Mario Deaglio La Stampa, 06/06/2002, 6 giugno 2002
Le autoreti del dollaro, La Stampa, giovedì 6 giugno 2002 Il fischio d’inizio delle partite dei Mondiali blocca l’attività dei parlamenti e la produzione delle fabbriche; a ogni latitudine fa rinviare riunioni di lavoro e spostare occasioni di svago: è un trionfo della globalizzazione che sta costruendo uno sport mondiale appoggiato sul mercato mondiale, un’unità culturale superficiale e fragile, insidiata da scandali, ma pur sempre pacifica e festevole
Le autoreti del dollaro, La Stampa, giovedì 6 giugno 2002 Il fischio d’inizio delle partite dei Mondiali blocca l’attività dei parlamenti e la produzione delle fabbriche; a ogni latitudine fa rinviare riunioni di lavoro e spostare occasioni di svago: è un trionfo della globalizzazione che sta costruendo uno sport mondiale appoggiato sul mercato mondiale, un’unità culturale superficiale e fragile, insidiata da scandali, ma pur sempre pacifica e festevole. Proprio grazie al mercato che valorizza e fa crescere i loro giocatori all’interno dei clubs dei ricchi paesi d’Occidente, Africa e Asia non paiono più relegate a un ruolo marginale nel calcio. La potenza tecnologica della ”nuova economia” è alla base di un gigantesco rituale collettivo che coinvolge, alla stessa ora e con le medesime immagini in tempo reale, centinaia di milioni di persone senza distinzione di razza, religione e convinzione politica. Negli stessi giorni in cui si celebra questo trionfo del calcio globale, vacilla però il mercato globale al quale si devono, tra tante altre cose, anche questi campionati. La ripresa delle economie è più lenta del previsto e non si accompagna a una ripresa, ma anzi spesso a una caduta dei profitti. Un anno fa l’indice Dow Jones superava quota 11.000, oggi si colloca svogliatamente attorno a 9.800; nello stesso periodo, l’indice del Nasdaq, termometro dei titoli tecnologici, ha perduto oltre un quarto del suo valore. Tutto ciò determina una grande stanchezza degli investitori nei confronti del dollaro, valuta guida dell’economia mondiale, il cui cambio da diverse settimane si sta indebolendo nei confronti dell’euro e dello yen. Per anni, la valuta americana è stata sostenuta da un flusso imponente di capitali europei e giapponesi i quali si riversavano negli Stati Uniti, al ritmo di un miliardo di dollari al giorno, nella ragionevole speranza di trovarvi rendimenti maggiori di quelli dei loro paesi. E così le imprese americane hanno finanziato i propri investimenti e i cittadini americani i propri consumi: tutti si sono allegramente indebitati nella prospettiva di una crescita senza fine, al punto di fare debiti nuovi per pagare gli interessi sui debiti vecchi. Ora questa prospettiva si appanna ma i debiti restano e così il dollaro perde quota. Sono le regole del mercato; se però si verificasse in maniera brusca e disordinata, la caduta del dollaro porterebbe alla disarticolazione di un sistema che è da correggere ma non da buttare. interesse generale che il sistema finanziario globale non faccia pagare le proprie crisi all’economia reale. I paesi che stanno dando prova di collaborazione nel calcio devono, a molto maggior ragione, trovare il modo di controllare congiuntamente evoluzioni troppo negative in quel campionato molto più importante che è l’economia mondiale. Mario Deaglio