Corriere della Sera 03/03/2006, pag.45 Sergio Romano, 3 marzo 2006
I banchieri di Dio, da Giuffré a Marcinkus. Corriere della Sera 3 marzo 2006. Sono uno studente di economia di Cà Foscari e affezionato lettore della rubrica
I banchieri di Dio, da Giuffré a Marcinkus. Corriere della Sera 3 marzo 2006. Sono uno studente di economia di Cà Foscari e affezionato lettore della rubrica. Ho letto un articolo sulla morte di Marcinkus, soprannominato «banchiere di Dio». Volevo chiederle qualche informazione e di consigliarmi un libro sul tema. Andrea Lupato Treviso Caro Lupato, il vero, originale «banchiere di Dio» fu Giovanni Battista Giuffré, un anziano signore, grasso e calvo che camminava pesantemente appoggiandosi a un bastone. Nella «Cronologia della storia d’ Italia» pubblicata da De Agostini (un testo indispensabile per ripescare gli avvenimenti grandi e piccoli della vita nazionale dal 1815 al 1990) una fotografia del 1958 lo ritrae mentre siede dietro uno scrittoio fra due persone in piedi. Quella di sinistra è un giovane che lo guarda dall’ alto con un sorriso di affettuosa ammirazione, mentre quella di destra è un austero sacerdote in tonaca talare (il clergyman non era ancora usato) che gli porge fiduciosamente un piccolo pezzo di carta. Suppongo che il pezzo di carta fosse un assegno e che la fotografia fosse una specie di biglietto da visita per dimostrare la stima di cui l’ anziano signore godeva negli ambienti ecclesiastici. Giuffré, in quel periodo, aveva rastrellato, con l’ aiuto delle parrocchie, il denaro di piccoli risparmiatori, soprattutto in Emilia, in Romagna, nelle Marche. Lo chiamarono banchiere di Dio perché prometteva interessi strabilianti, fra il 70 e il 100%, e sosteneva che essi erano un dono della Divina Provvidenza. L’ operazione apparteneva a quel genere di finanza miracolosa che si chiama generalmente «piramide» e che fu ripetuta in alcuni Paesi dell’ Europa balcanica, fra cui l’ Albania, dopo la caduta del comunismo. Come accade inevitabilmente in questi casi, la piramide crollò e seppellì sotto le sue rovine parecchi investitori creduli e ingenui. La questione finì sulla stampa e approdò in Parlamento dove divenne materia di una commissione d’ inchiesta. Monsignor Paul Marcinkus non era della stoffa di Giuffré e trattava affari molto più importanti. Apparteneva a una famiglia di origine lituana, ma era nato in un sobborgo di Chicago che si chiama Cicero ed è molto noto negli annali della storia sociale americana per essere stato la principale sede delle operazioni di Al Capone all’ epoca del proibizionismo. Quando arrivò a Roma negli anni Sessanta, Marcinkus si fece notare soprattutto per la sua altezza (un metro e 95) e per la sua corporatura atletica. Accompagnò Paolo VI nel suo primo viaggio all’ estero, in Terra Santa, e divenne da quel momento una sorta di guardia del corpo papale. Fu lui apparentemente che salvò Giovanni Paolo II dal coltello di un prete squilibrato che cercò di aggredirlo durante un viaggio a Manila. Nel frattempo, tuttavia, Marcinkus era stato promosso arcivescovo e aveva assunto la presidenza di una specie di banca di investimenti vaticana, creata da Pio XII nel 1942. Lo Ior (Istituto per le opere di religione) non pubblica un bilancio annuale e non ha l’ abitudine di fornire informazioni al mercato sui propri investimenti. Ma ha verosimilmente un portafoglio in cui sono depositate le sue partecipazioni in aziende italiane e straniere, fondi, hedge funds. In quella veste Marcinkus aveva stretto rapporti con Guido Calvi, amministratore delegato del Banco Ambrosiano. Gli aveva venduto una banca veneta, si era servito di lui, probabilmente, per finanziare Solidarnosc, il sindacato dissidente polacco di Lech Walesa, e gli aveva fornito garanzie per alcune pessime operazioni finanziarie in America Latina. Lo scandalo scoppiò quando Calvi venne trovato impiccato a un’ arcata del ponte di Black Friars a Londra, il 10 giugno 1982. Nei giorni seguenti il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta annunciò al Parlamento che il Banco Ambrosiano era esposto per 1400 milioni di dollari e che l’ Istituto delle opere di religione era, in alcune operazioni gestite dal Banco, «socio di fatto». La magistratura italiana non poté perseguire la banca vaticana, ma lo Ior perdette 240 milioni di dollari. Marcinkus, tuttavia, conservò l’ incarico sino al 1989 e fu inviato qualche tempo dopo nella parrocchia di una ricca cittadina dell’ Arizona dove i residenti passano buona parte delle loro giornate sul campo da golf. Non so se esista già una sua biografia, ma se digiterà il suo nome in un qualsiasi motore di ricerca troverà parecchi articoli sulla irresistibile ascesa e sul lento declino di questo singolare personaggio. Sergio Romano