Riccardo Signori Il Giornale, 20/05/2004, 20 maggio 2004
Il ring orfano dei Massimi, Il Giornale, 20/05/2004 Chissà se Jack London lo scriverebbe ancora. «Preferirei di gran lunga essere campione del mondo dei pesi massimi piuttosto che re d’Inghilterra, presidente degli Stati Uniti o Kaiser di Germania»
Il ring orfano dei Massimi, Il Giornale, 20/05/2004 Chissà se Jack London lo scriverebbe ancora. «Preferirei di gran lunga essere campione del mondo dei pesi massimi piuttosto che re d’Inghilterra, presidente degli Stati Uniti o Kaiser di Germania». Oggi le sue storie del ring, i corpo a corpo letterari con i campioni neri della boxe che tanto detestava, gli uomini pestati come bistecche sarebbero scomparsi dalle luci della realtà e rinchiusi nel cimitero della fantasia. Oggi essere campioni del mondo dei pesi massimi è casualità, avventura per cenerentoli, reality show più che biglietto per la Hall of Fame. Chissà se Jack London avrebbe ancora implorato James Jeffries, l’uomo bianco che doveva vendicare la razza dalle sbruffonate di Jack Johnson, l’arrogante campione nero, il primo dei campioni di colore, quello che oggi sarebbe un Mike Tyson ma con più classe, più capacità, più astuzia, insomma più cervello. Oggi il mondo dei massimi deve fare i conti ancora con i campioni neri, ma tutti al di là dei trenta e con il pedigree da brillanti signor nessuno. Gli americani avevano intravisto l’affare nell’accoppiata biancolatte, ovvero nei fratelli Vitali e Wladimir Klitschko, ucraini nati nel Kirghizistan, con il fisico da body builders, recentemente adottati da una organizzazione Usa. Ma Vladimir è finito gambe in croce davanti al cenerentolo di turno e la grande idea si è sgonfiata. Non la famiglia e Vitali, 32 anni, un diploma in tasca, una grande passione per gli scacchi e per il Milan (vedi alla voce Shevchenko) è diventato un re bianco per la gioia di chi pensa basti il colore della pelle a rendere un pugile più bravo, se non più appetibile. Vitali, di recente, ha sconfitto un nonnetto sudafricano del ring: Corrie Sanders, anni 38, uno di quelli che pensa a Foreman e dice: perché non io? Ma George Foreman come Cassius Clay, Joe Louis e i pugili delle decadi precedenti hanno altro fascino, altra storia, altra stoffa e altri pedigree. Basta guardare le classifiche degli anni Sessanta, Settanta, Ottanta e Novanta per ritrovare combattenti che, in questa epoca, sarebbero campioni del mondo a pugni in tasca. Quando Muhammad Alì fu detronizzato del titolo nel 1967, venne organizzato un torneo con otto pesi massimi per trovare l’erede. Fra di loro combattevano Jerry Quarry e Oscar Ringo Bonavena, due bianchi che oggi sarebbero campioni: allora non lo furono. Jimmy Ellis, un outsider che fu campione del mondo fin quando non si fecero largo le randellate di Joe Frazier, vinse il torneo. Ma ai tempi nostri sarebbe un demonio. Gli sarebbe bastato uno sguardo per mettere giù i titolati con tanto di cintura. Fors’anche Vitali Klitschko, campione degno di un’epoca moribonda. Meglio intonare il requiem per i pesi massimi. Gli altri tre re in carica sono uomini da marciapiede pugilistico: Chris Byrd, 33 anni, campione Ibf, un guardia destra che di recente ha battuto il polacco David Golota, un altro bel sacco da pugni; John Ruiz, una canna al vento capace di vincere e perdere con Holyfield, di restare secco davanti a Roy Jones che non è un peso massimo, è il campione per la Wba ed ha 32 anni; Lamon Brewster, sorprendente vincitore di Wladimir Klitschko, è il campione Wbo alla tenera età di 31 anni. La storia della boxe insegna che l’età spesso non conta, bastano classe e pugni sodi. E talvolta nemmeno la stazza. Harry Greb, soprannominato «il mulino a vento umano», visse solo 34 anni, ma gli bastò per sommare 2 match (48 appena vinti per ko) ma per combattere in tutte le categorie importanti, dai medi (dove fu campione del mondo) ai massimi, vincendo, perdendo, mettendo chiunque in difficoltà, compresi Gene Tunney, uno dei grandi assi dei massimi, Tommy Loughran, Bill Brennan che battagliarono fra i giganti. Oggi Vitaly Klitschko rappresenta l’ennesimo inseguimento della boxe alla speranza bianca: dopo Ingemar Johansson (vinse per ko al terzo round il primo dei suoi tre match contro Floyd Patterson) non c’è stato più un campione bianco che abbia lasciato un segno, dopo Rocky Marciano non c’è stato più un campione bianco così leggendario. Henry Cooper, il baronetto inglese, cercò di stendere Clay ma non ce la fece. Gerry Clooney alla fine si è rivelato un bluff. Francois Botha, Andrew Golota, Gerry Coetzee soltanto dei chiacchieroni. Il mondo delle montagne di muscoli arranca cercando personaggi e campioni. Abbondano solo i flaccidi ciccioni. I fustoni americani si danno a sport che pagano di più e costano meno botte: basket e football. I russi hanno pronto il loro Carnera: si chiama Nicolay Valuev, 2 metri e 18 per 145 kg di peso, scarpe numero 52, due metri e 10 di apertura di braccia. Deve aver fallito come giocatore di basket e ci prova con la boxe. Anche Carnera sembrava un Everest, ma sapeva combattere e far la boxe, nella sua storia non c’entra soltanto la mafia americana. Gli inglesi stanno facendo crescere Haudley Harrison, medaglia d’oro a Sydney, il vincitore del nostro Vidoz. La Giamaica punta tutto su Owen Beck, un bel record ma nulla più. Baby, come può esserlo un peso massimo, Joe Mesi, 31 anni, lontane radici italiane, ha battuto avversari importanti, ma fa tanto folklore e poca classe. La boxe Usa stava lanciando Dominick Guinn, colorato di 25 anni, 25 match e una sconfitta, l’ultima: battuto da Monte Barrett, meno di un mese fa. Non proprio una bella cartolina illustrata, anche se Shelly Finkel, manager di Tyson, sta provando a tramutarlo in affare. Ecco, la boxe dei massimi, salutato Lennox Lewis, lasciato Evander Holyfield al destino di chi non vuol sentire la campana, perso per strada anche Roy Jones, finito al tappeto davanti a Antonio Tarver pure fra i mediomassimi, continua ad orbitare intorno alle malefatte di Mike Tyson, strizzando l’occhio appena torna in palestra. di questi giorni la notizia che ci sta riprovando. Ma Tyson sul ring è l’ennesima sconfitta del mondo dei pesi massimi. L’ultimo requiem. Riccardo Signori