Corriere della Sera 24/02/2006, pag.3 Mario Sensini, 24 febbraio 2006
Tra Villa Stuart e Ciappazzi, il gran ritorno di Ciarrapico. Corriere della Sera 24 febbraio 2006. Roma
Tra Villa Stuart e Ciappazzi, il gran ritorno di Ciarrapico. Corriere della Sera 24 febbraio 2006. Roma. L’ultima impresa l’ha creata meno di un mese fa: P&C, Partecipazioni e Consulenze, diecimila euro di capitale sociale. Costituita seguendo il cliché applicato a tutte le società del suo gruppo: azionista al 95% la fedelissima Marisa Petazzo, amministratore unico Giulio Caradonna, ex deputato del Msi dal ’58 al ’94, ora vicino a Forza Nuova. La P&C è l’ultima creatura di Giuseppe Ciarrapico. Un tempo potentissimo, mediatore dell’accordo sulla Mondadori tra De Benedetti e Berlusconi, poi condannato per bancarotta, dimenticato, affidato ai servizi sociali nel 2000, e da molti dato per spacciato, l’uomo che ha involontariamente messo nei guai Cesare Geronzi, è in realtà più attivo che mai. Come imprenditore. E come politico. Chiuso il capitolo delle acque minerali che è costato la disavventura a Geronzi, il «Ciarra», come lo chiamano ancora, si è buttato sull’editoria. Giornali locali. «Con Andreotti negli Usa incontrammo l’editore del Washington Post. Ci disse che i soldi veri li faceva con Bronx News. Lì ho capito tutto», disse una volta. E’ editore di undici testate, da Ciociaria Oggi a Ostia Oggi, a Molise Oggi, l’ultimo nato, che in tutto vendono quasi 50 mila copie. L’editrice, Nuova Oggi Editoriale, è controllata da una srl, Mediterranea, posseduta dalla stessa signora Petazzo e amministrata sempre da Caradonna, che è anche azionista della cooperativa socia al 49% dell’editrice, per la modica cifra di 100 euro l’anno (pagabili in più soluzioni, come da delibera). Con Caradonna, da tempo immemorabile, Ciarrapico condivide lavoro e ardori politici. Del resto, lui non ha mai fatto mistero delle sue simpatie fasciste. I titoli della Ciarrapico editore ne sono prova. «Sta’ destra smacchiata... Ma chi la vole.. E’ ’na monnezza. Alle prossime elezioni prenderanno il 5%. I nostri sono rimasti fascisti, non li voteranno», si sfogò senza remore un paio d’anni fa, sentenziando il tramonto di Alleanza Nazionale. Dopodiché il Ciarra si è speso, e si sta spendendo ancora molto, per Francesco Storace. Che quando era alla Regione Lazio è stato almeno generoso nei confronti delle sue testate, cui ha affidato pubblicità e contratti per centinaia di migliaia di euro (il 20% della raccolta pubblicitaria del gruppo). E ha lavorato pure tanto, e forse con più impegno, per riportare Alessandra Mussolini nell’alleanza di centro destra. Finché la presenza di Tilgher e Saya, buoni amici suoi e di Caradonna, nelle liste di Alternativa Sociale, ha mandato tutto all’aria. Dicono che l’incarico di ricucire con la destra estrema gli sia stato attribuito addirittura da Silvio Berlusconi. Quello che è certo è che tra i due, dopo la vicenda Mondadori, i rapporti sono rimasti buoni. L’anno scorso, per esempio, Ciarrapico ha fatto visita a Palazzo Grazioli, intrattenendosi a lungo con il premier «sui problemi dell’editoria locale». Titoli per parlarne non gli mancano: Ciarrapico non solo è editore, ma da un anno è anche professore a contratto di Tecnologia dell’informazione e della comunicazione all’Università di Cassino, facoltà di Economia. Insieme ai giornali, e a un cumulo di società in liquidazione che ogni due anni stranamente cambiano sede schizzando da Latina a Frosinone a Reggio Calabria, Ciarrapico controlla un paio di cliniche nella capitale (sua è stata a suo tempo anche Villa Stuart), due società di catering, tre finanziarie, e lo storico Bar Rosati in piazza del Popolo. Lì concesse la sua ultima intervista, parlando di Fini. Uomo troppo incline al compromesso, alla concilianza, a suo dire. Chiaro che non gli piaccia, lui è l’esatto contrario. Per non ascoltare i piccoli azionisti della sua Italfin ’80, quotata in Borsa, convocava le assemblee a Pantelleria. E quando era presidente della Roma, dopo Viola, nel ’91, e i tifosi protestavano, faceva finta di niente. «Fischi? Non ne ho sentiti. Solo contestazioni di gioia». Mario Sensini