Varie, 27 febbraio 2006
MORATTI
MORATTI Gianmarco Genova 29 novembre 1936. Petroliere. Fratello di Massimo. Sposato con Letizia Brichetto. «[...] serissimo, apparentemente introverso [...]» (Monica Setta, ”Capital” novembre 2002) • «[...] era l’educatissimo, bellissimo, elegantissimo rampollo della Milano miracolosa. D’estate, abbronzato, con addosso raffinate camicie bianche, in sella alla Vespa sulle strade della Versilia, sembrava il protagonista perfetto di un film di Dino Risi. Una specie di Jean-Louis Trintignant a portata di mano. D’inverno usava vestiti cuciti a mano e cravatte tinta unita. Lo si vedeva allo stadio a fianco di papà e del fratellino Massimo. A fine partita scendeva negli spogliatoi, chiacchierava con Armando Picchi o Sandrino Mazzola. Magari papà portava i giocatori a casa, per cena. Gianmarco li trattava da pari, da amici, gli eroi sportivi più celebrati del momento. Tutti invidiavano Gianmarco. Lo invidiava da morire anche Angelo Rizzoli perché suo padre, Andrea, presidente del Milan, non gli concedeva la stessa intimità con i calciatori: né spogliatoi né cene. Era terrorizzato che le foto dei suoi ragazzi potessero finire sul giornale. Come quella d’un centromediano qualsiasi. Quando il Milan vinceva gli scudetti, oppure le coppe dei campioni, nelle foto celebrative a fianco di Gianni Rivera non c’era nessuno, e Angelo Rizzoli aveva dei travasi di bile perché invece Gianmarco posava con Picchi, o con Giacintone Facchetti [...]» (’Il Foglio” 6/12/2000) • «Quando gli hanno chiesto che cosa farà con tutti quei soldi, Gianmarco Moratti, davanti a una platea di giornalisti e investitori, si è avventurato in una lunga perifrasi. Sintetizzando al massimo, il succo del discorso è sembrato questo: ”Ho sempre fatto il petroliere e continuerò su questa strada”. Come dire, non smetterò di investire nell’attività che ha fatto la fortuna di famiglia. Andrà davvero a finire così? E poi, anche Massimo, fratello minore di Gianmarco, la pensa allo stesso modo? La risposta a questi due interrogativi vale quasi 2 miliardi di euro. questa infatti la somma che i Moratti si spartiranno in parti uguali con lo sbarco in Borsa (il 18 maggio) della Saras, una delle più grandi raffinerie d’Europa. I due imprenditori milanesi, eredi del fondatore Angelo, potrebbero arrivare a incassare circa 960 milioni di euro ciascuno. [...] I Moratti, insomma, hanno fatto bingo. Corteggiati per anni dalle maggiori banche d’affari internazionali, si sono infine decisi a vendere un pezzo dell’azienda di famiglia e lo hanno fatto nel momento migliore (per loro). Prezzi petroliferi alle stelle, margini di raffinazione in costante ascesa e previsioni a dir poco ottimistiche per l’immediato futuro. La Saras, che nel 2001 aveva ancora i bilanci in rosso, si è trasformata in breve tempo in una vera macchina da soldi. Nel 2005 i ricavi del gruppo, che praticamente non ha debiti, hanno superato i 5 miliardi di euro con 490 milioni di utile operativo. Quasi 10 euro di profitti ogni 100 di fatturato. Risultati ancora migliori di quelli, più che brillanti, realizzati dagli altri due grandi gruppi petroliferi privati italiani: la Erg dei Garrone, già quotata in Borsa, e la l’Api dei Brachetti Perretti, che punta al listino entro l’estate. Ha contribuito a gonfiare l’utile anche la produzione di elettricità generosamente sovvenzionata dallo Stato. Il Gestore nazionale, infatti, compra l’energia targata Saras (e anche quella dei suoi due maggiori concorrenti) a prezzi maggiorati sulla base della cosiddetta tariffa Cip 6. E quest’attività vale da sola oltre il 30 per cento dei guadagni complessivi del gruppo. I Moratti, a dire il vero, erano già passati alla cassa anche prima del collocamento. [...] Resterà davvero tutto in famiglia, tra oro nero ed energia? ”Siamo petrolieri”, ripete Gianmarco Moratti [...]» (Vittorio Malagutti, ”L’espresso” 11/5/2006). «”InnaMoratti, sempre di piùùù! / in fondo all’anima, ci sei sempre tuuu!” strillavano ridendo gli studenti nei cortei, facendo il verso a Un’avventura di Lucio Battisti. Scherzavano, le canaglie. Senza rispetto per l’allora ministro dell’Istruzione. Ma c’è chi è davvero innamoratissimo di Letizia Brichetto Arnaboldi: suo marito Gianmarco Moratti. Gli altri regalano alla moglie un paio di orecchini, un anello di brillanti oppure, se sono ricchi sfondati, una Bentley Continental Gt Coupé come quella donata da David Beckham all’amata Victoria, la ex spice girl? Lui alla moglie ha regalato Milano. Di più: in occasione della presentazione ufficiale della candidatura della signora a sindaco, arrivò a uscire dal suo proverbiale silenzio (il papà Angelo fece due figli, uno ciarliero e uno muto: lui è quello muto) per concedere alla stampa addirittura qualche dozzina di parole. Cosa che, sui cronisti, ebbe l’impatto di una loquace chiacchierata di Bernardo, il servo afasico di Zorro. Spiegò dunque a Elisabetta Soglio del Corriere che lui era proprio contento della candidatura della moglie: ”Con Letizia ho passato 36 anni di felicità e spero, anzi sono certo, che lei potrà dare la stessa gioia anche a Milano”. Quanto peso ha avuto il suo parere sulla decisione di candidarsi? ”Io ho spinto molto, perché so che mia moglie potrebbe essere il miglior sindaco per la nostra città”. Ha seguito questa campagna elettorale? ”Sì, ed è stato molto importante aver conosciuto da vicino i problemi della città”. Come si risolvono? ”Letizia saprà come fare, perché lei è abituata. Una persona che da 27 anni segue una comunità di emarginati sa come si affrontano iproblemi”. L’accenno a San Patrignano, dove i due si spendono da una vita con i ragazzi decisi a disintossicarsi, spinse anzi Gianmarco ad andare più in là. E a spiegare che, per carità, lui non temeva affatto che lei, se eletta, fosse molto esposta: ”Quando una persona non vive per la propria ambizione ma per un ideale profondo, quando è estremamente onesta e moralmente integerrima, non può avere paura”. Aggiunse infine di essere entusiasta del primo assaggio della vita da ”first sciùr” perché in quelle settimane aveva avuto ”modo di incontrare molte persone e conoscere i veri problemi della gente”. Insomma: «La campagna elettorale ci ha molto arricchiti». Lei, commossa da tante coccole pubbliche, ricambiò: ”Tutti i giorni della mia vita sono dedicati a lui, perché è una persona splendida e solo grazie a lui sono diventata quella che sono”. Giustissimo. Soprattutto per quanto riguarda la conquista di Palazzo Marino. Se il marito uscì dalla campagna elettorale ”arricchito” umanamente, finanziariamente invece si svenò. Meglio: si sarebbe svenato se lui e il fratello Massimo, presidente dell’Inter, non fossero più ricchi del conte di Montecristo. Dai soli atti ufficiali risulta infatti che l’imprenditore Moratti Gianmarco, socio forte dell’industria petrolifera Saras, versò al comitato elettorale di Moratti Letizia, alla voce ”contributi”, la bellezza di 6.335.000 (seimilionitrecentotrentacinquemila) euro. Per capirci: con quei soldi, di lussuosissime Bentley Continental GT Coupé, poteva regalarne alla moglie quarantuno. Con l’autoradio e il frigobar. Gli domandarono: è vero che ha pagato lei questa campagna elettorale? Sorrise: ” vero che in casa i conti li tengo io”. L’idea che qualche avversario potesse chiedersi maliziosamente se un atto d’amore così costoso fosse anche un investimento sul futuro non lo sfiorò neppure. Del resto, se suo fratello Massimo aveva speso 19 milioni e mezzo di euro per un ronzino come Javier Farinós (Farinós!) e altri 21 per un brocco come Sergio Conceição (Conceição!), non era forse libero, lui, di puntare su una bella puledra purosangue sulla ruota di San Siro? Che Letizia Brichetto Arnaboldi Moratti sia sempre stata trattata bene dal consorte è, d’altra parte, una leggenda finita perfino in Consiglio dei ministri. Successe il giorno in cui, taglia qua e taglia là, per poter tagliare un po’ le tasse Silvio Berlusconi mise le mani pesantemente sui bilanci dell’Istruzione. Scandalizzata, lei tentò una ribellione. Al che Giulio Tremonti, aggiustandosi gli occhialetti e strascicando perfido la ”evve” moscia, le sibilò: ”Letizia, renditi conto che il governo non è mica tuo marito”. Un dettaglio di cui ebbe modo di rendersi conto anche Bruno Ferrante, l’ex prefetto che alle Comunali correva per le sinistre: ”Ce l’ho messa tutta, ma era quasi impossibile. Sono partito che non avevo un euro, un telefono, un ufficio, un collaboratore. Noi spendevamo uno, loro cinque”. E così scrissero, in un comunicato, anche i Ds. Secondo i quali Ferrante aveva speso per tutta la campagna elettorale 694.000 euro rastrellati tra i militanti e i comitati di base e le collette e un po’ di soldi dei partiti della coalizione, e la Moratti 3.642.900. Errore: dal solo marito ebbe in realtà (ufficialmente) nove volte più del denaro investito dall’avversario. E il bello è che Gianmarco Moratti, su quei soldi spesi per la campagna della moglie, risparmiò più tasse che se li avesse dati a un laboratorio scientifico dedito, tra mille difficoltà e carenze di attrezzature e ricercatori pagati 900 euro al mese, agli studi sulla leucemia infantile. Penserete: non è possibile! Invece è così. Dice la legge che ”le erogazioni liberali in denaro” a organizzazioni, enti, associazioni onlus (cioè non lucrative di utilità sociale) si possono detrarre dalle imposte per il 19% fino a un tetto massimo di 2065 euro e 83 centesimi. Tetto che per i finanziamenti politici è cinquanta volte più alto: 103.000 euro. Facciamo un esempio? Prendiamo un imprenditore con moglie, due figli, un reddito tondo tondo di un milione di euro l’anno e 423.170 euro di imposte da pagare. Se dona 100.000 euro a una onlus (per dire, una comunità di disabili o i bimbi lebbrosi di Madre Teresa di Calcutta) va a pagare tasse per 422.777 euro con un risparmio di 393. Se invece versa un contribuito di 100.000 euro a un partito va a pagare di Irpef 404.170 euro, con un risparmio di 19.000 euro tondi. Riassumendo: a dare una mano a chi dedica la vita ad alleviare il dolore ti avanzano i soldi per un masterizzatore. A ingraziarsi la simpatia di una giunta o di una segreteria che possono venire utili per gli affari, risparmi quanto basta per andare in crociera in otto, con moglie, figli, genitori e suoceri a Tahiti e Bora Bora» (Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella, ”Corriere della Sera” 30/4/2007).