Pino Corrias la Repubblica, 24/06/2004, 24 giugno 2004
Retroscena dei lavori a Villa Certosa: la residenza sarda del Cav. potrebbe diventare la sede vicaria del Gov
Retroscena dei lavori a Villa Certosa: la residenza sarda del Cav. potrebbe diventare la sede vicaria del Gov., la Repubblica, 24/06/2004 Diavolo di un Berlusconi. Dovesse mai rendersi inagibile Palazzo Chigi, e magari l’intera Italia continentale, Villa Certosa, Costa Smeralda di Sardegna, potrebbe diventare la sede vicaria della Presidenza del Consiglio. Ecco spiegati i lavori. La loro urgenza. La loro secretazione. La loro insindacabilità. Parola di Emilio Del Mese, segretario generale del Cesis, il comitato esecutivo per i servizi segreti. l’ultima, sorprendente versione, fornita davanti ai membri del Copaco (il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti). Abusivi oppure no - il lago artificiale, il teatro finto greco di granito, la bat-caverna con il tunnel - Berlusconi ne uscirà comunque indenne. Non solo per questa faccenda della sicurezza nazionale. Anche perché Villa La Certosa, la sola Grande Opera realizzata a tempo di record dal Cavaliere, 2 mila e 500 metri di casa, 50 ettari di parco, 2 mila cactus, 6 piscine, l’agrumeto e tutto il resto è roba sua sì, ma in modo specialissimo. Ufficialmente è tutto intestato alla Idra Immobiliare, società fondata nel 1977 con 5 consiglieri di amministrazione, 3 sindaci. E un unico inquilino. L’inquilino non paga affitto. L’inquilino non ha responsabilità dirette su ciò che si fa e si disfa intorno a lui. L’inquilino va e viene. L’inquilino a volte non vorrebbe neppure fare i lavori. Specialmente quelli nella caverna a mare. Lo costringono, dunque, per ragioni di sicurezza, i responsabili del Cesis. Lo costringe il ministro dei Lavori Pubblici Pietro Lunardi. Lo costringe (addirittura) la sua propria carica di presidente del Consiglio dei ministri. Intoccabile. Bel colpo di scena qui al secondo piano del Tribunale di Tempio Pausania, entroterra di Gallura, uffici della procura della Repubblica, stanze del procuratore Valerio Cicalò, e del sostituto Giovanni Porqueddu. Qui sono arrivati gli esposti degli ambientalisti, le denunce di Ds e Margherita, decine di lettere di protesta. La Procura ha aperto l’inchiesta lo scorso 11 maggio. L’ha congelata nelle due settimane di campagna elettorale («meglio non alimentare polemiche»). L’ha riavviata ora per mettere un po’ d’ordine nel guazzabuglio che si è addensato sul mare blu di Punta Lada, dove, dal mese di maggio, si è scatenata questa guerra di cantieri forse autorizzati, forse abusivi, ma comunque molto fotografati e infine secretati in via di urgenza dagli uffici di Lunardi e dagli uffici del Cesis che in comune hanno pochissimo, tranne la presidenza di Silvio Berlusconi. Ce ne fosse bisogno, il gioco degli specchi non si ferma qui. Va almeno moltiplicato per il doppio riverbero del ministro Lunardi che agisce, in questa storia, con mano pubblica e competenze private. Essendo «il più grande esperto di tunnel» secondo la definizione di Silvio Berlusconi, compare come costruttore, firma il progetto, lo realizza, e per l’appunto compare come ministro, autorizzandolo (prima) e secretandolo (poi). «Un po’ troppo» dice Stefano Deliperi, responsabile degli Amici della Terra di Cagliari. «Nemmeno Ceausescu ai tempi d’oro delle sue mille sale da bagno». Lo scoglio è prima di tutto il segreto. Raccontano, qui in Procura, di quando 20 giorni fa sono comparsi gli avvocati di Berlusconi, l’infaticabile Nicolò Ghedini in testa, con la coda stellare di carte, autorizzazioni, licenze, con date che si accavallano alle denunce, che non coincidono con l’effettivo inizio dei lavori, che si moltiplicano di competenza in competenza, uffici del Comune di Olbia, uffici della tutela del Paesaggio di Sassari, uffici degli assessorati regionali, Guardia costiera, forestale, Capitaneria, ministeri. Compresi dei godibili carteggi tra la presidenza del Consiglio e l’inquilino della Immobiliare Idra. Tra il ministro Lunardi e il costruttore Lunardi. In cima alla pila (però) l’altolà del «Segreto di Stato». Prevale il segreto o prevale l’inchiesta? I magistrati possono oppure no leggere le carte, compreso il famoso decreto di secretazione, violare i 500 metri di interdizione alla navigazione, approdare sulla scogliera che è terra demaniale, ispezionare i cantieri, confrontare le foto aeree? Il quesito ha un solo precedente. Affiorò in circostanze ben più drammatiche, durante l’inchiesta per la strage di Bologna, (2 agosto 1980) e quella volta vinse il segreto. In questa seconda versione (tragedia evaporata in farsa) si tratta di accertare se il lago artificiale alimentato dall’acqua potabile della diga del Liscia, finti scogli e papere come a Milano 2, e se l’anfiteatro da 400 posti, prossima inaugurazione curata da Tony Renis, abbiano attinenza con la sicurezza del presidente del Consiglio, dei suoi familiari e dei suoi eventuali ospiti. Se la caverna tra gli scogli del Golfo di Marinella, che due dozzine di operai stanno ingrandendo, rimodellando, perforando sia un «approdo sicuro» per barche di Stato, oppure un nuovo giocattolo dell’inquilino. Qualunque sarà la decisione del tribunale, Silvio Berlusconi ne verrà appena sfiorato. Continuerà a pagare tutto «di tasca propria», come tiene a ripetere, comprese notevoli bollette, 150 mila euro solo per l’acqua potabile lo scorso anno. Perché (formalmente) ne risponderanno i cinque rappresentanti dell’Immobiliare Idra. Due di loro hanno le deleghe maggiori. Si chiamano Salvatore Sciascia e Giuseppe Scabini. Vengono dai tempi remoti delle inchieste (e delle condanne) ai funzionari Fininvest: Sciascia responsabile dei servizi fiscali, Scabini del comparto estero. Ombre di un’altra era che riaffiorano. Anche se stavolta con il segreto di Stato e le braghette da bagno sulla riva della sede vicaria di Palazzo Chigi. Pino Corrias