Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  febbraio 19 Domenica calendario

Il «grullo» Panariello «Io, la seconda scelta». La Stampa 19 febbraio 2006. Quando non era ancora stato incoronato re della «tv deficiente» - ma si stava impegnando seriamente per diventarlo - gli dissero un giorno che Massimo D’Alema, allora presidente del Consiglio, desiderava incontrarlo: «Mi aveva visto in tv e voleva capire come si fa a risultare simpatici»

Il «grullo» Panariello «Io, la seconda scelta». La Stampa 19 febbraio 2006. Quando non era ancora stato incoronato re della «tv deficiente» - ma si stava impegnando seriamente per diventarlo - gli dissero un giorno che Massimo D’Alema, allora presidente del Consiglio, desiderava incontrarlo: «Mi aveva visto in tv e voleva capire come si fa a risultare simpatici». L’ex elettricista Panariello si prese il suo tempo («Ero molto impegnato e rimandai l’incontro alla fine del programma»), poi, senza fretta, andò a conoscere il premier, visitò «la stanza in cui sono conservati statuette, ritratti, disegni, vignette, pupazzi, figure in marzapane, legno e ottone che lo ritraggono», insomma «la galleria degli orrori», lo lasciò parlare ed emise il suo verdetto: «Glielo dissi: lei sembra troppo austero e distaccato, un poco snob e quasi chic. Per l’elettorato cui si rivolge, servirebbe qualcosa di più sanguigno e spontaneo». Anche solo per quel «quasi chic» varrebbe la spesa d’acquistare «Il grullo parlante», biografia di Giorgio Panariello (scritta con Massimo Cotto) che l’editore Aliberti manda in libreria a una settimana dall’inizio del Festival di Sanremo e «La Stampa» ha letto in anteprima. E’ in virtù di quel «quasi», infatti, che si comprendono, se non le ragioni della poca spontaneità dalemiana, almeno quelle del successo del cabarettista. Già, perché se D’Alema è «quasi» snob, Panariello è «quasi» deficiente; e se la prima, la seconda o anche la terza impressione giocano abbastanza a suo sfavore, poi si finisce per aver voglia di capire meglio, e capita persino di cambiare idea. Andò così con la politica, in fondo. La prima recensione a un suo monologo, su «un giornale di sinistra», fu un tragico epitaffio: «Ieri sera Panariello ha portato in scena il suo primo spettacolo teatrale: perché?». Altri si sarebbero scoraggiati o arrabbiati, non il Grullo che invece ammette: a quei tempi scopiazzava parecchio e solo un pubblico digiuno di riferimenti poteva cascarci e crederlo un genio. E andò così in amore, con la sua compagna Elena: «Era un’amica di Carlo Conti. Dopo la prima puntata di ”Vernice fresca” ha detto: ”Questo è scemo”». Solo al terza sera, s’apprende, Elena ha avuto i primi dubbi e ha voluto conoscerlo. Un po’ più in fretta di D’Alema. Ed ecco che, di spettacolo in spettacolo, di stroncatura in stroncatura, il re della tv deficiente sbarca ora a Sanremo come presentatore e direttore artistico. Anche qui, l’ex imitatore di Renato Zero s’è preso i suoi tempi: «In pochi lo sanno, ma mi era già stato chiesto una volta, nel 2002. Sottoscrissi l’opzione ma poi dissi di no e mi feci da parte. Ecco perché Pippo mi invitò come ospite; ma rifiutai anche quella proposta». Un po’ snob e quasi chic anche lui, a ben vedere, l’ex disc-jokey Panariello non si fece prendere dalle fregole neppure quando venne indicato al Paese come l’uomo simbolo della «tv deficiente». Per la cronaca, dalla signora Franca Ciampi. «Allora, andò così: mi chiamano e mi dicono che sono sulla copertina dell’Espresso. Corro in edicola a comprarlo e vedo quella bella scritta sotto la mia faccia: ”La tv deficiente”. Son soddisfazioni... La seconda sorpresa arriva dopo che ho letto l’articolo. Del mio nome non c’è traccia. Mi avevano messo in copertina senza motivo, forse come emblema della televisione di quei tempi. La signora Ciampi smentì più volte, ma non servì a nulla. Mi disse: ”Signor Panariello, la scongiuro di credere che mai e poi mai ho fatto il suo nome. Tra l’altro mio marito è toscano come lei”... Questa leggenda metropolitana mi è rimasta appiccicata addosso anche per colpa mia. Quella è l’unica situazione in cui ho sbagliato a non smentire subito». Forse perché Panariello, anche quella volta, era «quasi» offeso. Come tutte le altre. Come quando Edmondo Berselli lo definì «L’ultimo militante d’una razza in via d’estinzione: il partito degli irresponsabili». Lui rievoca, giusto per amor di precisione biografica, e non si dà neppure la pena di smentire del tutto: «All’inizio sguazzavo nell’irresponsabilità, ed era bello uguale. A me piacerebbe mantenerla ed è per questo che faccio il possibile per coltivarla. Io voglio dire una battuta e farti ridere. Non m’interessa se dopo dici ”Che cazzata”... Intanto ridi... Non faccio satira, non ne sarei capace». E tuttavia si apprende che il Grullo non è un qualunquista e neppure un cerchiobottista come tanti colleghi, al contrario ha «idee politiche ben precise»: «Un tempo ero iscritto a Lotta Continua, oggi sono di centro-sinistra. Ma non faccio spettacoli contro Berlusconi, non mi interessa la battaglia da un palco. Rispetto chi è bravissimo a farla: Grillo, Luttazzi, Guzzanti... loro lo possono fare perché sono in grado di difendere le loro battute davanti a chiunque. Io non ce la farei. Non ho una memoria storica ferrea come la loro, non ho una cultura politica così profonda. Se Berlusconi mi attacca, io me la fo’ sotto. Non ho lo spessore di un Luttazzi». Neanche lo spessore d’un Pippo Baudo o di un Bonolis, Panariello ci tiene a metterlo bene in chiaro in vista del Festival: «Credo che mi abbiano chiamato per due motivi. Il primo: sapevano che Bonolis se ne sarebbe andato a Mediaset e Baudo era un po’ in rotta con la Rai. Il secondo: avevo una struttura e un gruppo di lavoro che avrebbe fatto risparmiare tempo». Infatti, ha già fatto un errore che Pippo forse non avrebbe commesso, ma ne è consapevole: «Mi sarebbe bastato invitare Albano nella categoria ”Uomini” e Loredana Lecciso nella categoria ”donne”. Si sarebbe parlato solo di loro e anche solo per curiosità la gente sarebbe rimasta incollata al festival. Invece, Albano lo scelgo solo se ha una bella canzone». Non l’ha poi scelto, son fioccate le polemiche; e se l’è presa con Panariello anche l’altra esclusa, Annalisa Minetti, che ha detto: non m’ha voluta perché sono cieca. Lì, il Grullo c’è rimasto male davvero, ma a consolarlo ci ha pensato il suo amico Pieraccioni con un sms: «Domani faccio una conferenza stampa e dico che Panariello mi discrimina perché ho le emorroidi». Per l’attore Panariello, che sogna «di «morire in scena come Molière», è stata «la battuta più bella di quel periodo», D’Alema prenda nota. Stefania Miretti