Paolo Biondani, Guido Olimpio Corriere della Sera, 03/02/2005, 3 febbraio 2005
Dal manuale del fiero attentatore: la prima virtù che occorre è la pazienza, Corriere della Sera, giovedì 3 febbraio 2005 Il terrorismo iracheno raccontato dai kamikaze mancati
Dal manuale del fiero attentatore: la prima virtù che occorre è la pazienza, Corriere della Sera, giovedì 3 febbraio 2005 Il terrorismo iracheno raccontato dai kamikaze mancati. Sono gli interrogatori dei giovani curdi, fermati un attimo prima di farsi esplodere. Testimonianze agli atti dell’inchiesta italiana sulla rete di reclutamento, raccolte dalla polizia norvegese e trasmesse alla Procura di Milano. Ma per il giudice Clementina Forleo i verbali degli aspiranti martiri di Al Ansar «non sono utilizzabili», perché equiparati a fonti anonime dei servizi di intelligence. Per i pm milanesi, invece, le confessioni provano come i militanti fossero veri terroristi e non solo guerriglieri. Ecco l’interrogatorio del primo kamikaze pentito di Al Ansar: Dedar Khalid Khader, 21 anni, curdo iracheno di Arbil, bloccato nel giugno 2002 in Kurdistan. Sei o sei stato membro di Ansar al-Islam? «Sì, ero soldato semplice». Chi era a capo di Ansar al-Islam? «Era il mullah Krekar». Lo hai mai incontrato? «Sì, più volte». Quando sei stato arrestato? «Era il 17 giugno 2002». Hai avuto dei colloqui con Mullah Krekar? «Non sono mai stato solo con il mullah, ma eravamo in diversi quando si discuteva degli attentati suicidi. Loro dicevano che erano cosa buona e che era bello essere musulmani e uccidere dei non musulmani. Si doveva andare fieri di essere un attentatore suicida. Fu Abu Abdullah Safihi (in contatto con la rete italiana, ndr) a chiedere se volevamo diventare attentatori suicidi mentre il mullah Krekar parlava con noi e ci convinceva a diventarlo». Quanto tempo passò tra il momento in cui indossasti la bomba e quello in cui arrivasti sul posto dell’attentato? «Solo 5 minuti. Indossai il panciotto in una casa giusto accanto al posto dove avrei dovuto compiere l’attentato suicida. Lasciai la casa insieme con Umed Abdullah. Salimmo direttamente su un autobus, ci vollero meno di 2 minuti. In autobus ebbi un ripensamento e non volevo più fare l’attentato, ma non dissi nulla. Scesi dall’autobus e lì fui circondato da quelli che mi presero». Dove avevi la bomba quando fosti arrestato? «L’avevo addosso. Era una specie di panciotto... Gli esplosivi si trovavano in una tasca sia davanti che dietro. Avevo anche una cintura con dell’esplosivo. All’interno dei pantaloni c’era il filo di collegamento con il detonatore che avevo in tasca... Sul lato destro avevo anche un altro detonatore. Era una riserva per il caso che il primo non funzionasse». Sai quanto esplosivo avevi addosso? «Avevo 5 chili di esplosivo». Quali erano gli ordini? «Abu Abdullah Safihi e Abu Baker Tohid mi spiegarono dove avrei dovuto fare esplodere la bomba. Mi raccontarono che avrei dovuto introdurmi in una folla di persone e poi ”depositare” la bomba. Era la città di Saisadiq, dove c’era il comando del Puk (importante partito curdo iracheno, ndr)». Quante persone c’erano sul posto quando scendesti dall’autobus per depositare la bomba? «All’incirca 25 persone». Perché, secondo il mullah, era bello fare un attentato suicida? «Ci raccontò che era cosa buona uccidere dei non musulmani mediante gli attentati suicidi e che quando uno muore e porta con sé nella morte dei non musulmani Dio gli perdonerà». Chi avresti dovuto uccidere? «Dei soldati del Puk (curdi, ndr)». E se perdevano la vita dei civili, aveva importanza se uccidevi anche quelli? «No, non aveva importanza che venissero uccisi anche dei civili». Hai sentito dire che nei campi di Ansar al Islam ci fosse qualcuno di al-Qaida? «Abu Abdul Ramman El Hami, che fu ucciso nel 2001 e che occupava una posizione importante ad al-Qaida, vi era stato. Abu Zuber, Abu Anar, Abdul Malik erano membri di al-Qaida ed erano al campo quando fui arrestato. Abu Yasser, che era arabo, era anche lui stato al campo, ma fu ucciso insieme a Abu Abdul Ramman». Quindi in conclusione tu eri disposto a farti saltare in aria uccidendo molte persone dopo essere passato per un corso di addestramento ed essere stato convinto dal gruppo Ansar al-Islam di cui mullah Krekar è il capo. Era anche presente agli addestramenti di quelli che avrebbero dovuto compiere gli attentati suicidi? «Sì, ne facevo parte. Sentii una preghiera di mullah Krekar alla moschea di Khana Kin a Byara, in cui ci raccontava che per i fratelli che sono disposti a compiere un’azione suicida, essi devono essere pazienti e se sono disposti a farsi saltare in aria e trovano soltanto 10 persone sul posto, devono aspettare per farlo, devono farsi saltare quando ce ne sono di più, sulle 20, 30 o 60 [...]». Ti hanno somministrato alcolici o droghe il giorno che avresti dovuto farti saltare in aria? «Penso che quel giorno ci fosse qualcosa nel cibo, perché mi sentivo spossato e volevo dormire. Anche 2-3 giorni dopo l’arresto mi sentivo stanco e spossato». Sai se una di quelle persone che avevano fatto il ”corso” ha effettuato un’azione suicida? «Mentre ero in prigione ho sentito parlare di un’azione suicida e lui era del 1985, però non c’era al corso che ho frequentato. Il suo nome era Abdul Gani. Lui era membro di Ansar al-Islam. Si fece saltare in aria a un posto di blocco. Questo avvenne nel 2003, prima dell’invasione». Sai di altri attentatori suicidi che facessero capo ad Ansar al-Islam? «Non ricordo chi fu a farlo, ma avvenne a un punto di controllo... Rimasero uccisi due giornalisti. Sono sicuro che dietro c’era Ansar al-Islam». Paolo Biondani, Guido Olimpio