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 2006  marzo 08 Mercoledì calendario

Coixet Isabel

• Nata a Barcellona (Spagna) il 9 aprile 1960. Regista. Premiatissima con La vita segreta delle parole (sulla guerra dei Balcani, con il sostegno di Amnesty International). «[...] regista e pubblicitaria [...] documentarista, a bordo di piattaforme petrolifere in Cile o a Sarajevo e Mostar tra i reduci di guerra distilla situazioni ricche di segreti e dolore, senza attribuire accuse di parte ma componendo un racconto universale [...] ”[...] Un giorno ero a Linate perchè stavo girando una pubblicità del Mulino bianco e ho visto un volo per Sarajevo. Non ci sono mai andata anche se mi chiedevo sempre: perchè non vado? perchè non faccio qualcosa? Cercavo sempre di capire. Ho girato un documentario parlando con moltissime donne che avevano subito torture. Volevo mostrare che le donne nel mondo subiscono cose terribili, ma che si possono incontrare persone capaci di rispetto. Ho incontrato donne che hanno passato cose terribili, più che nel film e pure sopravvivono, anche con allegria, altri invece sono come morti dentro. Era una sfida raccontare la storia di qualcuno a cui non sappiamo cosa è successo. Per tre quarti del film non sappiamo cosa le è successo. Dicono che faccio film duri, a me sembrano fiabe. Queste persone hanno bisogno di amore, di giustizia. Se c’è qualcosa che si chiama amore questo può riscattare [...] Io sono di Barcellona, penso che è difficile capire quello che succede in un altro posto. Neanche la gente del posto lo capisce. Mi interessa spiegarlo, ma nella sceneggiatura non si dice mai precisamente di dove sono: si parla di due ragazze che se ne vanno in macchina cantando ’la dolce vita’ e il mondo gli cade improvvisamente addosso. Questo può capitare in qualunque posto. Da fuori è molto facile pontificare sui fatti della guerra, a me interessava il dramma di una donna, non mi interessava che fossero bosniaci, croati, serbi [...] Tutti in qualche modo ci difendiamo con la battuta, il cinismo, la mia protagonista si difende con il silenzio. Ricordo quando facevo il documentario ho incontrato un uomo che da sei anni non usciva di casa e non usciva perchè nessuno gli aveva chiesto cosa era successo. Noi glielo chiedemmo e dopo cinque minuti di silenzio iniziò a parlare e parlò per tre ore di seguito, come un fiume in piena, tanto che finimmo tutte le cassette da registrare”» (Silvana Silvestri, ”il manifesto” 7/3/2006).