Varie, 20 febbraio 2006
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Denard Bob
• Bordeaux (Francia) 7 aprile 1929, Parigi (Francia) 14 ottobre 2007. Mercenario. «La sua vita è un romanzo. Nero. [...] esercita con spirito giansenista il mestiere più vecchio del mondo: mercenario. Ma non nella ”biffe”, nella fanteria, da protagonista. Signore o mastino della guerra, l’odioso, il Colonnello, il battagliero, Mustafa re delle Comore, la Volpe, musulmano ma patriota: Denard è tutto ciò che volete. Di uomini così, per fortuna, non se ne incontrano a mazzi. A suo modo è un pioniere: ha capito in anticipo che con la privatizzazione della guerra il suo ”sporco” mestiere stava per diventare onorabilissimo. Forse ha ragione quando si definisce un corsaro e rifiuta la qualifica di pirata. Non ha medaglie nei cassetti e sue campagne militari sono le stratificazioni dei conti in banca (anche se, mentendo, sostiene di essere al verde). La differenza è sottile e fondamentale: il corsaro è pur sempre il braccio violento di un stato, il pirata no. E lui, Denard, è di pasta diversa da tanti rozzi professionisti della morte abituati a vivacchiare negli interstizi delle piccole guerre dei Paesi fuori mano. Se insegui la sua pista leggi la storia: Katanga, Yemen, Kurdistan, Angola, Benin, Biafra, Ciad, Comore. Nella Storia stava per entrarci dalla porta principale visto che gli commissionarono di uccidere Mendes France. Lo stipendio lo prendeva direttamente dai servizi segreti francesi, qualcuno dice addirittura dall’Eliseo che gli ha affidato gli affari sudici del postcolonialismo africano. Ha dovuto lavorare come un castoro, le commesse piovevano. Nel contratto c’era sempre una clausola: i franchi svizzeri della parcella dovevano coprire anche il rischio di essere sconfessato in caso di insuccesso. Lui da professionista ha sempre rispettato i patti. La Francia qualche volta no. per questo che con i tribunali ha una pratica antica. Ma l’ha sempre scampata, i suoi padroni provvedevano a rendere le giurie malleabili. [...] Nella notte del 27 settembre del ”95 Denard e la sua piccola armata sbarcarono alle Comore. L’operazione, abbattere il presidente, si chiamava ”Eskazi”, il nome di un vento caldo. Lui ha sempre avuto la fissazione di appiccicare nomi poetici a imprese non certo ariostesche. Fu una passeggiata: i commandos Alpha, Bravo, Charly e Delta arraffarono i paesani ”centri nevralgici”, palazzo presidenziale compreso. Peccato che la Francia spedì i suoi paracadutisti, che portarono tutti in galera. Denard sostiene che l’operazione l’aveva lanciata con il sì dell’Eliseo; poi qualcosa non ha funzionato, forse lo hanno cinicamente usato per conquistarsi meriti. Se non è vero è verosimile. già successo: nel ”76 quando Parigi lo spedì a dare un ripulita in Benin dove avvampava un piccolo e contagioso Lenin locale. Con 60 scalmanati eseguì, attaccando il palazzo presidenziale. Si trovò davanti un’armata concorrente e cattiva: mercenari nordcoreani avvisati in anticipo da Parigi che lo misero in fuga. La politica francese era cambiata, si erano ”dimenticati” di avvertirlo. Lui non ha certo conservato rancore. [...] L’inventiva non gli manca: per arruolare la manodopera di uno dei golpe chiavi in mano ha fatto ricorso a un annuncio sul giornale, gliene servivano sessanta, risposero in cinquemila. Un’altra volta fece sbarcare i suoi mastini della guerra distribuendo volantini in cui dichiaravano di essere soldati americani: non allarmatevi, stiamo dando la caccia a Bin Laden! Gli hanno creduto.[...] si è sempre rifiutato di diventare un residuato vagamente conradiano. Potrebbe uccidere la noia nei bistrot, amministrare i suoi vigneti nella Gironda. No: il putsch è una goduria permanente, l’odore della polvere da sparo è meglio di una sbornia, la vita è una battaglia. Ha ucciso, spesso e molto, non per piacere, ma perché era un soldato di eserciti non regolari, un guerriero di guerre parallele, un ufficiale senza gradi, un signore della guerra senza sovranità. Come spesso succede si è installato nella propria sulfurea leggenda, attore ideale del proprio ruolo. Il ”colonnello Bob”, che ha passato la vita a inventare golpe, è perseguitato come un’ossessione dall’unico che non gli è riuscito. Le Comore sono il suo conto da saldare, la cambiale rimasta inevasa, la bisaccia dei dispiaceri. Le spiagge bianche, il mare da cartolina, il chiasso da Club Med che si mescola ai mormorii delle moschee, ragazze raggianti di bellezza, santoni rugosi come tartarughe: un veleno che gli è entrato nel sangue. Si è fatto perfino musulmano: Bob Mustafa Mahdjou Denard, con regolare pellegrinaggio a la Mecca. Avventura fallita. E pensare che non era più un ”contratto”: era la vita» (Domenico Quirico, ”La Stampa” 20/2/2006).