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 2006  marzo 01 Mercoledì calendario

Anna Magnani nacque a Roma il 7 marzo 1908 (alcune biografie dicono Alessandria d’Egitto). «Son nata a Roma, da madre romagnola e padre calabrese, in Egitto mia madre ci andò dopo che m’ebbe avuta

Anna Magnani nacque a Roma il 7 marzo 1908 (alcune biografie dicono Alessandria d’Egitto). «Son nata a Roma, da madre romagnola e padre calabrese, in Egitto mia madre ci andò dopo che m’ebbe avuta. Aveva diciott’anni, non era sposata e a quell’epoca era uno scandalo, così andò in Egitto e io restai con la nonna: qui a Roma. Perché non c’è nessuna vergogna, sia chiaro, a ripetere che io non ho il nome di mio padre, ho quello di mia madre, che mio padre non l’ho mai conosciuto» (da ”L’Europeo” numero 15 del 1963). Entrata nel cinema al seguito del marito, il regista Goffredo Alessandrini (secondo il quale non era tagliata), ottenne il primo successo con Teresa Venerdì di De Sica (’41) per divenire poi famosissima interpretando la popolana uccisa dai nazisti in Roma città aperta (’45). Scrisse il poeta Giuseppe Ungaretti: «T’ho sentita gridare ”Francesco” dietro al camion dei tedeschi e non t’ho più dimenticata». Giampiero Brunetta, storico del cinema: «Anna Magnani e i bambini di Roma città aperta possono tranquillamente uscire dallo schermo e sedersi a fianco dello spettatore e viceversa. Tutto questo non era mai avvenuto nella storia anteriore del cinema mondiale». La Magnani: «Niente mi è capitato per caso, niente, fuorché il successo di Roma città aperta e la fama di poi. Ero talmente convinta che per sfondare nel cinema ci volesse un bel faccino e occhini azzurri... Insomma, son diventata ”la Magnani” per caso». Nel ’42 lasciò Alessandrini («lo sposai che ero una ragazzina e finché fui sua moglie ebbi più corna di un canestro di lumache») per il giovane attore Massimo Serato, dal quale ebbe il figlio Luca (amore finito alla svelta). Poi una lunga avventura con Rossellini (che l’abbandonò per Ingrid Bergman). «Era Rossellini che mi stava addosso, che non mi lasciava vivere. Non io che correvo appresso a lui. Se quel folle amore fosse esistito anche in me, avrei saputo mantenerlo». Una volta s’offrì come interprete a De Sica: « un vero peccato che io e te non si faccia qualcosa assieme. Io sento quello che vuoi». E il regista: «Sono io che non sento il romanesco». Diceva Fellini: «Lei è Roma, con quel che di materno e di amaro, di mitologico e di devastato, che l’accomuna all’Urbe... La sua regalità viene fuori soprattutto quando usa le parole da trivio; le escono di bocca con grazia e levità impareggiabili, perfettamente fuse nel contesto, e necessarie». Il periodo americano della Magnani iniziò nel ’55 con La rosa tatuata, che le valse l’Oscar. Testo scritto su misura per lei da Tennessee Williams, partì per gli Stati Uniti senza sapere una parola d’inglese ed imparò la parte nei dieci giorni di traversata in nave. Il premio le fu assegnato il 22 marzo ’56: non era presente alla cerimonia, la svegliarono nella notte italiana per darle la notizia, non ci volle credere, attaccò il telefono e tornò a dormire. Bette Davis le mandò un telegramma di felicitazioni: «Anna carissima, io lavoro con uno italiano Ernest Borgnine. Lui vencutto. Io competo con una italiana, Anna Magnani. Lei vince. Voi italiani meglio se state a casa». Masolino D’Amico: «L’Oscar vinto da Anna Magnani colpì talmente me e un mio amico, all’epoca liceali, che le mandammo un telegramma la cui frase conclusiva era ”abbasso le bone”. La Magnani ci ringraziò con un altro telegramma, che finiva: ”Ma alla vostra età ci vogliono anche le bone”». Selvaggio è il vento (’57) le valse la seconda nomination. Nel 1959 rifiutò il ruolo di Cesira ne La ciociara quando seppe che Sofia Loren (poi vincitrice dell’Oscar) avrebbe dovuto essere sua figlia: «Io la madre e la Loren la piccola Rosetta? Il pubblico si sarebbe aspettato che fosse lei a violentare i marocchini e non il contrario!». Restò in America fino al ’59, quando dichiarò: «Non è il cinema che mi ha abbandonato. Sono io che abbandono il cinema, perchè il cinema è diventato povero, miserabile, pitocco, perché continua a offrirmi personaggi che non sono creature umane, ma caricature, pupazzi imbecilli. E io la scema non la faccio». Morì il 20 settembre 1973 (tumore). Aveva detto dieci anni prima: «Nascere è quattro strilletti sani e gioiosi, morire è tragedia. Si dovrebbe almeno morire con la stessa dolcezza e innocenza con la quale si nasce. E sapete che’vve dico? Che forse sarebbe più giusto nascere vecchi e morire bambini».