Francesco Merlo Sette 06/06/2002, 6 giugno 2002
La Francia è ossessionata dai filosofi pallonari, Sette 6 giugno 2002 Solo infilandosi in una qualsiasi libreria di Parigi si capisce, bene e subito, quanto la Francia fermamente abbia creduto alla possibilità di vincere, per la seconda volta di seguito, la coppa del Mondo di calcio e dunque di Entrare nella leggenda come ordina il primo titolo che ti capita sotto l’occhio, mentre il filosofo Pascal Boniface ti ricorda che La Terra è rotonda come un pallone e un dossier di tanti autori ti chiede se questa agognata vittoria sarebbe Sport o danaro?
La Francia è ossessionata dai filosofi pallonari, Sette 6 giugno 2002 Solo infilandosi in una qualsiasi libreria di Parigi si capisce, bene e subito, quanto la Francia fermamente abbia creduto alla possibilità di vincere, per la seconda volta di seguito, la coppa del Mondo di calcio e dunque di Entrare nella leggenda come ordina il primo titolo che ti capita sotto l’occhio, mentre il filosofo Pascal Boniface ti ricorda che La Terra è rotonda come un pallone e un dossier di tanti autori ti chiede se questa agognata vittoria sarebbe Sport o danaro?. Deve essere vero che la libreria è il luogo dove la realtà è come vorresti che fosse, ordinata, linda, riflessiva, elegante e dunque rispettosa. E difatti un francese che, in questi giorni, entra in una libreria si sente subito confortato, a dispetto dei risultati veri, da un’intera società che come lui sperava e credeva e aveva lavorato per la vittoria. Dello sport e degli uomini, come spiega il saggio d’Axelis Philonenko, perché, pur vivendo Nell’era del calcio danaro come recita un altro titolo, «le squadre nazionali sono il rifugio della continuità e della fedeltà a regole universali non modificabili dal danaro, ultimi bastioni di un calcio etico, dove il danaro non è re». In una libreria non ci sono gli strepiti volgari dei tifosi, la realtà non manda segnali disordinati, e i libri pur imponendosi non tirano per la giacca. Qui le copertine ti seducono senza sporcarti, ed è dunque legittimo fingere di credere che viaggiando per Quattro settimane nel pallone la Francia riesca ancora a fare come l’Italia del 1938 e il Brasile del 1962, uniche due nazioni che abbiano conservato il titolo mondiale, mentre proprio nessuno ha ancora realizzato l’agognata tripletta di vincere il mondiale, il campionato d’Europa, di nuovo il mondiale, come la Francia avrebbe potuto fare se è vero che Il calcio non è sogno. Insomma solo in libreria trovano improvvisamente risposta domande cieche come questa: Il danaro è nemico dello sport?. Ed è facile convincersi che la realtà è più reale in libreria piuttosto che in giro per le strade, e che c’è più verità in questi titoli che nelle chiacchiere e nelle speranze deluse dei tifosi. Altrimenti perché mai il filosofo Claude Michéa avrebbe spiegato nel suo Gli intellettuali, lo sport e il pallone rotondo che il calcio resta comunque una festa piena di gioco e di gol gratuiti e incantati? E perché mai il suo collega filosofo Robert Redeker, altrettanto autorevole e famoso, gli avrebbe replicato, con il nero pessimismo del suo Lo sport è nemico dei popoli, che gli sport una volta popolari sono ormai precipitati «in un violento catechismo futurista, inno chiassoso alla clonazione planetaria delle grandi marche, dei media e degli individui»? probabile che accanto alla voglia e magari all’ossessione di entrare nella leggenda del calcio ci sia stato in Francia anche un rapporto di parvenu con la gloria del pallone che qui è un fenomeno non dico nuovo, ma relativamente recente. L’Italia invece ha, in questo campo, una tradizione intellettuale più antica, molto radicata, di grande prestigio. Basti pensare a Gianni Brera, che raccontava l’Italia e gli italiani attraverso il calcio e coniugava Gadda e il pallone. E poi ci sono libri di Antonio Ghirelli, e c’è la scrittura dei mitici direttori della ”Gazzetta dello Sport”, Palumbo e Cannavò. Abbiamo avuto persino un calciatore che ha incarnato il Sessantotto più di Capanna e Sofri, fu il fantasioso e solitario Gigi Meroni, al quale sono state dedicate eccellenti biografie, come quella di un allora giovane Nando Dalla Chiesa. I francesi non hanno questo patrimonio e sicuramente non hanno intellettuali come Giampiero Mughini, abilissimi e disinvolti nel calcio e nella cultura, perché abituati sin da bambini a parlare di libri e di pallone. Perciò i francesi, avendo sognato la leggenda, la buttano in sociologia, com’è loro costume, e il risultato è ancora posticcio, superficiale fenomeno benché di libreria, con la pretesa di coniugare la pesantezza della filosofia classica tedesca e la leggerezza della cronaca anglosassone. I titoli vanno da Sistema sport a Foot business, a Passioni ordinarie sino all’enciclopedico Dal gioco antico allo show sportivo, dove si scopre che già Savonarola inveiva contro il calcio e, ancora prima, Tertulliano lanciava i suoi anatemi allo sport nel De spectaculis. stata una tensione collettiva, il segno che tutta la società, tutta la Francia, la Repubblica intera voleva vincere, e alla Sorbonne si coltivava lo stesso sogno che allo Stade de France. E adesso che sta andando male, non resta che buttarla in letteratura. Sono già una decina i romanzi dedicati al calcio, anche se l’unico suggestivo è La legge del gioco dove Claude Askolovitch immagina il calcio nel 2041, un mondo orwelliano nel quale i terroristi rapiscono la mattina i giocatori e li rilasciano la sera con le gambe amputate e un comunicato: «I giocatori di calcio sono i buffoni miliardari delle oligarchie, gladiatori consenzienti che occupano le folle per distrarle dalle ingiustizie. Essi non sono innocenti. Da adesso in poi sapranno i rischi che corrono a scegliere il campo della plutocrazia». Francesco Merlo