Varie, 20 dicembre 2005
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Didion Joan
• Sacramanto (Stati Uniti) 5 dicembre 1934 • «[...] è una donna minuta, paurosamente fragile. [...] La sera del 30 dicembre 2003 Joan e suo marito, lo scrittore John Gregory Dunne, avevano già visto più di quanto avrebbero voluto. Cinque giorni prima l’influenza che aveva colpito la figlia, Quintana, si era trasformata in una polmonite, imponendo il ricovero in ospedale. Quella sera Quintana era in coma al Beth Israel, e quando i genitori erano tornati nella loro casa di Manhattan avrebbero voluto solo ritrovare un po’ di calma. Ad un certo punto, durante la cena, John aveva smesso di parlare e si era accasciato sulla tavola con una mano alzata. ”Io - racconta la Didion - pensai che stesse scherzando e lo rimproverai. Siccome non mi rispondeva lo scossi, e il suo corpo cadde in terra”. Un colpo al cuore aveva ucciso il marito di Joan, nel giorno in cui avevano assistito la figlia in coma all’ospedale. Un anno e otto mesi dopo era morta anche Quintana. In Italia non abbiamo una grande tradizione di racconti autobiografici, forse per il pudore che al pubblico non interessino. Negli Usa però sono un genere letterario assai diffuso. A settant’anni d’età il bestseller più personale della Didion, vincitore del National Book Award, parla di come l’America affronta la morte. E comincia con queste frasi: ”La vita cambia in fretta. La vita cambia in un istante. Ti siedi a tavola per la cena, e la vita che conoscevi finisce”. Il pubblico della presentazione chiede: perché? ”Sono le prime parole che ho scritto, nei giorni dopo la morte di mio marito, quando cercavo di superare il dolore”. Cosa significa ”L’anno del pensare magico”? ”Si riferisce ad una tradizione tribale della nostra terra. Un tempo gli uomini credevano che se pensavano intensamente a qualcosa, si sarebbe realizzata. quello che ho fatto io nel primo anno dopo la morte di John, sperando di resuscitarlo. Il dolore mi aveva sprofondato in uno stato di pazzia: non avevo neppure il coraggio di buttare le sue scarpe perché pensavo che gli sarebbero servite, quando sarebbe tornato”. Cos’è il dolore? ”Una sensazione molto fisica, che ti colpisce ad ondate. Non sai bene da dove arriva, ma ti sorprende e ti lascia prostrata. Una volta sono persino andata dal medico, pensando che avessi un’infezione alle orecchie: invece i seni nasali erano gonfiati dalle lacrime non piante. Non avevo mai avuto un’esperienza simile. morta una parte della mia esistenza. un dolore che non passa nemmeno col tempo [...] Un tempo la morte era un fatto più naturale. Era presente dappertutto. Ci ammalavamo, non avevamo gli antibiotici, e morivamo nel letto di casa anche per un’influenza. Capitava a tutti, vecchi e giovani, ed era una parte accettata della nostra vita quotidiana. Oggi si spera nella riservatezza degli ospedali, dopo trattamenti che hanno prolungato al massimo l’esistenza. Si nasconde subito la morte, come se non vederla equivalesse a negarla”» (Paolo Mastrolilli, ”La Stampa” 20/12/2005).