Andrea Greco la Repubblica, 21/04/2004, 21 aprile 2004
Banche. la Repubblica, 21/04/2004 Ora lo dice anche una ricerca internazionale: il cliente tipo della banca italiana è tra i più tartassati del mondo
Banche. la Repubblica, 21/04/2004 Ora lo dice anche una ricerca internazionale: il cliente tipo della banca italiana è tra i più tartassati del mondo. I costi di sportello dei nostri istituti, nel campione che mostra «enorme varietà tra i paesi occidentali», si piazzano decisamente nell’alto di gamma. Complessivamente, le banche commerciali italiane nel prontuario dei servizi di base sono meno care solo della Norvegia, e nettamente oltre la media del campione delle 11 nazioni più industrializzate. E non è certo per compensare tassi d’interesse «teneri», che lo fanno: nel Belpaese la differenza tra tasso sui prestiti e sui depositi è pari al 4 per cento, solo un gradino sotto gli esosi banchieri tedeschi e al pari dei francesi. La cose sono cambiate in meglio, qui e altrove, e ancor più cambieranno, armonizzandosi come la compenetrazione dei mercati e dei servizi esige. Per ora, però, il villaggio globale non ha saputo produrre servizi bancari di qualità e prezzi simili. quel che conclude la ricerca World Retail Banking Report 2004, redatta dai consulenti di Cap Gemini Ernst & Young, l’associazione Efma e l’olandese Ing. Lo studio riguarda 73 banche ordinarie (tra cui Intesa, Bnl, Capitalia, Mps, Sanpaolo Imi, Unicredit), e vaglia quattro tipologie: gestione del conto, mezzi di pagamento, utilizzo del contante, extra. Quanto li paga, l’anno, il cliente tipico? Dipende dal paese. In Norvegia 384 euro, un record dovuto anche all’alto costo degli assegni. Poi viene l’Italia con 206 euro, che lievitano a 501 escludendo dal conteggio i conti convenzionati tramite aziende e amministrazioni, più diffusi e convenienti. Svezia (183 euro) e Usa (175) sono piuttosto care, poi c’è il blocco dei paesi europei, che viaggia poco sotto i 138 euro medi. Infine, tre «nazioni bancarie» davvero economiche: Belgio, Gran Bretagna e Olanda, che offrono i servizi base per meno di 60 euro l’anno. Lo spaccato dei costi mostra il predominio della voce pagamenti, sempre almeno metà del totale (tranne in Germania, con un 35 per cento compensato dal 53 per cento di incidenza delle spese tenuta conto). In Italia i pagamenti pesano al 63 per cento, le spese del conto al 18 per cento, idem quelle per l’uso di contante, e solo l’1 per cento è «extra». Una suddivisione armonica, entro un campione anche in questo caso variegato. Capire il motivo delle tante differenze è uno degli oggetti dello studio; la risposta, vi si legge, va scovata in un mix tutto locale di balzelli (in Italia 25 euro di bolli statali sui conti, ad esempio), sorveglianza, pressioni di consumatori e governi. E concorrenza, di solito poca e non agguerrita: ai primi quattro va il 50 per cento del mercato. Non spiegano la disomogeneità, invece, il costo del lavoro, né i fattori macro come la forbice dell’intermediazione, che malgrado l’avvento del tasso unico Bce è ancora diversificata. In Germania le banche lucrano il 6,2 per cento tra tassi passivi e attivi, in Francia il 4,1 per cento, il 4 per cento in Italia, il 3,1 per cento la media-campione e giù fino all’1,5 per cento di Canada e Norvegia. «La convergenza dei costi sta iniziando - dice Livio Palomba, responsabile servizi finanziari di Cgey Italia - da noi in 10 anni i costi sono diminuiti di molto, anche grazie all’introduzione del pacchetto tutto compreso. Ci sono temi su cui i nostri istituti sono tra i migliori d’Europa, come i pagamenti, i collegamenti Atm e le norme antiriciclaggio». Altri sono i punti deboli: «L’Italia è un po’ indietro nella segmentazione della clientela - aggiunge Palomba - i pacchetti attuali sono generalizzati, poi il cliente si autosegmenta, negoziando le condizioni. Ma occorre pacchettizzare i giusti servizi e costi, come da tempo avviene nei paesi anglosassoni». La ricerca (che per l’Italia sarà presto ampliata tramite una collaborazione in corso con l’Abi) dà per imminente un cambio di strategia per le banche, da comode «vittime» degli usi locali a portatrici transnazionali di innovazioni commerciali. «Chi farà la prima mossa acquisirà un vantaggio competitivo globale», conclude la ricerca. Con ricadute, sperano i clienti, perfino sui loro esborsi. Andrea Greco