2 marzo 2006
Santoli Domenico Alfonso, di anni 60. Nato ad Avellino, emigrato in Svizzera, aveva poi messo su un’impresa edile a Cambiano (Torino), dov’era assessore allo sport e presidente dell’associazione ”Amici dei presepi”
Santoli Domenico Alfonso, di anni 60. Nato ad Avellino, emigrato in Svizzera, aveva poi messo su un’impresa edile a Cambiano (Torino), dov’era assessore allo sport e presidente dell’associazione ”Amici dei presepi”. La prima moglie fulminata dalla lucidatrice, s’era sposato in seconde nozze con Alasia Teresa, di anni 57, anche lei vedova, e viveva in una villetta a mattoni rossi insieme all’unico frutto di quel matrimonio, Davide, di anni 24, carrozziere. I due figli di primo letto, Luigi (idraulico) e Tonino (elettricista), soggiornavano in villette regalate dal padre Alfonso e così pure il primo figlio della Alasia, Ivano, ingegnere. Unico a dare preoccupazioni era Davide: impiegato nell’impresa paterna, destinato ad ereditarla, non ne voleva sapere. Sei mesi fa, per protesta, s’era messo a fare il carrozziere in un’officina dove in realtà, secondo il titolare, passava il tempo «a guardare il soffitto». Depresso perché lasciato dalla ragazza, faceva il gradasso per il paese e beveva tanto che il titolare del bar ”Cannone d’oro” aveva deciso di non servirgli più alcolici («Solo caffè e crodini»). Convinto che il mondo intero lo disprezzasse, ne dava la colpa al padre, col quale litigava continuamente. Così fu anche durante la cena di domenica 20, che si concluse con Davide in bagno a vomitare. Alfonso, invece, si recò alla bocciofila per distrarsi. Tornò tre ore dopo. Il figlio, che lo aspettava davanti alla tv, lo colpì per sette volte con un coltello: una all’addome, una al torace, due alla gola, tre alla schiena. Poi fuggì via con l’idea di arrivare fino ad Avellino e gettare l’arma nella grotta detta ”Bocca dell’Inferno”, purificando così le proprie colpe. Fu fermato due ore dopo, nei pressi di Parma.