Vincenzo Tessandori La Stampa, 03/06/2002, 3 giugno 2002
Presunti Milingo, La Stampa, lunedì 3 giugno 2002 Vallermosa (Cagliari). «La verità è una bugia che non è stata scoperta», dice un proverbio turco
Presunti Milingo, La Stampa, lunedì 3 giugno 2002 Vallermosa (Cagliari). «La verità è una bugia che non è stata scoperta», dice un proverbio turco. Lui non la pensa così. La verità è la verità, ed è la parola di Dio. «Tutto ciò che avviene, avviene per sua volontà. Io non guarisco nessuno, è il Signore che guarisce. Io non sono che uno strumento». Eppure, dicono i fedeli, lui in qualche modo libera gli indemoniati dal Maligno e lenisce le piaghe del corpo. Non è mai facile avventurarsi su questa strada, si rischia di non capire, o di capire troppo, e finiscono per intrecciarsi e confondersi parole come setta, guaritore, magia, fede. Ma solo la fede, dice, «mi sostiene». Don Massimiliano Pusceddu ha 27 anni, è di Cagliari e pare indifferente al fatto che qualcuno lo chiami ”Milingo II”, con un tono per niente amichevole. La vocazione l’ha avuta a 17 anni: «Una cosa meravigliosa, perché il Signore mi ha chiamato a consacrarmi totalmente a lui. Mi sento spinto verso quelli lontani dalla Chiesa, quelli che hanno avuto contatti col Maligno, con i cartomanti, i maghi. Poi vedo come la Madonna opera in questi cuori. Non sono né un santone né uno stregone». Ordinato sacerdote il 26 giugno ’99, furono tre, nella provincia, quell’anno. un sacerdote di fede, ti ripetono i suoi seguaci, quasi che gli altri non lo siano. In un passato non remoto è stato pugile dilettante: «Super welter, tre incontri due vittorie e un pari». Con quel fisico da atleta, gli occhi pronti al sorriso, il volto incorniciato da una corta barba curata, i capelli a riccioli corvini, è balzato in testa agli indici di gradimento della gente che arriva un po’ dappertutto per affollare la parrocchia di San Lucifero di Vallermosa, nel cuore tranquillo di una campagna assolata. «Scegli un lavoro che ami e non dovrai lavorare neppure un giorno in vita tua», dice la scritta sotto il mural di una Venere in riva al mare, all’ingresso del paese. E don Pusceddu pare possedere questo privilegio, di fare un lavoro che ama. Figlio unico, padre pensionato delle ferrovie, madre casalinga, è arrivato in questo frammento d’isola poco prima di Natale per un aiuto al parroco, don Giorgio Pittao, che ha 77 anni e, assicura, solo il desiderio di ritirarsi in una casa di riposo. «Sono meravigliato dalla sua interiorità», ammette il vecchio pastore. Ma aggiunge anche qualcosa di oscuro: «Ascolto quello che dicono in chiesa. Si è rovinato la reputazione pubblica, non mi riconosco in lui». La reputazione, lo scandalo. Il giovane parla dei suoi, riuniti nei gruppi di preghiera: gli Apostoli di Maria, 1.500, forse 2 mila persone, collegati con le Stelle di Maria, a Parma e alle porte di Torino, ad Avigliana, e ancora altrove. Lo fa con tono sommesso. «Non sono diverso dagli altri ragazzi». Ascolta musica, legge, le vite dei santi soprattutto, quotidiani, ”Famiglia cristiana”. La castità, risponde, «è fondamentale, significa dedicarsi completamente agli altri». Qual è il peccato più grave commesso? «Bisognerebbe chiederlo al mio confessore», risponde sorridendo. Poi, serio: «L’incapacità di donarmi agli altri, totalmente». Nelle mani rigira un rosario di legno d’ulivo, ricordo di Fatima. «Prego ogniqualvolta posso». Fede, speranza e carità. Lui, qui in paese, è stato come una scossa, un ciclone. Ha opinioni precise. «Gli islamici? La loro idea del Signore non pare così lontana, il fatto è che a volte noi siamo troppo legalisti. Ma Dio conosce l’uomo». In questi tempi di chiese poco frequentate, quella rinascimentale di San Lucifero è sempre affollata e vien da domandarsi se ciò non abbia contribuito a far scattare quel certo non so che chiamato invidia in alcuni sacerdoti che mietono minor successo. Così hanno cominciato a serpeggiare le voci su guarigioni miracolose, sugli incontri, su quelli che lo seguono e che rischiano di esser indicati come adepti e non fedeli. «Ma io non guarisco nessuno, è il Signore che guarisce». Da che cosa? «Ferite dell’animo e anche del corpo, sì, anche mali fisici: problemi al cuore, allo stomaco, di circolazione, cefalee, disturbi della vista, tumori». Qualcuno è guarito? « accaduto, accade». E il Maligno, gli indemoniati? «Sì, è così, si manifesta, alcune persone mostrano, fra l’altro, una marcata avversione al sacro. molto faticosa questa lotta, solo una volta mi è capitato di vedere il Maligno andarsene. Era una giovane, avvenne come una metamorfosi. Ma io non faccio esorcismi, faccio preghiera di liberazione». un percorso difficile, questo, con troppe cose mai capite. Anche il cinema ha contribuito, dell’Esorcista lui ha visto «le parti salienti»: non l’hanno convinto; ha invece mancato Il piccolo diavolo con la coppia Benigni-Matthau, ma c’è sempre una possibilità, magari in cassetta. Le voci, come tutte le voci, sono montate, qualcuno si è rivolto a Ottorino Pietro Alberti, vescovo di Cagliari, suggerendo il morso per il giovane prete iperattivo. E il vescovo ha chiesto d’interrompere gli incontri di preghiera, almeno «fin quando si saranno calmate le acque». Cosa che ha provocato una reazione da parte della gente di Vallermosa che ha dato vita a un comitato e raccolto, fra i 2.062 abitanti, «quasi mille firme» perché monsignore torni sui suoi passi. Elena Soddu, insegnante, e Raffaele Mori, universitario, l’altra mattina sono andati in delegazione in curia. «Abbiamo consegnato al vescovo una lettera della comunità. Ci ha detto che ascolterà tutte le voci, poi valuterà». Anche la Nannina, impiegata del comune, inossidabile fede nel socialismo reale, dice che non è giusto l’attacco al giovane prete. «Eppoi, non è mica vero che Vallermosa sia diventata mèta di un pellegrinaggio continuo, non è Medjugorje». Il vescovo medita e ieri ha parlato a lungo con don Massimiliano. Neppure lui pensa che «la verità è una bugia che non è stata scoperta». Vincenzo Tessandori