1 marzo 2006
Tags : Jacques. Massu
Massu Jacques
• Nato a Chalons-sur-Marne (Francia) il 5 giugno 1908, morto il 26 ottobre 2002. Generale. «Il generale che ha vinto nel 1957 la battaglia di Algeri [...] I fantasmi delle pianure acquitrinose del Vietnam, le ombre pesanti della Casbah, le medaglie e le torture, le fanfare e le sconfitte hanno affollato la sua lunga vecchiaia di gentiluomo di campagna [...] Era pronipote del maresciallo Ney, il più affascinante e romantico dei marescialli napoleonici (che finì fucilato!)» (Domenico Quirico, ”La Stampa” 29/10/2002). «’Sono un soldato e obbedisco”, amava ripetere [...] Ma a volte il protagonista della battaglia d’Algeri non riusciva a tener la lingua a posto. Avrebbe potuto essere un eccellente uomo politico, di quelli che ”fanno titolo”, ma dopo essere andato in pensione rifiutò più volte un seggio di deputato: ”L’ambiente politico non conviene al mio genere di bellezza”. Non stimava gli uomini politici, tranne uno, ovviamente un militare: il generale de Gaulle. Massu fu uno dei primi a rispondere all’appello del 18 giugno 1940, quello con cui da Radio Londra de Gaulle chiamava la Francia a rifiutare l’armistizio e l’avvento del regime pétainista. Figlio e nipote di militari, sconosciuto capitano di stanza nel nord del Ciad, divenne così l’uomo di fiducia del maresciallo Leclerc, luogotenente di de Gaulle. E’ l’inizio di una lunga epopea: nel marzo 1941, Leclerc e Massu strappano agli italiani l’oasi libica di Cufra e pronunciano il loro giuramento: ”Deporremo le armi solo quando i nostri bei colori sventoleranno sulla cattedrale di Strasburgo”. Promessa tenuta: la divisione Leclerc libera Parigi il 25 agosto 1944 e tre mesi dopo conquista il capoluogo alsaziano. Finito il conflitto mondiale, Massu viene spedito in Indocina, poi passa in Nordafrica, dove prende il comando dei paracadutisti. Di nuovo in Francia nei primi anni 50, Massu diventa generale e nel 1957 il governo del socialista Guy Mollet lo manda ad Algeri. E’ il secondo, grande capitolo della sua vita militare, la tragica battaglia d’Algeri. Dotato di poteri di polizia, con oltre seimila uomini a disposizione, deve mettere fine agli attentati e annientare l’organizzazione politica del Fronte di liberazione nazionale. In nove mesi, utilizzando tutti i mezzi, compresa la tortura, ristabilisce l’ordine. Ma in quelle tragiche settimane scrive anche una delle pagine più nere della storia francese. Ha obbedito, certo, ma lui stesso nel 2000 si rammarica ”di essere stato costretto a condurre quest’azione di polizia”. Cattolico praticante, invita la Francia a pentirsi. A differenza di altri generali in pensione, che giustificano l’uso della tortura in Algeria, la condanna: ”La tortura non è indispenasbile in tempo di guerra. Si potrebbe benissimo farne a meno. Quando ripenso all’Algeria, tutto questo mi affligge, perché faceva parte di una certa atmosfera”. Un atteggiamento che dimostra la contraddittorietà dell’uomo: ”Era un personaggio complesso - ha commentato Gillo Pontecorvo, l’autore de La battaglia d’Algeri. Aveva dati positivi, ma rappresentava anche un pesante elemento regressivo e reazionario”. Difensore dell’’Algérie française”, richiamato a Parigi per aver criticato de Gaulle, sarà rapidamente ”riabilitato” e finirà la sua carriera come capo delle forze francesi di stanza in Germania. E lì sarà protagonista di un altro fatto storico: il 29 maggio 1968, mentre la Francia è in preda alla rivolta, de Gaulle scompare. Parte in elicottero e va a Baden Baden, per parlare con Massu. Un episodio mai veramente chiarito. L’indomani, de Gaulle rientra, tiene alla radio un discorso inflessibile e poco dopo un milione di persone sfilano sugli Champs-Elysées per sostenerlo: il Maggio finisce con il trionfo del generale. Cosa si dissero i due uomini? Massu ha detto un giorno che forse lo avrebbe rivelato ai suoi figli, perché lo rendessero pubblico dopo la sua morte. Se non lo ha fatto, avrà portato con sé nella tomba un misterioso tassello della storia francese recente» (Giampiero Martinotti, ”la Repubblica” 28/10/2002).