24 febbraio 2006
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Michalak Frederic
• Nato a Tolosa (Francia) il 16 ottobre 1982. Giocatore di rugby. «[...] in Francia, ha oscurato la fama di giocatori leggendari come Magne e Pelous. Dal suo debutto, vittoria (20-10) contro il Sud Africa a Parigi, 10 novembre 2001 [...] Ha vinto il Grande Slam nel Sei Nazioni 2004, perdendo con il Tolosa la finale di Heineken Cup dai Wasps di Dallaglio (27-20). Sfortunato protagonista (4 calci fuori e tanti errori al piede) nella sconfitta dei coqs in semifinale mondiale, 7-24 dall’Inghilterra a Sydney. Nell’aprile 2001 guida la Francia alla finale del Mondiale juniores, vinto dalla Nuova Zelanda. In giugno vince il campionato con lo Stade Toulousain, 34-22 sul Montferrand di Troncon. Cresciuto a Ramonville Saint-Agne, nella banlieue di Tolosa, a 5 anni ha già il pallone in mano, seguendo il fratello Denis. Il rugby lo apprende dal padre Serge, terza linea alla domenica, un muro in difesa, minatore in settimana. Famiglia di origine polacca, il nonno aveva lasciato la Polonia per lavorare nelle miniere del nord della Francia. Il divorzio dei genitori mette in crisi il fratello, che lascerà il rugby, ma anche Fred lo prende male. Giovanissimo, è legato a Vanessa, del Camerun. ” la donna della mia vita,adesso lei è la mia famiglia”. Uomo di successo, impegnato in opere caritatevoli e ad assistere bambini ammalati, gira in Mercedes coupè quando i compagni del Tolosa guidano Peugeot 307. Per lui si moltiplicano gli inviti dalle televisioni, gli articoli su giornali importanti. La stampa australiana lo chiamò ”pin up boy”, quasi un sex symbol. ”Paris Match” lo ha definito ”Zidane del rugby”. E l’ex juventino è il suo idolo. ”Stesso ruolo, stessa filosofia, come lui, io gioco per gli altri”. La sua gestualità ricorda campioni anni 50-60: Andrè e Guy Boniface, Gachassin, Maso, Trillo. una sintesi tra Deylaud ”per la sua tecnica e il passaggio al largo” e Castaignède ”per la falcata e la rapidità”. Il rugby non gli basta per scaricare le energie. ”L’ho scelto per lo scontro, il placcaggio, la sfida. [...]” [...]» (Carlo Gobbi, ”La Gazzetta dello Sport” 24/2/2006).