Specchio ????, 3 marzo 2006
Perché in cucina si usa l’espressione «a bagnomaria»? Come abbiamo scritto tempo fa, rispondendo a un analogo quesito, l’espressione bagno maria o, con parola unica bagnomaria (diffusa anche in altre lingue europee: bain-marie in francese e inglese, Marienbad in tedesco) è traduzione abbreviata della locuzione latina balneum Mariae, «bagno di Maria», che nell’antica alchimia indicava una tecnica di cottura o fusione assai simile all’attuale
Perché in cucina si usa l’espressione «a bagnomaria»? Come abbiamo scritto tempo fa, rispondendo a un analogo quesito, l’espressione bagno maria o, con parola unica bagnomaria (diffusa anche in altre lingue europee: bain-marie in francese e inglese, Marienbad in tedesco) è traduzione abbreviata della locuzione latina balneum Mariae, «bagno di Maria», che nell’antica alchimia indicava una tecnica di cottura o fusione assai simile all’attuale. La denominazione deriva dalla leggendaria alchimista cui fu attribuita, Maria l’Ebrea o la Giudea, sorella nientemeno che di Mosè ed Aronne. Che l’alchimia annoveri molte donne tra le sue fondatrici non c’è da meravigliarsi, tenuto conto che cottura e trasformazione erano procedure tipiche anzitutto della cucina e poi del laboratorio alchimistico, procedure che pressoché tutte le culture delegavano in primo luogo alle donne. Ancor oggi in cuor nostro speriamo che armeggiando tra fuoco dei fornelli e fumo delle pentole la donna amata escogiti una qualche imprevista e gradevole magia. L’idea di fondere o cuocere delicatamente una sostanza immergendone il recipiente in un bagno d’acqua contenuta a sua volta in un recipiente a diretto contatto con la fiamma, è soluzione semplice e geniale nei casi in cui occorre disporre di un calore moderato. L’acqua funziona infatti come termostato in quanto oltre i 100 gradi bolle e bollendo «scompare» sotto forma di vapore. La tecnica del bagnomaria, nei suoi principi fondamentali, è passata peraltro indenne dall’antico laboratorio dell’alchimista a quello moderno del chimico. Giorgio Stabile, professore di storia della scienza all’Università La Sapienza di Roma