Candida Morvillo Vanity Fair, 03/02/2005, 3 febbraio 2005
Se Fabio Canino ti dice «brava, brava» vuol dire che fai schifo, Vanity Fair, 3 febbraio 2005 La avverto
Se Fabio Canino ti dice «brava, brava» vuol dire che fai schifo, Vanity Fair, 3 febbraio 2005 La avverto. Dobbiamo darci del lei. Sarà un’intervista vera. Non avrà sconti solo perché a volte partecipo al suo ”Cronache Marziane”. «Ci sto però oggi non posso». Le hanno dato una seconda edizione, si è già montato la testa? «No. Mi aspettano alla Sapienza di Roma per una lezione». Si è reiscritto all’università? «Sono io che tengo una lezione». A domani. Cinecittà. Teatro tre. Primo piano a sinistra. Il camerino è dove lo ricordo prima di Natale. Il 4 febbraio ”Cronache” ricomincia. Sempre su Italia 1, stavolta non a mezzanotte, ma alle 23 e 15. L’ultima volta di Fabio Canino sulla tv generalista era stata nel 2000: Iena accanto a Simona Ventura. In mezzo, due programmi (’Voci” e ”Ank”) a Gay tv, sul satellite. Prima, teatro, radio, cinema, due libri (un terzo, Mai più senza, in uscita a inizio estate per Salani). Soddisfazioni: molte. Popolarità: poca. Quella, inizia ad arrivare adesso. A 41 anni. Inizierei come fanno tutti: Fabio Canino, gay dichiarato... «Faccia pure. Il vero sdoganamento sarà quando per par condicio dovremo scrivere: ”Gerry Scotti virgola etero dichiarato”. Oggi gli omosessuali sono di moda. Li infilano apposta nelle fiction e nei reality. Agogno il momento in cui la nostra presenza non farà più notizia. Per ora, la precedo su un fatto innegabile: che io sia gay è uno degli ingredienti del successo di ”Cronache”». Un anno fa, prima che si parlasse tanto di unioni di fatto e di outing, le avrebbero affidato una trasmissione sulla tv generalista? «Il pubblico era pronto. La stampa no. Per la cronaca, ”Cronache” ha fatto anche il 22,85 di share». Circa il doppio della media di rete a quell’ora. Il trash funziona? «Sei trash se scimmiotti male qualcosa o qualcuno pensando di fare arte. Quando a una pornostar dico: ”Brava, brava”, in realtà le sto dicendo il contrario. La Lecciso non è trash. è trash chi la critica prendendola sul serio. Noi siamo trash consapevoli. Il nostro tentativo è quello di togliere veli alla verità. Evidentemente la gente l’ha capito». Chiudendo il suo talk show, Maurizio Costanzo ha detto che non tollerava di confrontarsi con gli uomini nudi. L’imputato che risponde? «II riferimento, immagino, era allo streaker, che passa col segnale orario sul sedere. Costanzo è nato con Falcone e Gorbaciov. Mi sentirei offeso anch’io. Ma la tv cambia. Se facendo zapping uno incontra noi, una festa di colori e musica, si ferma. Capisce che ci divertiamo, ma intuisce altri livelli di lettura. Esempio: nel mezzo di un discorso, interrompo con un ”basta, ora si fa un balletto”». è la negazione del talk show? «è un codice. Indica che non ci prendiamo sul serio. All’università l’ho spiegato». Per raccontare l’esperienza da professore ha 20 secondi. «Parlavo di cazzate e gli studenti prendevano appunti. Qualcuno ci farà un esame e sono in preparazione delle tesi di laurea. Ho parlato dei codici di comunicazione di ”Cronache”. Che, per esempio, parla in modo serio di argomenti che non lo sono». Il picco d’ascolto assoluto? «è di Andy, bambola gonfiabile da pornoshop. Stava al tavolo degli opinionisti. Muta. Ha fatto il 30 per cento». Pensa di essere diventato famoso? «Sarò famoso quando entrerò nei giri di valzer per la conduzione di ”Verissimo”». E che altro cambia, università a parte, quando si diventa popolari? «Nei negozi mi fanno lo sconto. Ma basso, il 10 per cento. Alle mostre entro gratis perché mi invitano all’inaugurazione. Per strada mi riconoscono. Fa piacere. Molti ammiccano e basta, come a dire: ”Ci siamo capiti”. è il segno di un codice che ha creato una comunità». Comunità soprattutto gay? «No, una comunità di pazzi di cui sono solo il Navarro Valls, il portavoce. Alla fine, di argomenti omosex parliamo poco». Essere gay l’ha danneggiata in tv? «Mai ufficialmente. In modo ipocrita sì. Però rifarei tutto. Non so presentarmi diverso da come sono». E nella vita privata come se l’è cavata? «Già da bambino sentivo che ero diverso dagli altri, ma non capivo perché. Certi adulti mi compativano o mi prendevano in giro, mi davano del deboluccio o del poveretto. Questo mi faceva paura e mi faceva male, mi chiedevo che cosa avessi di diverso. A Firenze, nel bar dove compravo le caramelle, il barista mi prendeva in giro senza che ne capissi il motivo. Smisi di entrarci. Ci passavo davanti correndo». Questa è una storia da libro Cuore. Ne racconti una da orgoglio gay «Una sera, al ristorante, avevo come vicino di tavolo un gradasso brutto, unto, grasso, che voleva attirare l’attenzione di una ragazza prendendo in giro me. Io mi alzo, dico a lei: ”Guardi che il suo amico sta cercando di farle capire che sono frocio. Però i gay hanno tanti difetti, ma anche gusto e a lui non lo guarderebbero neanche se fosse l’ultimo uomo sulla Terra”». Che cosa voleva fare da bambino? «Il circo. Guardavo i trapezisti e mi dicevo che sarei diventato come loro». Che faceva nei tre film che ha girato? «Non ci crederà, ma Maurizio Ponzi mi volle protagonista di Fratelli Coltelli con Emilio Solfrizzi e Simona Ventura, un film in cui il testo, diciamo, non era da Oscar. Anzi, era una chiavica. Però Ponzi mi richiamò per Besame mucho, un film bellissimo, che ha avuto più successo all’estero. Ero, in sintesi, un detenuto chic che si riscattava col teatro fatto in carcere». Se la richiamò, l’aveva apprezzata. «Però da quando ho detto che Fratelli Coltelli è brutto Maurizio non mi parla più. Sono fatto così: sono sincero. Il film non è venuto come doveva venire. Se ne dovrebbe fare una ragione». Non vuole riparare? «Gli ho chiesto scusa cento volte. Non cede. In A ruota libera del mio amico Vincenzo Salemme, invece, feci un cameo. Ora aspetto le ”Cronache Marziane” del cinema». La prima delusione tv? «Le notti dei videoamatori su Italia 1: durò una notte sola. Ero autore e conduttore. Commentavo Vhs amatoriali. Di un filmato di nozze facevo la telecronaca come se fosse il matrimonio di Lady Di». E perché lo chiusero? «Il ”Corriere della Sera” scrisse che eravamo classisti e razzisti. Invece era un ”Cronache” ante litteram, ma artigianale. Conoscemmo il regista il giorno della registrazione: ”Piacere sono il regista, dobbiamo stare insieme dalle 13 alle 2 1, se voi non rompete le balle a me io non le rompo a voi”». La prima svolta nella carriera? «A Los Angeles vidi ”Making Porn”: show sul dietro le quinte del porno. Dissi a Ronnie Larsen, il produttore, che volevo comprare i diritti per l’Italia. Mi guardò: ”Voi avete il Papa, non glielo faranno fare”». E lei? «Lo proponevo. Rispondevano: ”Bellissimo, ma non te lo farà fare nessuno”. Quando sono riuscito a portarlo al Teatro Colosseo di Roma c’è rimasto tre anni. Tutte le stagioni vado a Londra e a Los Angeles per ”importare” spettacoli. Ho sempre voluto fare, e saputo fare, solo cose che mi piacevano». E che cosa proprio non le piace? «è porno il primo piano sulla mamma di Cogne. E chi va dal tizio che ha perso il figlio in un disastro e gli chiede come si sente. E non recensirei mai i libri di Bruno Vespa: mi spaventa il plastico di Cogne». Al ”Guardian” di Londra ha rilasciato un’intervista contro la Chiesa. «Ho detto che ci sono più gay procapite in Vaticano che altrove. Io, saltando la Chiesa, ho un ottimo rapporto con Dio. Conosco preti illuminati che detestano il Vaticano». Invitarli in tv? «Hanno paura. Vorrei che la Chiesa impiegasse meglio le energie spese per le sue condanne. Mi indignano i viaggi del Papa: sembrano concerti di Madonna, palchi giganteschi pagati magari da poverissimi Stati dell’Africa. Sogno un Papa che predichi sotto una palma. Le riprese tv fanno miracoli, in tv verrebbe bene lo stesso». Candida Morvillo