Gianni Clerici la Repubblica, 26/05/2004, 26 maggio 2004
Martina non sa proprio dire basta, la Repubblica, 26/05/2004 Parigi. C’è stato un momento in cui mi sono vergognato per lei
Martina non sa proprio dire basta, la Repubblica, 26/05/2004 Parigi. C’è stato un momento in cui mi sono vergognato per lei. Martina Navratilova, dico, la più grande delle tenniste moderne, la sola capace di rivaleggiare con il mito di Suzanne Lenglen. C’è stato un momento in cui ho desiderato disperatamente di far qualcosa, provocare un incidente, trovare una qualsiasi ragione per far sospendere il match, perché Martina non rimanesse sul Campo tre, lo stadietto in cui si assiepavano tremilacinquececento aficionados. C’era gente più anziana di lei, gente che confrontava ricordi felici con il presente. C’erano tantissimi minorenni che non l’avevano vista mai, con i suoi 47 anni. Dopo aver vinto 18 Grand Slam, Navratilova si era ritirata, ma non aveva saputo rimanere a lungo lontana dal gioco, e dal suo mondo. Si era iscritta a più di un doppio, e due anni addietro era addirittura rientrata in singolo, sull’erba di Eastburne, battendo la russa Panova, n. 22 della classifica, e spingendo alla disperazione, per una buona mezz’ora, l’incantevole Daniela Hantuchova, che mi aveva confidato: «Poteva essere mia mamma, e mi ridicolizzava». Quella che sembrava una parentesi, umanamente comprensibilissima, si è ora allungata, perché la Navratilova ha deciso di rappresentare alle Olimpiadi il paese che l’aveva accolta dopo la fuga da Praga: ben inteso in doppio, insieme a Lisa Raymond. Infine, è arrivata la notizia. Ha chiesto una wild card, un invito, al Roland Garros. In singolare! Su questa vicenda si è scatenata una canea. La Capriati, già nota per furto e fumo illecito, si è spinta a dire che la richiesta danneggiava qualche povera giovane. Altri moralisti hanno affermato che il desiderio di notorietà fosse un peccato mortale. Pochissimi hanno creduto all’affermazione dell’interessata «Giocare in gara in singolo migliora le mie chances nel doppio». Non sono quel che, con atroce neologismo, si chiama opinionista, e quindi non ho nessuna opinione al riguardo. Opposta a una avversaria diciannovenne e di indubbio futuro quale l’argentina Gisela Dulco, Martina ha segnato per il mio sollievo i primi due punti, per poi scivolare a zero games a quattro. Nel vederla terrea in volto, forse desiderosa di non essere in campo, ho desiderato, come dicevo, che il match avesse fine. Poi, pian piano, trovato il ritmo, la vecchia campionessa ha tratto dalla polvere qualche miracolo dei suoi, ha meritato applausi che non fossero d’incoraggiamento, ed è uscita sorridente, dopo un bacino alla emozionatissima vincitrice. La sua presenza in torneo, a 47 anni, stabilisce un record non meno storico di quello di lunghezza del francicidio tra Santoro e Clement, che hanno raggiunto le sei ore e 31 minuti di gioco - seppure in due giorni - battendo le precedenti sei e 22, sofferte nella Davis di St. Louis 1982 dal vincitore McEnroe e da Wilander. Quanto alla Navratilova, un lettore aficionado mi ha fatto notare che in un libro di recente ristampato da Mondadori, e di nuovo rapidamente esaurito, si fa cenno ad un record ancor più incredibile, la presenza a Wimbledon 1913 di Blanche Binglay Hillyard, all’età di quarantanove anni. La vicenda, è evidente, aveva avuto pubblicità inferiore. Gianni Clerici