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 2004  giugno 09 Mercoledì calendario

I 70 anni di Paperino, anarchico e asociale. Il Messaggero, 09/06/2004 Oggi Paperino compie 70 anni e non si è ancora trovato un lavoro

I 70 anni di Paperino, anarchico e asociale. Il Messaggero, 09/06/2004 Oggi Paperino compie 70 anni e non si è ancora trovato un lavoro. Anzi non ha ancora capito chi è. Noi invece lo sappiamo benissimo, o almeno così ci sembra. ognuno di noi. la nostra parte fragile, nevrotica e irrimediabilmente infantile. quel papero nato quasi per caso come animale da fattoria (in una ”Silly Simphony” del ’34, La gallinella saggia) che sarebbe diventato uno dei personaggi più popolari del 900 proprio per i suoi presunti difetti. Eppure nella sua lunga vita di sfaccendato Donald Duck le ha provate tutte: è stato pompiere e astronauta, esploratore e marinaio, archeologo, giornalista, patriota e mille altre cose ancora, ma mai più a lungo di una storia o di un film. Un’allergia al lavoro ”serio” e utile che ne fa un anarchico, un asociale, forse addirittura un ribelle. Ma è davvero così? Torna in mente al riguardo lo scambio di battute fra Bush e Michael Moore nel film che ha appena vinto a Cannes, Fahrenheit 9/11. «Presidente, sono Michael Moore», lo apostrofa dalla folla il panciuto regista. E Bush: «Bravo, si trovi un lavoro vero». La differenza è che Moore un lavoro ce l’ha eccome: far fuori lui, il presidente. Mentre Paperino non farebbe mai nulla di simile. Troppo impegnativo. Troppo faticoso. E naturalmente troppo ”adulto” per un papero nato sotto il segno dell’infanzia e dei suoi privilegi. In testa il diritto all’ozio e quello di distruggere ogni cosa che gli capita a tiro. Nella sua prima striscia da star (il 30 agosto 1936, dopo un lungo ”rodaggio” da comparsa) abbatteva un muro a fucilate per uccidere una mosca. Mentre in una storia dedicata alla sua infanzia, al momento di lasciare la famiglia tornava indietro per mollare un bel calcio nel didietro a zio Paperone. Più che una vocazione il suo evidentemente è un destino. Eppure il temperamento collerico e distruttivo è il tratto dominante ma non unico della sua identità. Contro ogni aspettativa infatti, col passare del tempo Paperino avrebbe perso i tratti più smaccatamente infantili per diventare una specie (molto particolare) di adulto. Nato come spalla di Topolino quando Mickey Mouse era ancora uno scavezzacollo, gli avrebbe rubato il mestiere e la scena mentre poco a poco il topo si imborghesiva. L’infanzia perduta (ma non del tutto) restava in quel vestito da marinaretto, allora quasi una divisa; e naturalmente nella voce inconfondibile di Clarence Nash, l’operaio della centrale del latte e strepitoso imitatore di animali che fece scattare in Disney l’idea del papero svitato. Ma il successo travolgente del personaggio spinse Disney e i suoi collaboratori a costruirgli un intero mondo attorno: Paperopoli, microsocietà assai più ramificata e coerente dell’insipida Topolinia. Così, prima di arrivare al Paperino a fumetti che tutti conosciamo, ai tanti personaggi di contorno e ai classici rivisitati (anche per merito della gloriosa ed esportatissima scuola italiana dei vari Romano Scarpa, Giorgio Cavazzano e C.), il pennuto meno integrato della storia subisce una curiosa serie di metamorfosi che negli anni di guerra ne fanno addirittura un eroe. Succede nel celebre The Fuhrer’s Face, 1943, suo unico Oscar, otto minuti di incubi in cui Paperino sogna di essere nella Germania nazista; e in altri corti come Commando Duck, 1944, dove invece si butta dall’aereo e affronta i giapponesi nella giungla. Ma se la Disney sfrutta la sua popolarità anche per convincere gli americani a pagare le tasse (The Spirit of ’43), subito dopo il Paperino godereccio si prende una rivincita volando in Brasile per due veri e propri film voluti dalla Fondazione Rockefeller a scopo benefico (incrementare i rapporti fra Nord e Sudamerica), ma sfruttati dal papero per cantare con le bellezze locali e magari scatenarsi in balli non proprio innocenti al loro fianco. Gli appassionati magari saluteranno con entusiasmo la ristampa su Dvd (per ora solo negli Usa) dei rarissimi film di propaganda anni ’40. Ma è questo il Paperino che amiamo. Il folle, adorabile, irriducibile individualista che ha infantilizzato per il mondo intero il nostro lato selvaggio. Fabio Ferzetti