Gianni Brera da Il principe della zolla, Il saggiatore, 1994, 27 febbraio 2006
Pelè aveva il Parnaso nei piedi, Giacomino tra le scapole. Dunque andiamo a Lisbona. Spira vento da sud-ovest e io domando ai portoghesi: «Par piasé, cal vent chì ’l sarà mia sciròk!?»
Pelè aveva il Parnaso nei piedi, Giacomino tra le scapole. Dunque andiamo a Lisbona. Spira vento da sud-ovest e io domando ai portoghesi: «Par piasé, cal vent chì ’l sarà mia sciròk!?». «Nao che nao l’è scirok, mi rispondono, parché ’l sciròk u ven d’l’Afriché». «Ben, gli dico, quast chì l’è anca pegg dal sciròk parché ’l porta la spussa ch’ho senti a Giacarta gnand indré d’’l’Australia; ch’la spussa d’romantich e d’muffa che Pierre Loti l’disia ch’l’era ’l profum di tròpich, e chissà parché s’at taca la majetta a la pell e t’vorissat faà la doccia tutt i moment». «Nao, nao ch’lè nao sciròk», insistevano i portoghesi, e qualche volta erano di Reggio Emilia, qualche altra volta delle parti del povero Coppi. Parlando pavese schietto andavo benissimo: cosi ho comperato le Lusiadi in edizione di lusso e la regalo al mio amico Rico Banderal, che sicuramente non ha mai immaginato di poter leggere Camoens in lingua. Pelé mi incanta come non ha mai potuto nel giorni più splendidi. Capisco perché i brasiliani prendano cappello alla sola idea di vederlo emigrare; perché gli abbiano stampato l’orma del piede sulla copertina del libro Eu sou Pelè; perché chiedano sogghignando un miliardo. Sono onesti. Se per Morbello sono stati chiesti e ottenuti novanta milioni, per Pelé ci vuole un trilione, cioè mille miliardi. alto 1,73, mi pare; traccagnotto e potente, ma nello stesso tempo agile e sciolto, come i grandi atleti olimpici che corrono soltanto. Batte di sinistro e destro, sempre mirando. Dribbla con movenze armoniose, sornione, plastiche, senza sculettare o danzare come tanti. Rifiuta il numero di dribbling (el pase) come una manifestazione deteriore e inutile. un vero classico. Dolce, chiara è la notte e senza vento. Pronunciate le comunissime parole di questo che è fra gli endecasillabi di più limpida trasparenza. Continuate: e cheta sovr’ai tetti e dentro gli orti... mia nonna che parla affacciandosi nottetempo alla finestra. Mia nonna analfabeta e grande. Posa la luna e di lontano rivela - serena ogni montagna. Sapete che è Giacomino: ha il Parnaso fra le scapole, e i coglioni dicono che è gobbo. Bene: adesso guardate Pelé. Dolcechiaré: ha alzato il piedino prensile: lanotte: la palla si è fermata al primo contatto e senza vento: ricade ammansita sull’erba: un piedino prensile l’accarezza mentre l’altro spinge: echetasovraitetti: accorreva un avversario: si è coricato come un birillo: tettiposalà: avanza un altro: piroetta; lalùna: ecco un compagno smarcato: oppure, ecco una nuova battuta di dribbling: si corica il secondo birillo: o magari no, questa volta il birillo non si corica e vince il tackle: Pelé ha sbagliato il dribbling: càpita: anch’io ho dimenticato: sovr’ai tetti e dentro gli orti. Ripetizione: posalalunedì lontàn rivèla: ora parte Pelé in progressivo: è Berruti che vòlita fingendo di allenarsi. Serenognì montàgna. Correndo, senza sforzo apparente, ha fissato i bulloni in terra ed ha scaricato fulmineo la pedata: ha mirato, si è visto: mentre correva ha mirato e battuto a rete. Serenognì montàgna. Punto. Gol. Mi dico di non aver mai visto nulla di simile. Gli dedico epinici. Mi esalto e lo esalto. L’ho veduto far questo: coricare tre birilli e battere di sinistro sul portiere: palla che schizza verso il fondo: prima che esca, continuando la corsa, Pelé compie un gran balzo e ricade col sinistro sulla palla: la colpisce a volo, in modo che s’infila tesa e bassa in diagonale. Sono tutti a guardarlo allibiti. la quarta rete del Santos e fa quattro a zero. I lusitani, benché abbiano pagato il biglietto, scoppiano in singhiozzanti applausi. O Gòngora ti cheta, ch’io non son poeta. Se avete capito ”Dolce e chiara è la nottesenzavento” non ho bisogno di proseguire. Pelé vede il gioco suo e dei compagni: lascia duettare in affondo chi assume l’iniziativa dell’attacco e, scattando a fior d’erba, arriva a concludere. Mettete tutti gli assi che conoscete in negativo, poneteli uno sull’altro: stampate: esce una faccia nera, non cafra: un par di cosce ipertrofiche e un tronco nel quale stanno due polmoni e un cuore perfetti: è Pelé. Ma ce ne vogliono molti, di assi che conoscete, per fare quel mostro di coordinazione, velocità, potenza, ritmo, sincronismo, scioltezza e precisione. Gianni Brera (da Il principe della zolla, Il saggiatore, 1994)