Il Secolo XIX 28/02/2006, pag.13 Claudio Paglieri, 28 febbraio 2006
Ragazza in bianco e donna in nero fascino e mistero nell’atelier di Boldini. Il Secolo XIX 28 febbraio 2006
Ragazza in bianco e donna in nero fascino e mistero nell’atelier di Boldini. Il Secolo XIX 28 febbraio 2006. Milano. Una ragazza posa davanti al pittore con l’abito del suo ingresso in società. Nel viso, nella postura, nel nervosismo delle mani s’incontrano in un momento forse irripetibile il fascino e la sensualità della donna, l’imbarazzo e la pudicizia dell’adolescente. Siamo a Parigi, l’anno è il 1888, e il pittore è il ferrarese Giovanni Boldini, in quel momento il ritrattista più ricercato (e pagato) dalle famiglie dell’alta società americana: quando arrivano in Europa, le tappe per loro irrinunciabili sono le case di moda, letteralmente svuotate per rinnovare il guardaroba, e appunto l’atelier di Boldini. Per le tre signorine Concha de Ossa, cilene, nipoti del diplomatico Ramòn Subercaseaux, il viaggio a Parigi è un sogno da immortalare e riportare con sé sul piroscafo per il Sudamerica. E Giovanni Boldini è l’uomo chiamato a fissare quel sogno sulla tela. A 18 anni, Emiliana è la più giovane delle sorelle. Irrompe nella vita del pittore come un angelo venuto a portare la luce, spezzando la ripetitività dei ritratti su commissione. «Era bella come un amore - ricorderà Boldini, molti anni dopo, in un’intervista a Filippo De Pisis - avrebbe dovuto vederla viva... quello è niente». ”Quello” è il ritratto noto come Il pastello bianco, un miracoloso equilibrio di bianco, panna, avorio, crema, grigio spezzato solo dal collarino nero indossato dalla ragazza e dal lampo azzurro di una sedia. Boldini lavora col pastello su una superficie insolitamente estesa (225 centimetri per 123), anche perché ha fiducia nei nuovi colori sintetici che, gli assicurano i commercianti, saranno inalterabili dal tempo. Quando termina l’opera, il pittore si rende conto di avere tra le mani un capolavoro. Non vuole privarsi del quadro, né del ricordo di lei: realizza in fretta una copia e la consegna alla ragazza, tenendo per sé Il pastello bianco, che verrà premiato con la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi del 1889. Boldini conserva il quadro fino alla morte. Pochi anni dopo la vedova Emilia Cardona lo dona a Benito Mussolini, che lo destina alla Pinacoteca di Brera. I pastelli usati dal pittore reggono alla sfida del tempo, ma non abbastanza. Anche perché il quadro passa attraverso esperienze curiose, e dalla galleria d’arte moderna, dopo un bombardamento, viene assegnato chissà perché all’assessorato ai Lavori pubblici, e finisce appeso nel comando dei vigili. Quando torna nelle mani del sovrintendente reggente Luisa Arrigoni, è subito chiaro che Il pastello bianco richiederà molto lavoro: la tela, sottilissima, ha perso tensione e il pastello si ”sfarina”; le muffe hanno cominciato ad attaccare sia il recto sia il verso della tela. Comincia un’opera di restauro troppo complessa per spiegarla nel dettaglio, ma dall’esito felice. Oggi il Ritratto di Emiliana Concha de Ossa occupa il posto d’onore della Pinacoteca di Brera, in fondo a una lunga ”fuga” di sale chiamata ”Il cannocchiale” per la sua grande forza prospettica. Ad accompagnarla, un olio su tavola prestato dal Museo Boldini di Ferrara, Donna in nero che guarda il pastello bianco. A testimonianza dell’ossessione che Emiliana era diventata per il pittore, Boldini aveva infatti inserito il ritratto in altre sue composizioni, e questa in particolare lascia senza fiato. C’è una donna vista di spalle, snella, completamente vestita di nero, compresi il cappello e l’ombrellino da passeggio, che osserva la ragazza in bianco. Difficile definire il suo atteggiamento, ma la mano appoggiata sul fianco lascia pensare che sia infastidito. Chi è quella donna? Per alcuni la stessa Emiliana venuta a ritirare il ritratto prima della partenza. Per altri un’amica del pittore, certo meno pudìca della modella. Ma forse la donna in nero altro non è che l’ombra futura di Emiliana, quello che resterà di lei dopo avere lasciato sulla tela la bellezza e i sogni dei suoi diciott’anni. Claudio Paglieri