Corriere della Sera 02/03/2006, pag.37 Sergio Romano, 2 marzo 2006
Sonia Gandhi, una indiana nata in Piemonte. Corriere della Sera 2 marzo 2006. Ritiene che l’Italia possa diventare un interlocutore privilegiato dell’India, che si prepara a diventare la nuova superpotenza del prossimo futuro, in virtù dell’importanza che Sonia Gandhi riveste nel panorama politico di quella Nazione? Filippo Secciani Caro Secciani, ho incontrato Sonia Gandhi a New Delhi nel 1998 con Tiziano Terzani (lo scrittore e giornalista italiano scomparso un anno fa) e un sociologo francese
Sonia Gandhi, una indiana nata in Piemonte. Corriere della Sera 2 marzo 2006. Ritiene che l’Italia possa diventare un interlocutore privilegiato dell’India, che si prepara a diventare la nuova superpotenza del prossimo futuro, in virtù dell’importanza che Sonia Gandhi riveste nel panorama politico di quella Nazione? Filippo Secciani Caro Secciani, ho incontrato Sonia Gandhi a New Delhi nel 1998 con Tiziano Terzani (lo scrittore e giornalista italiano scomparso un anno fa) e un sociologo francese. Dopo l’assassinio del marito nel 1991, e forse sin da quello della suocera Indira nel 1984, viveva in una specie di fortilizio circondato da soldati e cinto da un alto muro. Dopo essere stati scrutati, schedati e sottoposti alla prova di un metal detector, fummo introdotti in una sala delle udienze non particolarmente elegante, ma decorata alle pareti da un ritratto di Gandhi e da quelli della famiglia: il Pandit Nehru, Primo ministro dalla fondazione dello Stato; sua figlia Indira, Primo ministro dal 1964 al 1984; Rajiv, figlio di Indira e marito di Sonia, Primo ministro dalla morte della madre sino al giorno in cui venne ucciso da una terrorista tamil che saltò in aria con lui. Dopo qualche minuto ci raggiunse una bella signora sui cinquant’anni, vestita di un elegante sari, impeccabilmente pettinata e truccata, cordiale e riservata, dolce ed enigmatica, più incline ad ascoltare che a parlare. Per consentire al sociologo francese di prendere parte alla conversazione, Terzani ed io parlammo inglese. Ma ho l’impressione che Sonia avrebbe preferito esprimersi comunque in questa lingua. Toccammo molti argomenti, ma non riuscimmo ad ottenere da lei il benché minimo riferimento alla situazione politica del Paese o alle sue origini italiane. Quando Terzani le disse che sarebbe stato felice di fare un libro intervista sulla sua vita, accennò un sorriso e lasciò cadere la richiesta. Le ho raccontato questo episodio, caro Secciani, per dirle che l’Italia non occupa, nell’orizzonte della vita di Sonia Gandhi, alcuno spazio ed è anzi, per molti aspetti, il rischio da cui deve maggiormente guardarsi. Quando cedette alle insistenze del partito del Congresso e ne divenne presidente nel 1998, i partiti avversari e una parte della stampa cominciarono a fare contro l’«italiana» una insistente campagna. Risero del suo accento, sostennero che era arrogante e fredda, raccontarono che non conosceva l’alfabeto indi e che i suoi discorsi venivano trascritti in lettere latine. Un giornalista brillante e velenoso disse un giorno: «Datele una lista della spesa, la leggerà allo stesso modo». Sonia, dal canto suo, si difese con grande tenacia. Sostenne di essere timida, non arrogante. Imparò l’alfabeto indi. Cercò di mettere un po’ di calore nei suoi discorsi. Raddoppiò i viaggi, gli incontri, i contatti personali. E dette una intervista in cui disse: «Mi sento indiana. Non mi sento italiana, neanche un po’». Il risultato di questo impegno fu la grande vittoria elettorale del 2004. Avrebbe potuto diventare Primo ministro, ma capì immediatamente che i suoi nemici avrebbero giocato ancora più duramente, contro di lei, la carta della sua nazionalità d’origine. Sonia, d’altro canto, non voleva il potere. Voleva che esso restasse in famiglia e giungesse prima o dopo nelle mani dei due figli, un ragazzo e una ragazza, ormai impegnati nella vita politica del Paese. Fu questa la ragione per cui, pur conservando la direzione del partito del Congresso, si fece da parte e designò alla guida del governo Manmohan Singh, l’uomo che aveva realizzato, all’inizio degli anni Novanta, le prime deregolamentazioni e privatizzazioni. Un’ultima osservazione. Sonia Gandhi ha certamente una nuova patria, ma ha conservato due caratteristiche virtù (o difetti) della regione e del Paese da cui proviene: è «familista», come molti italiani, ed è cocciuta come una piemontese. Sergio Romano