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 2006  marzo 06 Lunedì calendario

GHERGO

GHERGO Irene Roma 4 maggio 1946. Autore tv. Di Domenica In, Non è la Rai, Macao ecc. Figlia di Arturo Ghergo, fotografo dei nobili e delle dive. «Io sono stata sicuramente una teenager all’avanguardia. A 14 anni, fine anni ”60, mi facevo notare perché ero molto trasgressiva. Sfuggivo a tutte le regole delle brave ragazze dell’epoca: andavo poco a scuola, ero una pessima studentessa, scappavo di casa. Mia madre, poveraccia, non riusciva a controllarmi. Ha tentato mia sorella, con scarsissimi risultati. La rivolta nasceva dalla morte di mio padre, che non avevo accettato. Da bambina, buona, carina, tranquilla, una figlia che tutti vorrebbero avere bionda con gli occhi azzurri [...] sono diventata una cattiva bambina. Mi placava solo l’esercizio della seduzione, che praticavo instancabilmente. Ho cominciato a essere una Lolita, a quei tempi si diceva così. Non risparmiavo nessuno. Psicologicamente era un meccanismo pericoloso. Poco dopo sono scivolata nella bulimia [...] All’epoca mia le belle erano poche. Io ero considerata sexy. Non sono mai stata una bellezza e le belle vere, quelle che passeggiavano in via Condotti, mi facevano soffrire [...] C’era anche l’ansia di accasarsi, di trovare marito. Mia madre, straniera, non aveva questa ossessione. Ma ho capito lo stesso e in fretta che il look era un mezzo importante. [...] Dire una parolaccia era veramente grave, mi sfogavo con mia sorella, il mio opposto, perché era una studiosa, leggeva moltissimo e si è laureata in filosofia. Per provocarla, la mattina, appena aprivo gli occhi, gliene dicevo una sfilza [...] una in fila all’altra: stronza, vaffanculo... [...] Cantanti-idoli... Gianni Morandi; cominciava Rita Pavone; Paul Anka... I Beatles: sono andata al primo concerto all’Adriano, un grande evento. A 15 anni sono stata per la prima volta in Inghilterra, in famiglia, da sola, mandata da mia madre per studiare l’inglese. stato un trauma: ho avuto i primi attacchi di panico. Paura dell’aereo. Sono arrivata a Londra con un gruppo, l’ho perduto, ero sola: una sensazione terribile. Però non volevo applicarmi a nulla che avesse a che fare con lo studio. Ho vissuto un’avventura al contrario: ho cercato subito un gruppo di italiani [...] e non ho frequentato ii corsi d’inglese [...] Mia madre è polacca, per metà austriaca [...]» (Luigi Vaccari, ”Capital” febbraio 2002).