Varie, 10 marzo 2006
FARINA COSCIONI Maria Antonietta
FARINA COSCIONI Maria Antonietta Vetralla (Viterbo) 5 dicembre 1969. Politico. Vedova di Luca Coscioni (16 luglio 1967-20 febbraio 2006). Dall’ottobre 2006 presidente del partito Radicale. Nel 2008 eletta alla Camera • «[...] Per noi non è mai stata facile, alle delusioni siamo abituati. Penso alla proposta di Rutelli sulla ricerca. Ma anche a quando la Margherita non volle la lista radicali-Luca Coscioni: il nome di Luca faceva troppa paura. Che rabbia. [...] La stessa rabbia, racconta Maria Antonietta, di quando lei e Luca combattevano contro il tempo, “e ne avevamo pochissimo. Ma eravamo costretti ad ascoltare balletti di parole su embrione sì, embrione no. Ci troviamo in un paese che protegge tutto: spermatozoo, embrione... Ma non la persona umana. È facile metterla sull’ideologia, in queste cose. Ma viverle è diverso. I pregiudizi li senti sulla pelle”. Maria Antonietta ricorda che si è candidata proprio per combatterli, questi pregiudizi, in nome della laicità. E in nome di Luca. “Col quale ogni giorno abbiamo messo in scena la nostra tragedia greca, rendendo pubblico il privato. E adesso, che lui non c’è più, so che è solo il suo corpo ad essere assente. Ma tutto continua. Ogni mattina”» (Angela Frenda, “Corriere della Sera” 10/3/2006) • «[...] Non voglio essere vissuta come la vedova. Anche Marco Pannella dice che ho una mia identità, certo associata a quella di Luca che non c’è più. [...]” [...] è una giovane donna che riesce ad essere solare nonostante quel che le è successo. Di lei, Luca Coscioni diceva: “È la mia voce, il mio corpo, il mio spirito, se uno spirito esiste”. Storia di un amore ma anche di una comune battaglia politica. Con un particolare inedito: la telefonata in piena notte di Marco Pannella che voleva convincere l’amico a farsi tracheotomizzare, a posticipare l’ora della fine. [...] “[...]Lui era professore a contratto di economia all’università di Viterbo, io seguivo il suo corso. Ci siamo appassionati subito l’uno dell’altra. Ci siamo amati spensieratamente per un anno. Era il 1994...”. Poi una busta chiusa [...] “Luca l’ha chiamata la sentenza di condanna a morte. Si stava preparando alla maratona di New York quando gli si è bloccata la gamba destra. È andato dal neurologo, il medico ha infilato in una busta la diagnosi: sclerosi laterale amiotrofica, la Sla, una malattia che uccide [...] Luca sosteneva che sia il centrodestra che il centrosinistra non vogliono che temi scomodi come la vita e la morte facciano parte del dibattito. Il suo ultimo slogan era: ‘Dal corpo dei malati al cuore della politica’. Faceva il politico già prima di star male e diceva sempre: ‘Devo ringraziare la malattia perché, accanto alle altre questioni di cui mi occupo, mi ha sollecitato ad affrontare la grande sfida, quella per la libertà di ricerca’. Luca ha vissuto di speranza, ma soprattutto ha dato speranza, trasformando la sofferenza in senso e significato, pur sapendo che la sua era una battaglia che non faceva per se stesso, ma per altri, per le future generazioni [...] Noi non abbiamo mai pensato alla morte, vivevamo per scongiurarla. Non ho mai pensato che Luca potesse morire, neanche quando è arrivato il medico della rianimazione [...] Luca [...] ha scelto di non andare in ospedale, di non sottoporsi alla tracheotomia, di non attaccarsi ad una macchina per respirare [...] ho sofferto tantissimo, ho provato un dolore grandissimo. Per Luca erano ore di incertezza: lo faccio, non lo faccio, ci confrontavamo, anche con il medico. Lui ha capito che era arrivato il momento di scegliere. Lo ha capito molto meglio di me e anche di Pannella. Ricordo una telefonata di Marco in piena notte. Voleva che Luca sapesse che noi tutti eravamo pronti a sostenerlo, noi tutti speravamo che lui decidesse di sottoporsi alla tracheotomia. Ma non è andata così. Alla fine ha deciso lui, solo lui”. Luca Coscioni ha voluto che le sue ceneri finissero nel golfo di Porto Santo Stefano. “E io ho esaudito il suo desiderio. Amava molto il mare, gli piaceva sfidare la natura, prima di ammalarsi aveva un catamarano giallo. Mi ha sempre detto che mi sarebbe piaciuto uscire con lui quando le onde erano alte. Ma non sono mai salita su quel catamarano, non ce l’ho fatta a vivere con Luca quest’esperienza”» (Alessandra Longo, “la Rpubblica” 7/11/2006).