Corriere della Sera 24/02/2006, pag.51 Wanda Lattes, 24 febbraio 2006
Svelato l’ultimo segreto della «Città ideale». Corriere della Sera 24 febbraio 2006. La città ideale, la grande tavola che da secoli viene quasi considerata un insegnamento divino da chi coltiva amore e rispetto per le regole auree di architettura e urbanistica, è stata disegnata nei particolari, e forse colorata, da Leon Battista Alberti, l’architetto, letterato, filosofo che alla metà del Quattrocento ebbe a imprimere una svolta fondamentale alle arti
Svelato l’ultimo segreto della «Città ideale». Corriere della Sera 24 febbraio 2006. La città ideale, la grande tavola che da secoli viene quasi considerata un insegnamento divino da chi coltiva amore e rispetto per le regole auree di architettura e urbanistica, è stata disegnata nei particolari, e forse colorata, da Leon Battista Alberti, l’architetto, letterato, filosofo che alla metà del Quattrocento ebbe a imprimere una svolta fondamentale alle arti. Finora si pensava che la tavola, conservata alla Galleria nazionale delle Marche a Urbino, fosse stata dipinta da Piero della Francesca, o da Luciano Laurana, da Francesco di Giorgio Martini, o addirittura da Botticelli, secondo il metodo consueto della ripresa di uno schema di disegno tracciato dallo stesso pittore prima di prendere in mano il pennello che avrebbe creato i chiari, gli scuri, l’azzurro che raffigurano pace, equilibrio, ritmo della piazza. Invece no. Le trenta radiografie e le riflettografie realizzate con attenta cura dall’équipe di Maurizio Seracini, lo scienziato – ricordiamolo – che ha già rivelato molti segreti di opere d’arte, perfino di Leonardo o Michelangelo, hanno messo gli studiosi in grado di affermare che il pittore lavorava sullo schema preciso di linee, punti, vuoti, insomma su un disegno figurativo, tracciato da un maestro che aveva ben chiaro l’effetto definitivo dell’opera. Sembra non da escludere che il preciso disegnatore abbia dunque anche posto mano ai colori. La conclusione degli accertamenti scientifici iniziati dagli esperti già anni addietro durante una mostra su Piero della Francesca a Urbino, appunto, hanno dunque ora permesso a Gabriele Morolli, ordinario di Storia dell’architettura a Firenze, di affermare che La città ideale è di fatto opera di Leon Battista Alberti, il maestro colto, severo e laborioso, che aveva già lasciato in diverse città italiane l’impronta del suo genio, che a Firenze aveva tra l’altro creato quella facciata di Santa Maria Novella che è vera regola di classicismo, e che attorno al 1450, nella Roma di papa Nicolò V, dava forte impulso alla ricerca di equilibri classici per architettura e urbanistica. «Gli edifici rappresentati nella tavola – dice Morolli – non solo sono fedeli trascrizioni di architetture descritte nel trattato albertiano De re aedificatoria, ma citano anche (come si può costatare osservando il lato destro del dipinto, ndr) noti lavori del maestro, come Santa Maria Novella o il Palazzo Rucellai. Può essere – conclude Morelli – che il disegno concluso sia stato colorato da altri, ma può anche esserci stato un perfezionamento di Alberti, molto interessato all’argomento». Anche altre edizioni della Città, conservate a Baltimora e Berlino, confermano la presenza di edifici albertiani quali soggetti preferiti. La presenza di Leon Battista Alberti a Urbino è stata del resto analizzata in varie occasioni, anche a proposito della possibilità di una sua influenza più o meno diretta sulla progettazione, da parte di Luciano Laurana, del famoso Palazzo Ducale. Ma è comunque sicuro che Federico da Montefeltro conservava nella biblioteca, assieme a Vitruvio, una copia manoscritta del De re aedificatoria, arrivando a scrivere: «Io e Battista eravamo uniti dalla massima familiarità e amicizia». Dunque, e questo non è sostenuto soltanto da Morolli, l’impegno per la Città troverebbe riscontro nella cronaca di Urbino e non esclusivamente nell’analisi scientifico-culturale. Il professor Morolli fa il suo sorprendente annuncio alla vigilia dell’apertura della grande mostra sull’Alberti da lui curata, assieme a Cristina Acidini e ad altri studiosi, nella sede di Palazzo Strozzi, a Firenze, a conclusione delle manifestazioni dedicate in Italia all’Alberti nel sesto centenario della nascita. Wanda Lattes