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 2006  febbraio 22 Mercoledì calendario

La battaglia di Verdun

Alla conquista dell´"Uomo morto" la più inutile ecatombe della Storia. La Repubblica 22 febbraio 2006. Verdun può essere citata in due maniere completamente differenti: come esempio fulgido del valore dei soldati francesi che impedirono ai tedeschi di sfondare un punto debole della linea nemica (ils ne passeront pas) con tutta la retorica del caso. E come la prima, la più grande, la più dolorosa e significativa strage inutile, un termine non ancora entrato in uso nel gergo militare perché sembrava un controsenso. Ancora nessuno aveva cominciato a fare la conta dei morti che sembrava spaventosa, ma non così come si rivelerà alla fine della guerra e pochi avevano intuito che quello a cui stavano assistendo era qualcosa di completamente diverso da tutto quello che avevano visto in precedenza, e che erano entrati in un girone infernale da cui sarebbe stato così difficile uscire. Dal febbraio 1916 al dicembre dello stesso anno i francesi persero in quel tratto collinoso del fronte occidentale che scende sul fiume Meuse 542mila tra morti e feriti e i tedeschi 434mila. Non credo ci fosse nessuno negli alti comandi che non si rendesse conto che una tale strage era la conseguenza del progredire della tecnica, che aveva trasformato le armi in modo tale da renderle mille volte più letali di una volta. Di fronte a questa evoluzione, bisognerebbe dire rivoluzione degli armamenti, nessuno aveva pensato a una trasformazione parallela del modo di combattere rimasto grossomodo quello delle guerre napoleoniche, con i francesi che ancora andavano dicendo di aver perso contro i prussiani nel 1870 per mancanza di spirito combattivo, ma che se si portavano i reggimenti in ridosso al nemico con le baionette innescate, nessuno avrebbe potuto resistere loro. Abituati ad agire secondo riflessi pavloviani, gli alti comandi non si sforzarono minimamente di inventare nuove tattiche, di rendere più flessibile l´impiego dei soldati di prima linea e di fare in modo che non si andasse a morire per nulla. Con tutto il loro ciarlare della nobiltà e del coraggio dei soldati, dall´alto della differenza di classe, gli ufficiali continuavano a vedere i poveri fantaccini come «commodities», non come vite umane da proteggere o da salvare. La battaglia incominciò con i contendenti che facevano le loro strategie basandosi su falsi presupposti. Ancora attardati alle memorie della guerra del ’70, i tedeschi non avevano cambiato opinione sui comandi francesi, ritenendoli incapaci e qui potevano essere anche nel giusto, ma successivamente avevano allargato il giudizio negativo ai soldati e questo sarebbe stato un errore che avrebbero pagato caro. Quando ci fu l´attacco contro la linea francese, il colpo fisico, per così dire fu aggravato dal colpo psicologico per un´azione che nessuno si aspettava. Così all´inizio i tedeschi riuscirono ad avanzare e a prendere capisaldi importanti. La loro tattica di aprire un varco nel punto più debole della linea nemica aveva come corollario la convinzione che comunque un simile attacco avesse il potere di richiamare a Verdun tutte le truppe disponibili dell´area indebolendo così l´intera linea nemica. Di fronte all´incalzare dei tedeschi il comando francese si trovò davanti a una scelta: o ritirarsi di qualche chilometro con conseguenze imprevedibili sul morale delle truppe o trasformare Verdun in un carnaio gettando contro i tedeschi tutto il materiale umano di cui avevano piena disponibilità in assenza dei cannoni. I francesi scelsero com´è noto il carnaio e la battaglia si trasformò in un massacro dietro l´altro senza più nessun rapporto tra sacrifici da pagare e risultati concreti da raggiungere. L´episodio più celebre della battaglia diventò la lotta feroce per impadronirsi di un lembo della costa alta e selvaggia del fiume, un luogo chiamato «L´uomo morto». Per tre mesi i fantaccini francesi e quelli tedeschi se lo disputarono metro per metro lasciando nel terreno migliaia di morti: conquistare «L´uomo morto» nel gergo dei soldati da allora significò avere la certezza di andare a morire. In quel punto non c´erano rifugi e i cosiddetti vincitori appena arrivati presi sotto il fuoco di fila dei cecchini rischiavano molto di più di quelli che si erano buttati nella macchia ritirandosi. La prova che si era trattato di una strage inutile e che «L´uomo morto» non aveva poi nessuna importanza dal punto di vista tattico ma era solamente un punto d´onore tra i due contendenti fu dimostrato dal fatto che appena i battaglioni tedeschi avevano trionfalmente piantato la bandiera del kaiser sul punto più alto della costa vennero fatti ritirare dal comando. La disperata difesa francese forse non avrebbe resistito così a lungo e così duramente se dal comando non fosse arrivato Henry Petain trasformato da allora in eroe nazionale. Consapevole che anche il coraggio più temerario dipende alla fine dai rifornimenti Petain riuscì a organizzare perfettamente un sistema di trasporti al fronte che superasse il terrificante barrage dell´artiglieria nemica e a fare di questo continuo fluire di veicoli che portavano viveri ai soldati in prima linea il più celebre mito di tutta la guerra ma anche il più ingannevole perché in quei taxi requisiti anche a Parigi c´erano non solo viveri ma anche le truppe fresche che presto sarebbero state immolate nella battaglia che continuava sempre più dura. Per aver sottovalutato la resistenza del nemico i tedeschi improvvisamente si accorsero che terminare una battaglia era più difficile che iniziarla. L´11 luglio raggiunsero quasi Verdun ma furono buttati fuori da un ultimo disperato contrattacco. Durante le settimane successive i francesi lentamente ricatturarono quel terreno che avevano perso all´inizio e il 18 dicembre arrivarono esattamente al punto dove quasi un anno prima era iniziata la loro ritirata. Stefano Malatesta