso nella legnaia, nel forno e in ogni anfratto della cascina di Casalbaronco, dove la famiglia Onofri abitava e dove sarebbe avvenuto il sequestro [2]. «Paolo Onofri ha prestato 190 mila euro alla sorella, che glieli va restituendo a poco a poco» [7]. «Paolo Onofri è entrato in locali di lap dance e in quegli ambienti può aver conosciuto personaggi strani, legati alla malavita» [7]. Paolo Onofri potrebbe aver preso soldi dai libretti postali dei detenuti. I detenuti, attraverso le loro conoscenze esterne, si sarebbero vendicati commissionando il sequestro del piccolo Tommaso. Ad Angelo, detenuto, se ci siano stati problemi con i soldi depositati alla posta (mille euro al mese). Risposta: «Mai avuto problemi». Stessa domanda a Simone, 60 anni, condannato per varie rapine: «Ammanchi nei conti? Non ne ho mai sentito parlare». Le deleghe per operazioni sui conti dei detenuti sono autorizzate attraverso certi moduli che vanno firmati dal detenuto titolare del conto. Queste firme «non hanno mai convinto un’impiegata precisa, scrupolosa, che, dopo il sequestro di Tommaso, ha voluto vederci chiaro. L’altro ieri è stata convocata in questura e ha messo nero su bianco i suoi sospetti» [5]. «I libretti dei detenuti possono essere stati un ponte con il mondo criminale. Ma chi potrebbe pensare di rapire un bambino rischiando 30 anni di galera? I detenuti non vogliono mica tornare in carcere» (Franco Pellinghelli) [8]. I detenuti in genere ammazzano chi arriva in carcere per aver seviziato o ucciso un bambino. «Se non lo liberate lo vengo a riprendere io. E sono pronto a fare il reciproco» (Paolo Onofri rivolto ai sequestratori, venerdì 3 marzo) [6]. Pedofilia? «Reputo realmente che sia possibile. Sono sconvolto» (Franco Pellinghelli, cognato) [13].