Varie, 27 febbraio 2006
TOSI
TOSI Piero Pescia (Pistoia) 4 luglio 1940. Rettore dell’università di Siena e presidente della Conferenza dei rettori italiani (Crui). Sospeso per due mesi dalle sue funzioni con un provvedimento del gip di Siena che lo ha messo sotto indagine per abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. (il pm e il gip di Siena gli rimproveravano irregolarità nella stipula della consulenza affidata all’ex direttore amministrativo dell’ateneo andato in pensione anticipata e poi messo sotto contratto per altri 5 anni, nel bando dei concorsi per primario di medicina legale e per associato di chirurgia plastica senza la necessaria delibera del Senato accademico, nel conferimento delle responsabilità dei dipartimenti dell´azienda ospedaliera. [...]» (’la Repubblica” 25/2/2006) • «[...] guida della conferenza dei rettori italiani, ”grande amico del pittore Antonio Possenti o di un dentista di Viareggio”, e grande nemico della Letizia Moratti. Le accuse: abuso d’ufficio, falso e tentata concussione. Più sospensione dall’incarico. Ma lui, spiegano nel palazzo dove abita, vicino al Policlinico, ”non è mica quello che avete scritto. uno che si alza presto al mattino, uno pignolo da matti, fanatico della precisione, uno che vive così tanto di università che è persino insopportabile. Pensa solo al lavoro”. [...] è tifoso della Fiorentina, ”grande appassionato di tennis e assiduo spettatore di basket [...] politicamente forse vicino alla Margherita. Un professore severo”. Nei suoi 12 anni di regno, l’Università di Siena si è estesa, ”ha costruito nuovi palazzi, e ha aperto corsi a Poggibonsi, Montepulciano, Montalcino”, spiega il sindaco, Maurizio Cenni. E tutti i docenti lo ripetono in coro: ”Non ha lavorato male”. L’inchiesta della magistratura ha invece tracciato il ritratto impietoso di un uomo di potere un po’ bieco e un po’ barone, che dispensa favori e incute timore. Secondo il gip Francesco Bagnai avrebbe violato la legge, concedendo incarichi a chi non ne aveva il diritto per favorire il figlio. E secondo il pm Nino Calabrese ”risulta in maniera inconfutabile il timore che tutti hanno del rettore Tosi, tanto che nessuno ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto, rifugiandosi dietro esposti anonimi”. Addirittura? In realtà, girando fra le strade di Siena e i corridoi dell’Università, non viene fuori proprio questo ritratto, se persino Stefano Bisi, caporedattore del ”Corriere di Siena”, il giornale che ha tirato fuori il primo dei casi da cui è partita l’inchiesta, dice che non potrebbe ”assolutamente parlar male di Tosi, e credo che non ci riuscirebbe nessuno. Sono rimasto anch’io colpito da questo provvedimento di sospensione. Puoi accusarlo di superficialità, come abbiamo fatto noi, ma non di malaffare”. [...] E allora dov’è la verità? A Tosi si contesta la nomina di Aldo Caporossi, direttore della clinica dove il figlio si stava specializzando, a responsabile di uno dei Dipartimenti ad attività integrata dell’Azienda ospedaliera di Siena. In pratica, la promozione sarebbe stata concessa per agevolare il figlio Gianmarco (’laurea con 110 e lode e master negli States”). Il sanitario, aggiunge l’accusa, non aveva ancora optato per l’attività intramoenia, come imponeva la legge Bindi, e quindi quel posto non gli spettava. Ribatte l’avvocato Enrico De Martino, uno dei difensori di Tosi: ”Vero. Ma la nomina fu condizionata a quella scelta. E difatti il direttore della clinica la prese prima di assumere l’incarico”. Secondo capitolo: il rettore è indagato per essersi autonominato a capo di uno dei Dipartimenti di attività integrata, quello oncologico. L’avvocato spiega che si trattò di un errore: ”Tosi firmò 63 provvedimenti, finendo per nominarsi pure nella gran mischia a un incarico che già ricopriva e dal quale si dimise un anno e mezzo dopo”. Il terzo abuso d’ufficio riguarda una consulenza stipulata nel 2004 con un ex dipendente universitario andato in prepensionamento. Il contratto sarebbe stato irregolare, perché non erano trascorsi 5 anni dal pensionamento, come impone la legge. De Martino: ”Quella norma non la conosceva nessuno. Né il rettore, né tutto il consiglio d’amministrazione che decise il contratto”. Per ultimo, c’è ancora il falso ideologico per due concorsi indetti dal rettore senza autorizzazione del Senato Accademico. Risposta: ”Non è vero. L’autorizzazione c’era”. [...]» (Gian Antonio Stella, ”Corriere della Sera” 3/3/2006).