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 2006  febbraio 20 Lunedì calendario

DI CENTA Giorgio Tolmezzo (Udine) 7 ottobre 1972. Sciatore. Di fondo. Campione olimpico della 50 km e di staffetta a Torino 2006

DI CENTA Giorgio Tolmezzo (Udine) 7 ottobre 1972. Sciatore. Di fondo. Campione olimpico della 50 km e di staffetta a Torino 2006. La sua prima medaglia olimpica ai Giochi 2002 di Salt Lake City con un argento. Portabandiera a vancouver 2010. Ai Mondiali vanta un argento individuale nella combinata nel 2005 a Oberstdorf e un bronzo nel 2009 a Liberec, 2 bronzi in staffetta nel ”97-99. •Prima di diventare olimpionico era «[...] lo sciatore più sfortunato della terra: una volta un bastoncino rotto, un’altra volta una caduta, un’ennesima un raffreddore gli hanno sempre impedito l’exploit che meritava. Sceneggiatura da Fantozzi con la nuvoletta [...]» (Paolo Rossi, ”la Repubblica” 20/2/2006). «’Sono convinto che nel mondo siano importanti anche le persone che sanno stare nell’ombra” [...] Quante volte, in vent’anni, era stato sul punto di uscire alla luce ed era stato ricacciato nell’angolo? Quando poteva agguantare una vittoria, era finito secondo. Quando era secondo, aveva concluso terzo. [...] In una famiglia come la sua, c’è da sentirsi sfigati a non arrivare mai primo in una gara importante. Manuela, sua sorella, vinse due medaglie d’oro, e altre tre meno nobili, nella stessa Olimpiade. Suo cugino Venanzio Ortis fu il campione europeo dei 5 mila a Praga nel ”78. Per lui un argento nella staffetta a Salt Lake City. Comunque secondo. [...] Spontaneo, incantato. Forgiato da malanni che segnano l’anima. Da bambino - rivela la sorella - soffriva di un’asma terribile. Doveva chiedersi come diavolo facessero gli altri a correre al prato mentre lui entrava e usciva dagli ospedali e non stava in piedi quando lo coglievano gli attacchi. Ci ha messo del tempo e non è guarito del tutto. [...] pare uscito dal mondo di Heidi, montanaro felice e per scelta, uno che vive in un piccolo paese della Carnia, Treppo, e per darsi una botta di vita si è comprato una baita in un posto ancora più isolato dove porta la moglie e le tre figlie. L’ultima l’ha chiamata Gaia. Perché crescesse allegra. ”Siamo gente semplice. Mio padre Gaetano ha fatto il fornaio per quarant’anni e nei ritagli di tempo insegnava a tutti lo sci da fondo. [...] La mia passione - prosegue - è un trattore, che tengo a casa di mio padre. Lo uso per tagliare l’erba nei prati e il fieno, che neppure mi serve perché non ho bestie da sfamare, però in quel modo si tengono i campi puliti e poi si va a fare legna nei boschi [...] Mia sorella poteva essere una figura ingombrante [...] tra noi ci sono nove anni di differenza e io gareggiavo quando lei era ancora una campionessa di alto livello ma non mi sono mai sentito un fratello d’arte. Lei ha avuto i suoi momenti di sconforto e le stavo vicino, come lei ha fatto con me come sorella e come sportiva, perché il fondo è duro e ti abitua alla solidarietà [...]”» (Marco Ansaldo, ”La Stampa” 20/2/2006). «[...] Una famiglia, due campioni, quattro medaglie d’oro olimpiche. Tutto questo a Paluzza, duemilasettecento abitanti in Carnia, dove non crescono neppure le patate. Ma dove vive Gaetano Di Centa, maestro di sci. Mestiere che non era sufficiente a nutrire e crescere la famiglia, ed allora ecco che Gaetano si trasforma in fornaio, la notte. E di giorno allenava la squadra di fondo. Infine, nel tempo libero, pensa ad educare i suoi ragazzi insegnando loro l’amore per la natura. Per i boschi. Per lo sci. Il figlio maggiore, Andrea, promette. Manuela, è vogliosa e ambiziosa. Giorgio è il più tranquillo, alle prese con la sua asma allergica. ”Col cavolo che faccio il fondista: si fatica troppo” disse un giorno, e oggi le ricordano come le ultime parole famose. Poi succedono delle cose, in famiglia: Andrea, che giocava con Manuela alle ”Olimpiadi”, ha un incidente che gli causa problemi agli occhi. E, mentre la sorella cresce sportivamente, anche Giorgio - grazie all’invenzione dello spray - comincia a cimentarsi nel fondo e a divertirsi. L’allergia vera ce l’ha per lo studio e la scuola, e individua l’obbiettivo: il gruppo sportivo dei carabinieri. Così si impegna, lui che è un grande pianificatore, ed entra dove voleva. Ma, nel frattempo, Manuela diventa una star, ed oscura tutto il resto: gli ori di Lillehammer ed il suo charme ne fanno la leader della famiglia. ”A lei piace, ma è anche una generosa” ha sempre ripetuto il fratellino, tutto il contrario della sorella: schivo e amante del profilo basso. Giorgio incassa e porta a casa, poi incontra Rita Flora, ”il cinquanta per cento del mio successo”: moglie, compagna e confessore che ne accompagna dolcemente (e felicemente) la carriera. Le ombre di Manu sono svanite per sempre, resta solo lo spazio di una battuta: ”Bello aver cambiato i pannolini ad un campione olimpico”. E, nel vedere la sorella premiare il fratello, si capisce che il testimone è passato, che la staffetta è stata realizzata. In mondovisione» (Paolo Rossi, ”la Repubblica” 26/2/2006).